Quando si realizzano nuove abitazioni in aree urbane, è di solito obbligatorio realizzare i parcheggi pertinenziali, perchè le auto fanno parte della nostra vita, ma i regolamenti urbanistici non si occupano degli alberi pertinenziali, dei quali se ne può evidentemente fare a meno, anzi, è 'normale' per la cultura prevalente, anche amministrativa, eliminarli se danno fastidio alle previste costruzioni, alla viabilità, ai parcheggi, senza neppure porsi il problema di soluzioni alternative o della loro manutenzione. Questa è la realtà, documentata periodicamente, anche su questo giornale, da sempre più persone attente al loro ambiente di vita.
Ciò che fa respirare il genere umano viene considerato di fatto cosa che non ci riguarda, ignorando i segnali anche locali della crisi climatica globale (venti a 200 km /h, incendi boschivi invernali, caldi tropicali di aria e acqua).
Certo, nei programmi elettorali due righe per il Piano del Verde Urbano si possono anche trovare, per tenere buoni quei fessi di ambientalisti e ci si può addirittura mettere a posto la coscienza prevedendo di sostituire dieci pini in buona salute tagliati con dieci lecci, senza valutare che dieci alberi maturi di 50-70 anni tolgono dall' atmosfera dai 500 ai mille kg di CO2 ogni anno, mentre dieci fuscelli di un anno (dei quali ne sopravviveranno se va bene la metà), zero.
Di recente l'Emilia Romagna ha piantato 500mila nuovi alberi nelle città, primo stralcio di quel 'un albero per ogni abitante' (4,5 milioni) promesso nella campagna elettorale di pochi mesi prima, in attuazione certo di una sensibilità diffusa, ma anche recependo così gli indirizzi del Ministero per l'Ambiente, in accordo con l'ANCI, che nelle proprie “Linee Guida per la gestione del verde urbano e prime indicazioni per una pianificazione sostenibile” (https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/comitato%20verde%20pubblico/lineeguida_finale_25_maggio_17.pdf ) e con la Legge 10/2013 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” (https://www.r3-gis.com/it/legge-102013-norme-lo-sviluppo-degli-spazi-verdi-urbani), chiede a tutti i Comuni ed Enti Pubblici un salto di qualità sul tema del VERDE URBANO, innanzitutto dotandosi di un piano specifico che (istat 2015) era presente solo in uno su dieci dei 116 capoluoghi italiani, con il regolamento del verde nel 44,8% e il censimento del verde in 3 città su 4.
“ ..manca una visione strategica – si legge nella premessa delle linee guida- del verde urbano, si procede per interventi di 'somma urgenza' ..Occorre, decisamente, invertire la rotta.”
Si tratta cioè - viene suggerito - di passare dalla manutenzione dell' esistente ad un impegno strategico, una progettazione che consideri il verde per i benefici che può dare per la mitigazione del calore, la qualità dell'aria e la bellezza del paesaggio, i suoi risvolti socio-culturali (es. gli orti sociali, aree verdi pubbliche); in questo sforzo di costruzione di un Piano per il Verde Urbano, le Amministrazioni Pubbliche sanno di poter contare su un volontariato diffuso che, senza pregiudi, può essere di appoggio sostanziale, oltre che propositivo, per attivare percorsi di cittadinanza attiva per la sua realizzazione concreta e la sua salvaguardia futura.
La Regione Toscana ha finora prodotto importanti strumenti normativi quali il Piano per la Qualità dell'Aria e le Linee Guida per le Piantumazioni antagoniste degli specifici inquinanti, un' importante sponda per l' iniziativa degli Enti Locali, prevedendo anche risorse sui fondi Por Fesr. (http://ancitoscana.it/performance/1968-alberi-in-citta-e-qualita-dell-aria-le-linee-guida-per-i-comuni.html); ulteriore supporto può venire dal Centro interfacoltà per lo Studio del Cambiamento Climatico istituito presso l' Università di Pisa, programmaticamente disponibile a collaborare con i Comuni che lo chiedono.
Come sempre è questione di scelte, di prendere l'iniziativa, unendo tutte le forze disponibili.
CR