Secondo l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (Arpat) «Lo specchio di mare davanti alla Toscana, che bagna anche la Liguria e la Corsica, ha una qualità ancora buona delle acque, al di sotto dei parametri stabiliti dall’Ue». Un dato ribadito dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che ha illustrato i primi risultati della campagna di monitoraggio rifiuti marini realizzata dal 2015 al 2017 nell’ambito della Marine Strategy, la Direttiva europea che chiede agli stati membri di elaborare una strategia ambientale sul Mediterraneo.
L’Arpat si è chiesta quanti sono i rifiuti nel mare toscano, di che tipo sono e soprattutto quanta plastica c’è e sottolinea che «Realizzata tramite un accordo finanziato dal ministero dell’ambiente che si è appoggiato alle Regioni e alle Arpa, la campagna appena conclusa è la prima di carattere omogeneo mai realizzata su tutto il Mediterraneo. Adesso è in corso la seconda. Tre le sottoregioni in cui è stato diviso il territorio da indagare, Mediterraneo occidentale (in cui rientra la Toscana), Adriatico e Ionio». Quattro le tipologie di rifiuti monitorati: rifiuti spiaggiati, i rifiuti flottanti, i microrifiuti e i rifiuti ingeriti dagli animali marini.
Ecco cosa è emerso per ogni categoria dall’indagine Arpat:
Rifiuti spiaggiati – La maggior parte dei rifiuti sulle spiagge è fatta di plastica, cioè il 65-70%. Sulle nostre coste della sottoregione Mediterraneo occidentale il numero di oggetti rinvenuti è di 26244 ogni 100 metri. Un valore molto più alto rispetto alla cosiddetta base lane (valore di confronto stabilito dalla Ue) che stabilisce un range dai da 450 a 1400 ogni 100 metri. I rifiuti spiaggiati sono in realtà rifiuti da terra, portati dai fiumi, e si capisce la grande quantità se si considera la natura orografica dei corsi d’acqua, che è molto diversa da quella dell’Adriatico, è più impetuosa e a carattere torrentizio. Va subito detto che il numero di chilometri indagato nella nostra sottoregione è molto più alto rispetto alle altre due e quindi i numeri più importanti dipendono anche da un livello più alto di indagine. Molto il lavoro da fare a terra per una prevenzione rifiuti, perché nei fiumi non vadano a finire i rifiuti cosiddetti antopogenici cioè prodotti dall’uomo.
Rifiuti flottanti – La percentuale di questi nel Mediterraneo occidentale è più bassa rispetto alle altre sottoregioni. La media del numero di oggetti per km quadrato è di 2,3 rispetto a una base lane che va da 3 a 5. Il Mar Adriatico ne ha 4,7 per km quadrato, quindi una percentuale più alta. La percentuale maggiore di rifiuti flottanti è costituita da materiali polimerici (plastica)
Rifiuti sul fondo – il monitoraggio è condotto da CNR e al momento non ci sono dati ufficiali sulla nostra regione anche se la Toscana su questo tema è molto attiva per esempio attraverso progetti di recupero sul fondo con i pescatori.
Microplastiche – Di fronte a una base lane che individua un range di 0,2 a 0,5 di oggetti per metro quadro, la sottoregione Mediterraneo ne ha 0,17. Ma Arpat in questo caso approfondisce e sulle coste toscane vede che dai campioni prelevati negli ultimi 4 anni nel mare di Toscana sono stati rilevati 0,1 oggetti in microplastica per metro cubo, ovvero 0,09 oggetti per metro quadrato che è un dato più basso rispetto alla media del Mediterraneo occidentale ed equivale a 163 oggetti su un campo di calcio.
Rifiuti ingeriti dalle Caretta Caretta – Su 16 individui analizzati in prossimità delle nostre coste in 9 sono stati trovati rifiuti di plastica. In Sardegna su 6 analizzati, in 2 sono stati rinvenuti rifiuti di plastica nello stomaco. I dati in linea con quelli di riferimento dell’Ue. In questo ultimo caso è notevole lo sforzo della Toscana attraverso l’attività del suo Osservatorio toscano per la biodiversità e del coordinamento della rete recuperi animali spiaggiati che analizzano costantemente i dati rilevati nel nostro mare.
Rossi ha sottolineato che «I risultati confortanti sul nostro mare attestati dalle analisi di Arpat non significano che non ci si debba dare da fare per ridurre la produzione di plastica o per recuperarla. Chiediamo comportanti più virtuosi ai cittadini e alle aziende pubbliche e soprattutto vogliamo impegnarci con il presidente della Corsica, Gilles Simeoni, con il quale ci siamo sentiti per telefono per chiedere ai rispettivi Stati nazionali e all’Europa quegli strumenti che ci consentano di recuperare le isole flottanti di rifiuti in plastica che si formano nel mare e che nascono e si disgregano a seconda delle correnti marine. Vogliamo che si intervenga con le azioni più adeguate».
Il presidente della regione si riferisce al progetto Sea Antipollution Unit for Rapid Off-shore drainage (Sauro) – nato da un’idea di un toscano, l’elbano Walter Mazzei – una nave attrezzata che sarebbe capace di ripulire il mare da plastiche e microplastiche, recuperare idrocarburi e rifiuti ingombranti.
La Regione ricorda che «Sauro è un brevetto completamente italiano, depositato nel 2014 dal Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio» e Rossi ha chiesto: «Che fine ha fatto? Se il progetto è stato accantonato, vogliamo che sia ripreso e riattivato. E ci batteremo perché sia reso operativo. Sappiamo che dal novembre scorso c’è una interrogazione sulla questione da parte della deputata Rossella Muroni che chiede la stessa cosa al presidente del Consiglio e ai ministri dell’Ambiente e della Difesa. E’ ancora in attesa di risposta. Nel frattempo ho contattato il capo della Protezione Civile nazionale Angelo Borrelli per avere qualche informazione in più e nei prossimi giorni lo incontrerò per capire cosa possiamo fare come Regione Toscana. Ad esempio, potremmo pensare a un investimento sostenibile, magari finanziato da più enti, per costruire un prototipo di Sauro da far lavorare nell’Alto Tirreno. Tra l’altro, la Marina Militare a suo tempo si dichiarò disponibile a fornire una nave per questo progetto, progetto che io ritengo molto interessante».
Oltre a far riemergere il progetto Sauro inopinatamente e misteriosamente affondato nei meandri della burocrazia ministeriale italiana, la Regione Toscana ha annunciato la pubblicazione di un “bollettino plastiche in mare”, due volte alla settimana, con le indicazioni delle aree di potenziale maggior accumulo o anche di dispersione di questa forma di inquinamento diffuso. A diramarlo è il Consorzio LaMMA nell’ambito del progetto internazionale “Plastic Busters” che prevede il monitoraggio del Marine Litter nell’area di mare compresa fra il canale di Corsica, le Isole di Capraia e Gorgona, e la costa toscana tra Livorno e Piombino.
In Regione spiegano che «Grazie ai dati osservati dalle piattaforme satellitari, dalle boe e da nuovi e potenti strumenti quali i radar HF che sono stati installati nell’ambito dei progetti SICOMAR e SICOMARplus capofilati dalla Regione Toscana, il Consorzio LaMMA costruisce un modello numerico capace di ricostruire la circolazione marina e quindi le zone di concentrazione delle plastiche tra il mar Ligure e il Tirreno del Nord, partecipando in questo modo al progetto internazionale Plastic Busters MPA del programma Med, capofilato dell’Università di Siena, progetto di riferimento principale per la modellistica della distribuzione delle plastiche in questa parte del Mediterraneo. Con i risultati dei modelli del LaMMA, gli enti coinvolti nelle attività di monitoraggio, quali Università, Ispra, Ifremer e altri enti internazionali di ricerca, stanno programmando e svolgendo attività di campionamento per identificare le reali dimensioni del problema. Un problema di cui la Regione Toscana è consapevole da tempo e che da tempo sta studiando tramite i propri organi tecnici, quali Arpat e appunto il Consorzio LaMMA. In particolare Arpat già realizza un monitoraggio dei rifiuti in mare per la Marine Strategy, sulla base di tre diverse tipologie di rifiuti: rifiuti spiaggiati, rifiuti sul fondo marino e microplastiche».
L’assessore fregionale all’ambiente Federica Fratoni ha concluso: «Il problema della plastica nel nostro mare può essere affrontato solo tramite politiche congiunte fra tutte le regioni che si affacciano sul Mediterraneo, per cui è importante supportare tutte le iniziative di cooperazione interregionale volte alla definizione delle best practices per ridurre le pressioni sull’ambiente legate alla produzione dei rifiuti. Si tratta di azioni che vanno dagli interventi per la riduzione del packaging e il sostegno al packaging sostenibile, all’incoraggiamento della riciclabilità dei prodotti e all’applicazione dei concetti dell’economia circolare. Ma anche migliori pratiche per la gestione dei rifiuti a bordo e nei porti, l’adozione di pratiche di “fishing for litter” da parte dei pescatori, la promozione del riciclo/riuso delle reti da pesca e la promozione della responsabilità ambientale dell’educazione dei cittadini, a cominciare dalle scuole».