Ieri, guardando i telegiornali, ci siamo riempiti gli occhi di bellezza, di gioventù e di voglia di vivere: milioni di giovani in tutto il mondo hanno attraversato le strade e riempito le piazze di cortei colorati e non violenti, per chiedere con determinazione e forza un’inversione di tendenza alle politiche economiche di tutti i Paesi, in vista di un obiettivo grandioso e improcrastinabile: la salvezza del pianeta Terra. Siamo già sull’orlo dell’abisso: l’unica speranza è invertire da subito la rotta per non caderci dentro. Da anni si parla di una catastrofe annunciata e anche nelle scuole i docenti – di scienze, di geografia, ma non solo! – hanno cercato di sensibilizzare le nuove generazioni alla necessità di un uso più equo delle risorse, oltre a renderli consapevoli dei danni dello sfruttamento insensato del suolo, dell’inquinamento progressivo dell’aria, dell’acqua, del mare e del terreno a causa dell’abnorme uso della plastica, degli sversamenti più o meno legali, della produzione eccessiva di CO2, legata al tradizionale modello di sviluppo basato sui giacimenti fossili. La risposta degli studenti è sempre stata piuttosto tiepida e indifferenti agli appelli alla sobrietà: era più comodo, anche a scuola, usare bottigliette usa e getta e bicchierini di plastica o comprare non poche “merendine” nell’arco della mattinata, mettendo gli inutili involucri nel solito e indifferenziato bidone (d’altra parte nelle aule c’era solo quello e molti adulti non davano certo il buon esempio!). Era più divertente, anche, cambiare spesso i telefonini, i motorini, i jeans, le felpe, le pettinature, insomma quanto le finanze famigliari e personali (guadagnate da noi col duro lavoro stagionale) consentivano. Insomma, la problematica ambientale appariva lontana, da conoscere sì, ma conservando gli agi di tutti i giorni. Finché non è arrivata una ragazza minuta, apparentemente fragile, che dimostra meno dei suoi sedici anni, ma dotata di un’intelligenza acuta e di una volontà di ferro, la svedese Greta Thunberg, a cambiare tutto. E’ stata lei che ha acceso la miccia e ha fatto divampare il sacro fuoco dell’ambientalismo tra i giovani, bucando il muro della quasi indifferenza e facendo loro capire, con le sue parole “aspre e forti”, che non ammettono sfumature e compromessi, che non c’era più tempo, che dovevano cambiare i loro stili di vita, che dovevano esigere dai loro rispettivi governanti l’impegno concreto a mutamenti virtuosi. Altrimenti sarebbe stata la catastrofe e l’estinzione del genere umano, e quindi anzitutto di loro, che l’avvenire non l’hanno dietro le spalle, come gli anziani, ma davanti a sé.
Questo ha reso possibile la serie dei “Fridays for future” da poco più di un anno a questa parte e soprattutto la grande mobilitazione globale di ieri. La maggior parte di questi giovani, almeno in Italia, è tra i quindici e i diciotto anni, dunque non vota, a parte i più grandi, e considera la politica, come ho sentito dire a una ragazza ieri, “una cosa sporca brutta e cattiva”. Allora, ragazzi, imparate a distinguere (che è l’esercizio più difficile al mondo, ma indispensabili per non essere superficiali e, come si diceva una volta, qualunquisti) tra politica cattiva e politica buona: Trump, presidente degli Usa, nega addirittura i cambiamenti climatici, non vede lo scioglimento dei ghiacciai né l’aumento delle inondazioni e degli uragani; Bolsonaro, presidente del Brasile, incentiva i roghi nel polmone verde del mondo, l’Amazzonia, per favorire i pascoli a mandrie bovine, col doppio nefasto risultato di ottenere deforestazione e inquinamento per le emissioni animali; ma ci sono in Europa ( in Germania, in Irlanda, in Finlandia, in Belgio, in Francia, meno purtroppo in Italia) e nel Parlamento europeo ministri ecologisti e leader di partiti verdi che appaiono molto determinati e fanno delle istanze degli scienziati del mondo (e di Greta) la base del loro programma politico. E tra i buoni politici non dimenticate Al Gore, due volte vicepresidente degli Usa, una volta vicinissimo alla presidenza, che già nel 2006 (!) col suo bellissimo e drammatico documentario “Una scomoda verità” mostrava al mondo gli effetti devastanti del clima malato, vincendo il Nobel per la pace l’anno dopo. Dunque, cari ragazzi, non fate di ogni erba un fascio, ma sappiate individuare presto – il vostro diritto al voto è vicino! – chi può trasformare in leggi e azioni concrete le vostre sacrosante istanze di “giustizia climatica” e salvezza del bel Pianeta.
Maria Gisella Catuogno