Non è costume di questo Ambito Territoriale di Caccia occupare spazi di organi di informazione per esternare proprie considerazioni o assumere posizioni in merito alla gestione della fauna e dell’ambiente: l’A.T.C. è un organo operativo e come tale ha da sempre cercato di affrontare e risolvere sul campo i problemi connessi alla caccia ed alla fauna selvatica di interesse venatorio.
Tuttavia alcuni articoli usciti sulle testate giornalistiche nella cronaca locale, ci impone di compiere e di esternare una analisi dei fatti oggettiva e scevra da intenti polemici, proprio per il ruolo specifico che ci viene assegnato dalla legge in ordine alla gestione della fauna selvatica.
Anzitutto, riteniamo di dover puntualizzare alcuni dati della realtà faunistico-venatoria elbana, forse già noti a molti, ma dei quali non viene spesso tenuto conto quando si lamentano inefficienze e responsabilità o si cerca di dare soluzioni affrettate a problematiche non semplici, quali quelle del cinghiale e del muflone all’Elba.
Pochi numeri per chiarire meglio: il territorio agro-forestale dell’Isola ha una superficie di circa 21.000 ettari; di questi, poco meno di 13.000 (per la precisione 12.749) sono inclusi nel perimetro del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Considerato che la superficie occupata da bosco o che offre comunque condizioni favorevoli alla presenza del cinghiale (e del muflone) è complessivamente prossima ai 16.000 ettari e che il territorio del Parco Nazionale è pressoché interamente boscato, è facile capire a chi debba far carico la maggior parte dell’onere e della responsabilità in ordine alla gestione delle due specie di ungulati presenti all’Elba.
È nei fatti che il prelievo venatorio che i cacciatori iscritti all’ATC possono attuare su queste due specie riguarda una porzione residuale del territorio elbano, assai limitata, per di più generalmente poco idonea a permettere azioni appropriate di caccia al cinghiale (la classica braccata, che richiede spazi ampi ed ininterrotti). Nonostante ciò, i cacciatori garantiscono, durante il breve periodo della stagione venatoria (tre mesi di attività), un prelievo medio annuo di circa 10 -12 capi per Kmq., contro 6-8 capi per Kmq. raggiunti dall’Ente Parco nell’ambito dell’attività di controllo attuabile per l’intero anno solare.
Come detto, la quasi totalità del territorio vocato alle specie è racchiuso all’interno del PNAT: un’oasi assolutamente “sicura”, preclusa all’attività venatoria. Logica conseguenza di questo stato di cose è l’incremento delle popolazioni di cinghiale e di muflone, che da queste oasi di pace e tranquillità si spingono con sempre maggiore frequenza e consistenza, alla ricerca di cibo ed acqua, nelle aree adiacenti il Parco, ancora coltivate e colturalmente “vive”, procurando disagi alle persone e danni anche ed al territorio.
In buona sostanza, chi viene a soffrire di più per le condizioni descritte è il territorio esterno al Parco, caratterizzato da coltivazioni agricole, residenzialità diffusa, impianti turistici, orti, giardini, ed anche questo ATC, costretto ad affannarsi nel promuovere forme di prevenzione e dissuasione, che rappresentano tuttavia palliativi momentanei, certamente non idonei a garantire soluzioni durature e consolidate.
“La legge obiettivo”, ormai scaduta ma lasciata in essere con apposite Delibere, non permette ai cacciatori di intervenire, nel periodo di caccia chiusa, su porzioni di territorio che potrebbero subire danni da ungulati. Soltanto con la richiesta di intervento alla Regione e la conseguente
autorizzazione (NUI: Numero Unico di Intervento) la Polizia Provinciale può mettere in essere l’intervento migliore per risolvere il problema che può essere l’abbattimento e/o la gabbia di cattura che l’ATC mette a disposizione.
L’ATC su richiesta di risarcimento danni da parte dell’imprenditore agricolo, previo sopralluogo del tecnico incaricato, risarcisce il danno subito; nel 2018 questo Ente non ha ricevuto richieste di risarcimento danni e ad oggi è pervenuta una soltanto. Tale stato di cose è dovuto all’efficace campagna di prevenzione dei danni attuata dagli imprenditori agricoli, anche con il contributo economico dell'ATC.