Tre mesi dopo la clamorosa collisione tra un cargo della Compagnie tunisienne de navigation (Ctn) e una portacontainer cipriota al largo della Corsica, in pieno Santuario dei Mammiferi Marini e a poche miglia dalle aree marine protette di Capo Corso e dell’Arcipelago Toscano, ieri a Tunisi la commissione di inchiesta ha reso noto il suo verdetto: la causa dell’incidente e del successivo esteso inquinamento marino è stata una serie rocambolesca di errori umani.
Dopo la collisione, avvenuta il mattino del 7 ottobre 2018, quando la portacontainer cipriota, ferma all’ancora, è stata speronata dalla nave tunisine, rese necessarie complicate manovre per disincastrare le due navi e per recuperare, almeno in parte, i 600 m3 di carburante fuoriuscito, operazioni alle quali parteciparono anche navi disinquinamento italiane.
Secondo il rapporto della Commission d’enquête tuniso-franco-chypriote, presentato ieri dal ministero dei trasporti della Tunisia, l’ufficiale responsabile tunisino dell’Ulysse stava chiacchierando al telefono e il suo omologo sulla portacontainer cipriota Virginia non aveva prestato attenzione agli allarmi radar. Inoltre dall’inchiesta emerge che – a differenza da quanto detto subito dalle autorità francesi – la Virginia aveva gettato l’ancora nel bel mezzo di una vera e propria “autostrada del mare”.
Secondo Youssef Ben Romdhane, direttore generale del trasporto marittimo al ministero del commercio tunisino, «Questo incidente è un errore umano condiviso tra l’equipaggio della nave tunisina e quello della nave cipriota. Il capitano della nave tunisina era occupato (…) a rispondere a delle chiamate telefoniche private. Era lontano dallo schermo radar che avverte in caso di pericolo, era da solo».
Il giorno dell’incidente il ministro francese della transizione ecologica, François de Rugy, aveva detto: «Il comportamento del cargo tunisino è completamente anormale. A questo stadio, non si può dire cosa sia successo, ma è evidente che non c’era nessuno sveglio al timone del cargo, altrimenti la collisione avrebbe potuto essere evirata»
Ma Ben Romdhane aggiunge un altro particolare: la nave cipriota era alla fonda «in una zona non adeguata. Secondo la testimonianza di un graduato della torre di controllo in Corsica, è la prima volta che si ancora in questo luogo, situato su una rotta marittima utilizzata dalle navi mercantili». Quindi la Virginia non era affatto in un posto sicuro e concordato come era stato detto, ma avrebbe gettato l’ancora in un posto insicuro sotto la pressione del suo armatore.
Al momento dei fatti, il ministro dei trasporti della Tunisia, Radhouane Ayara, pur ammettendo la responsabilità dell’Ulysse, aveva sostenuto che «Se la nave tunisina non ha fatto nulla per evitare la collisione, quella cipriota avrebbe potuto prendere le sue disposizioni». La Ctn ha denunciato l’armatore cipriota perché si assuma una parte di responsabilità del disastro.
Le due navi sono assicurate con la stessa compagnia che valuta in 13,5 milioni di euro l’ammontare massimo dei danni subiti dall’Ulysse e dalla Virginia, ma poi ci sono i costi della bonifica del mare e delle coste: almeno altri 10 milioni di euro provocati dalla fuoriuscita di 600 tonnellate di olio combustibile.
Per bonificare l’area della marea nera sono state mobilitate 12 navi, soprattutto francesi e italiane e il sindaco di Ramatuelle ha depositato una denuncia per inquinamento della celebfre spiaggia di Pampelonne, nel golfo di Saint-Tropez, invasa da residui di idrocarburi molto probabilmente provenienti dalla collisione tra l’Ulysse e la Virginia.
La giustizia marittima dovrà ora stabilire le responsabilità precise di ognuno, ma intanto i due capitani della nave tunisina sono stati licenziati, mentre nessuno sa quale sia la sorte professionale degli ufficiali della nave cipriota. Diversi membri dell’equipaggio dell’Ulysse erano stati sbarcati dalla Compagnie tunisienne de navigation per aver diffuso un video girato a bordo nei giorni dopo la collisione nel quale minimizzavano l’incidente e invitavano a tacere chi non era stato coinvolto nell’incidente: «A coloro che dicono che il mare è grande: le vostre coglionerie lo sono ancora di più».
Intanto prosegue l’inchiesta della giustizia francese, affidata al Pôle de santé publique du parquet de Paris, per determinare le responsabilità dell’incidente e dell’inquinamento che ne è seguito: secondo la Préfecture maritime di Toulon, il 10% del carburante sversato in mare avrebbe inquinato dei tratti di costa.