Nel contesto di un momento di crisi e incertezza di prospettive, che è strutturale, etico-morale e non solo finanziario, l’iniziativa di un partito che in Regione Veneto è minoranza, il PD, che mira a proporre una nuova legge sui parchi e le aree protette, potrebbe apparire velleitaria e liquidata come semplice segnale teso a intercettare l’attenzione di un non trascurabile segmento di cittadini che (le statistiche lo dimostrano) resta molto interessato alle questioni ambientali. Il Veneto è, infatti, territorio molto costruito, in cui sono sorti importanti movimenti che si oppongono all’inesorabile avanzata del cemento e dell’inquinamento ed è, per la sua collocazione e conformazione geografica, ancora ricca di biodiversità, ma sempre soggetta a forti pressioni speculative.
Indubbiamente, meglio essere realisti, le probabilità che il disegno di legge elaborato dal PD, che ha opportunamente coinvolto esperti e associazioni, approdi in Giunta e venga recepito dalla maggioranza del governatore Zaia, sono ridotte, considerando inoltre che la stessa maggioranza ha da tempo in cantiere una sua proposta di legge-quadro regionale volta a semplificare un assetto molto eterogeneo nel quale ogni parco ha una propria legge istitutiva e competenze assai differenziate. L’idea di fondo della proposta elaborata dalla maggioranza è quella di risparmiare (e lo si può capire, almeno fino a un certo punto) centralizzando le diverse realtà e prevedendo un’unica regia, tranne che per le Dolomiti d’Ampezzo, storicamente affidate alla gestione delle Regole.
Tornando alla proposta del PD, presentata ufficialmente l’11 marzo a Portegrandi di Quarto d’Altino (VE), prima ancora di entrare nel merito di alcune scelte, è importante rilevare le novità, se non altro metodologiche, che emergono chiaramente.
La prima è rappresentata da un apprezzabile coinvolgimento della base e dall’apertura verso i contributi che certamente arriveranno da una serie di soggetti portatori di interesse che vanno dalle categorie economiche alle associazioni di protezione ambientale, alle rappresentanze sindacali.
La seconda è che va riconosciuto il merito di un’iniziativa che, dati i tempi e il clima ancora elettorale, appare controcorrente, o fuori moda. Riportare l’attenzione sul governo del territorio e sui valori fondamentali della tutela naturalistica (sia pure associata alla valorizzazione e all’idea di sviluppo sostenibile) rappresenta un fatto da sottolineare, a prescindere dalle effettive probabilità che tale proposta si concretizzi. Il terreno va prima preparato, non subito arato e seminato. Quanto meno dovrebbe restare un percorso culturale e la riaffermazione di principi e valori che in questi ultimi anni, soprattutto a livello nazionale, ma anche in realtà regionali storicamente governate dalla sinistra, sono rimasti disattesi, anche colpevolmente e non solo per fatti congiunturali.
Essendo di lunedì mattina alla presentazione non potevano essere attese folle oceaniche, né era questo l’obiettivo, visto che il centro civico, dove opera un’associazione ornitologica locale, non aveva tale capienza. La presenza di oltre 60 persone, per un’area così dislocata, testimonia l’interesse e l’attenzione. Erano presenti diversi amministratori locali, altri consiglieri regionali, ma anche tecnici esperti. Sia la presentazione che la tavola rotonda e il dibattito, non si sono ridotti (come si poteva temere) a un mero esercizio di natura propagandistica. Al contrario si respirava un clima di apertura ai diversi contributi e alle variegate posizioni espresse. Dopo il saluto del sindaco (donna, che si è trattenuta, fatto inconsueto, fino alla fine dei lavori) e l’introduzione di Bruno Pigozzo, la relazione base, nell’illustrare la proposta di legge (44 articoli) è stata sviluppata da Graziano Azzalin. In modo appassionato si è soffermato sui punti più qualificanti dell’impostazione generale, non trascurando di sollevare la questione del Parco del Delta del Po’ (che gli sta molto a cuore), auspicando che possa finalmente uscire dall’impasse per favorire la creazione di un vero parco di interesse non solo interregionale ma anche nazionale e internazionale. Il successivo dibattito è stato proficuo e ha lasciato spazio a diversi interlocutori, di varia estrazione, con contributi provenienti dallo stesso mondo dei parchi regionali (gli Euganei in particolare, con la loro critica situazione occupazionale), dai rappresentanti dei lavoratori preoccupati giustamente della crisi del lavoro, a esponenti di associazioni ambientaliste. Tutti, nel complesso, hanno apprezzato l’iniziativa e l’impostazione generale, pur non mancando di sottolineare alcuni aspetti di dettaglio sui quali si sono impegnati a fornire o suggerire proposte migliorative.
Nella tavola rotonda, che è stata moderata da Enzo Valbonesi, attualmente dirigente che si occupa di parchi in Emilia-Romagna, e già presidente del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi e di Federparchi, sono intervenuti nell’ordine (assente la senatrice Laura Puppato trattenuta a Roma per l’emergenza della fase politica) il vicepresidente di Federparchi Salvatore Sanna, il responsabile di Coldiretti Stefano Masini, il sottoscritto Cesare Lasen anche in nome del Gruppo di San Rossore oltre che di esperto su base regionale ed ex presidente di parco nazionale, e il responsabile nazionale di Legambiente Antonio Nicoletti. Le conclusioni finali sono state affidate a Lucio Tiozzo, capogruppo in Consiglio regionale, che ha tranquillamente ammesso che si è trattato di una giornata di utilissima formazione su temi spesso trascurati. L’attenzione del pubblico è sempre stata elevata e pienamente partecipe. Il tutto si è svolto in un clima di grande sobrietà, senza gli scenari tipici dei convegni autoreferenziali cui si è abituati. Anche questo, si spera, un segno dei tempi.
Gli argomenti emersi dagli interventi dei relatori e nel corso del dibattito sono stati numerosi. Solo per citarne alcuni, il ruolo dell’agricoltura è considerato determinante e contribuisce anche alla qualità del paesaggio e della vita stessa. La partecipazione dei soggetti a vario titolo coinvolti può trovare soddisfazione non solo nei previsti apparati direttivi (che si stimano, giustamente, magri ed essenziali) ma in consulte chiamate a svolgere ruoli attivi e non meramente formali. La Rete Ecologica, il futuro dei giovani, l’esigenza di essere in Rete, la valorizzazione di prodotti tipici locali e dell’artigianato, nonché i complessi equilibri territoriali, sono solo alcuni fra i temi emersi. La loro discussione e approfondimento avrebbe richiesto tempi molto più lunghi, ma un processo virtuoso è stato comunque avviato.
Per concludere, alcune riflessioni personali sulla legge e sui temi più cari al nostro gruppo di San Rossore. L’impianto complessivo è apprezzabile. Carlo Alberto Graziani ha formulato una serie di puntuali osservazioni su singoli articoli che ho fatto miei (e nostri come gruppo) e che sono già stati trasmessi alla segreteria. Si auspicano, in effetti, indicazioni più chiare e cogenti su alcuni punti chiave, ad esempio il consumo di suolo, che va arrestato, il ruolo centrale svolto dall’agricoltura (che dovrà essere di un certo tipo, peraltro, non l’agroindustria impattante finora favorita dagli stessi PSR in contraddizione con le direttive comunitarie), la priorità della conservazione delle risorse naturali pur associata alle diverse iniziative di valorizzazione, il coinvolgimento sinergico delle realtà locali per fuggire da un’ottica centralistica che non ha mai funzionato bene. Va rivisto, ad esempio, l’elenco delle aree da inserire nella Rete, recuperando quelle di alto valore naturalistico già individuate dai PTCP (piani provinciali) e da atri piani comprensoriale e di area vasta a livello di biotopi. Nel complesso tutti gli interventi, con le ovvie e diverse sfumature (non sono mancati accenni polemici anche nel mondo delle associazioni ambientaliste, apparse divise su più punti essenziali, come apparso sulla stampa nazionale) erano rivolti a sostenere la necessità di assumere un ruolo importante nel governo del territorio che non può essere lasciato al degrado e alla speculazione. Tra i punti più deboli della proposta, ovviamente, l’ultimo riguardante la copertura finanziaria visto che esso rimanda al bilancio di previsione 2013 che deve essere ancora approvato. Pur nella consapevolezza delle scarse risorse, e della necessità di controllo sulla spesa pubblica, infatti, non sarebbe realistico ipotizzare un’adeguata valorizzazione delle aree naturali e prossimo-naturali, in assenza di investimenti.
In veste di “esperto” che conosce anche il funzionamento della macchina amministrativa regionale, a prescindere dalla provenienza politica della proposta, non potevo negare questo contributo e spero non resti solo sulla carta. Come Gruppo di San Rossore, infine, si sarà ben lieti di collaborare con le istituzioni per aiutarle a crescere nella consapevolezza del ruolo centrale (e non settoriale e marginalizzato come per molti anni si è cercato di fare) che ha la tutela delle risorse naturali e del paesaggio, in un contesto che per l’Italia intera vede il binomio Natura-Cultura, sostenuto da un forte radicamento in principi etici, anche di giustizia e solidarietà, quale chiave per la ripresa e per contrastare il declino.
Cesare Lasen del Gruppo San Rossore