Mi chiamo “Dan” e sono uno degli “ospiti” del carcere di Porto Azzurro, nonché parte componente del gruppo Legambiente.
Dal momento del mio ingresso in carcere, mi sono sentito così male che non vedevo nessun futuro nella mia vita. Tutto buio, in più la disperazione per il giorno successivo, consapevole di avermi rovinato la vita, mi faceva pensare alle misure estreme; volevo farla finita, ma…
Forse per la mia fortuna o forse per la voglia del nostro Creatore ho incontrato delle persone meravigliose che svolgevano dei lavori di volontariato in carcere (in quel periodo ero a Verona) i quali mi hanno aiutato a guardare la vita con altri occhi, più responsabili e più umani, senza però giudicare il mio reato.
Con loro ho imparato a lavorare su di me e sul mio passato scoprendo insieme tutti i miei pregi e difetti.
Da loro ho preso consapevolezza e volontà di aiutare gli altri, così come io sono stato aiutato.
Insieme a loro ho partecipato a un progetto di prevenzione giovanile che si chiamava V.S.P (“Vedo, sento, parlo”).
Incontravamo delle classi intere di studenti liceali di Verona, ai quali raccontavamo le nostre esperienze di vita; negative, sì, ma che per loro potevano diventare positive perché con tale esperienza sarebbero riusciti a evitare i nostri errori, che ci hanno rovinato la vita. Io sono uno che non conosceva nulla del “pianeta carcere”, nemmeno le conseguenze catastrofiche che arrivano dopo una scelta sbagliata e nessuno ha voluto aprirmi gli occhi con delle informazioni utili, prima di provocare lo “tsunami” che ha travolto la mia vita lasciando indietro solo lacrime e sofferenza; di qui la mia decisione di provare a dare agli altri le informazioni utili, per far sì che almeno loro possano evitare di provare l’inferno carcerario a loro spese. Nei nostri incontri si ragionava tanto su come o cosa sia successo per arrivare a compiere certi reati, ma il mio volere era di lasciare non solo parole orali, ma anche scritte, perciò ho proposto di provare a far nascere un qualcosa di più di un giornale.
Tale pensiero non si è mai realizzato a Verona, anche perché sono stato trasferito a Porto Azzurro, ma una volta qui e avendo visto un tipo di terra fertile, ho iniziato a parlare con i miei compagni del liceo, nonché con dei professori che condividevano e incoraggiavano tale progetto. Il nostro lavoro ha fatto nascere il libro "Non fare come me", che è destinato non solo al nostro prossimo, ma a tutti coloro che sono curiosi di sapere chi sta dentro questi muri spessi e cosa succede quando non si rispettano i limiti.
Spero tanto di trovare delle persone alle quali il libro possa essere d’aiuto e spero anche che in tanti prendano le nostre iniziative di cambiare qualcosa. Mi sono iscritto al gruppo di Legambiente con le stesse motivazioni, essendo sicuro che più siamo e meglio è.
Penso anche a mia figlia e ai figli di mia figlia che rischiano di vivere in un mondo avvelenato da tutte le porcherie buttate a caso senza renderci conto dei contraccolpi che possono nascere.
Sempre a Porto Azzurro ho attivato un progetto per un orto didattico liberando e lavorando un pezzo di terra pieno di erbacce e macerie e dove in tanti possono lasciare libera la fantasia e l’amore di curare la terra. Il verde fra i muri spessi ci dà l’immagine di un piccolo paradiso nel cuore dell’inferno e non sono in pochi a fermarsi per guardare, fascinati dalla bellezza del cambiamento.
Ho raccontato tutti questi fatti per provare a far capire a voi, i lettori del mio messaggio, che tutto si può concretizzare se esiste la voglia e che ognuno di noi nel nostro piccolo ha come debito umano per i nostri prossimi l’obbligo di lasciare il mondo almeno così come lo ha trovato, se non di migliorarlo. La nostra voglia e determinazione può far nascere l’antibiotico naturale necessario per una prevenzione nonché rimedio, semplice e fondamentale.
Dan S. – Porto Azzurro