Un molo di 200 metri e 200 barche a chiudere una delle ultime zone umide dell’Arcipelago protetta dal Parco e dalle Direttive Ue
Ecco cosa scrivono gli ambientalisti:
Il Cantiere Navale Golfo di Mola gestito dalla Sales, vuole realizzare una scogliera frangiflutti, con funzione di protezione dello specchio d’acqua antistante allo stesso cantiere e collocata a ridosso di un breve pennello esistente, formato da massi, che attualmente delimita l’area del cantiere sul lato ad ovest, verso mare, e si appoggia, in parte, alla costa. La procedura autorizzativa è ormai giunta alla Conferenza dei servizi ed è stata caratterizzata da una forte opacità, con una sola riunione per informare i cittadini tenutasi nella Sala Consiliare di Capoliveri e che ha visto la partecipazione di un solo cittadino: un socio di Legambiente Arcipelago Toscano.
Il progetto Sales rappresenta di fatto una maxi sanatoria di grandi e piccoli abusi precedenti. Infatti il Golfo di Mola è stato interessato non solo da strutture portuali abusive e che hanno usufruito di condoni edilizi ma anche da una serie infinita di posizionamenti di singole boe e di campi boe abusivi (spesso sanzionati e sequestrati dalla Capitaneria di Porto) e da forzature amministrative, come la recente realizzazione di un Campo boe che è stato giudicato non conforme dalla Magistratura, o i lavori di adeguamento dello stesso cantiere Sales “Marina di Capoliveri” giustificati dall’arrivo all’Elba della Coppa America di Vela che in realtà è consistita in alcune gare di allenamento.
La nuova diga frangiflutto proposta avrà una lunghezza di 189 metri e sarebbe realizzata a poche centinaia di metri da un altro porto, quello di Porto Azzurro, trasformando così il Golfo di Mola in una unica area portuale, con un fortissimo impatto ambientale e paesaggistico che viene però minimizzato nella documentazione che abbiamo avuto occasione di leggere. In un periodo di crisi della nautica da diporto, realizzare nuove strutture accanto ad altre già esistenti e che mostrano già problemi non sembra una scelta saggia nemmeno dal punto di vista economico.
I problemi ambientali sono diversi e tutti molto gravi:
Posidonia oceanica:
Il nuovo molo frangiflutti che la società che gestisce il cantiere navale (200 imbarcazioni in uno specchio d’acqua di circa 1,5 ettari) nel Golfo della Mola vorrebbe costruire, porterà alla distruzione di diversi ettari di Posidonia oceanica. In questa zona (la parte occidentale del Golfo) la prateria di posidonia è ben estesa e in ottime condizioni eccezion fatta (non a caso) per l’area del cantiere e dello stabilimento balneare presente poco più a sud dove è quasi del tutto scomparsa. L’effetto sull’ambiente delle opere portuali e delle boe abusive ed autorizzate è evidentissimo ed è stato rapidissimo.
La prateria di posidonia è un ecosistema protetto a livello europeo (All. A della Direttiva Habitat dell’Unione Europea (Direttiva 92/43 CEE) perché è uno degli ecosistemi più produttivi presenti nel mare. E’ un grande produttore di ossigeno ed è un ambiente ricchissimo di specie animali e vegetali. Le praterie sono, poi, importanti aree nursery cioè aree dove i piccoli di numerose specie di pesci, molluschi e crostacei, anche di interesse commerciale, trovano protezione e nutrimento.
Il molo che dovrebbe proteggere le imbarcazioni ormeggiate nel cantiere velico verrà posizionato proprio sopra la prateria di posidonia oceanica determinandone la totale scomparsa. In totale, con quanto già realizzato, sarà lungo fino a oltre 200 metri e il nuovo molo occuperà il fondale per una larghezza di 43,06 metri su una profondità che va da 8,27 a 1°,35 metri di profondità (Quota di testa + 2,90 m s.l.m.m - Larghezza di testa 6,70 m). Si estenderà ed avrà quindi effetti su buona parte del Golfo della Mola. L’ecosistema del Golfo della Mola, già sottoposto a forti pressioni antropiche potrebbe esserne definitivamente compromesso determinando una perdita di biodiversità e un aumento dell’inquinamento presente nel Golfo. Per ettari ed ettari quello che rimarrà è un fondale fangoso/sabbioso praticamente privo di vita, come altre zone dell’area dove sono stati effettuati interventi a mare.
Proteggere questo ambiente è fondamentale per impedire che l’ecosistema del Golfo della Mola venga, quindi, distrutto definitivamente. Ma proporre di espiantare e reimpiantare (dove?) parte della prateria di Posidonia è non solo assurdo ma rappresenta un finto risarcimento: infatti il successo del riattecchimento della posidonia è notoriamente basso e lo sarebbe ancora di più in aree dove la posidonia esistente è scomparsa per cause che la realizzazione di un nuovo porto potrebbe solo aggravare. La sola possibilità per fare in modo che la prateria di posidonia, e quindi l’ambiente del Golfo della Mola, sopravviva è che questo molo non venga mai costruito.
L’interesse commerciale del cantiere di proteggere le imbarcazioni dei suoi clienti non può andare contro l’interesse della collettività che è quello di tutelare la posidonia e di fare in modo che il Golfo di Mola rimanga quello splendido Golfo che è. Non esistono, in questo caso, opere di mitigazione che diminuiscano l’impatto che l’opera avrebbe sulla prateria di posidonia. La costruzione del molo porterebbe alla sua scomparsa.
Zona umida di Mola
Nonostante nei documenti che abbiamo avuto modo di consultare si tenti di minimizzare fino a dichiarare nullo l’impatto ambientale del molo/porto sulla Zona umida di Mola, una delle due rimaste all’Isola d’Elba e di grandissima importanza naturalistica ed ecosistemica, tanto di aver ricevuto finanziamenti di Ue, Regione Toscana e Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano per il suo recupero e valorizzazione, è chiarissimo che la realizzazione di una struttura nel mezzo del Golfo di Mola, a poche centinaia di metri in linea d’aria da una Zona umida che (come d’altronde la fascia costiera dove sorge la radice del molo), fa parte di un Parco Nazionale, di una Zona speciale di conservazione Elba orientale (Zsc ex Zps IT5160102) dell’Unione europea e di un Sito di importanza regionale (Sir) della Regione Toscana, comporterà invece forti conseguenze ambientali e fisiche sull’area.
Il molo, per sua stessa natura ed intento di chi lo propone deve modificare l’attuale impatto di onde e correnti per proteggere l’area del Cantiere/porto, quindi avrà un inevitabili e pesantissime conseguenze sul flusso e deflusso dell’acqua in un’area nella quale sfociano diversi fossi e torrenti e nella quale scarica anche il Depuratore Comunale di Capoliveri che nel 2012, secondo i dati forniti da Arpat, ha presentato dati fuori norma nei reflui che arrivano a Mola. Tutto questo provocherà un ulteriore insabbiamento dello specchio marino davanti alla spiaggia di Mola, dove già oggi esiste una spessa platea fangosa, un ulteriore intorbidamento dell’area all’interno della diga con nuovi forti problemi per la sopravvivenza della prateria di Posidonia oceanica superstite. E’ chiaro che, anche se la diga non interessa direttamente il suolo della Zsc/Sir di Mola, questa catena di mutamenti ambientali a mare e nel deflusso delle acque avrà pesanti conseguenze anche a terra, in una zona umida che vive in un delicatissimo e fragile equilibrio e che ospita numerose specie vegetali e di avifauna stanziali, nidificanti e migratorie di grande valore e spesso rare che andrebbero valutate con maggiore attenzione di quanto non sia stato fatto se si vuole continuarle davvero a proteggere in base alle Direttive Ue Habitat ed Uccelli dell’Unione europea, della Important Bird Area di Rete Natura 2000 e del parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Se poi si pensa che gli strumenti urbanistici del Comune di Capoliveri prevedono tra Mola a Capo Calvo,
cioè anche dove si trova il cantiere navale la realizzazione di un “parco marino orientale” di cui dovrà essere definito il programma di conservazione e valorizzazione, si capisce in quale pasticcio urbanistico ed ambientale ci si stia cacciando con questo progetto portuale.
Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano
Il nuovo molo, considerando il tratto della fascia costiera dove si appoggerà, ricade nella Zona C “di protezione” del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, definite come “ambiti caratterizzati dalla presenza di valori naturalistici ed ambientali inscindibilmente connessi con particolari forme colturali, di produzione agricola od a particolari modelli insediativi o da forme significative di presidio ambientale”, il progetto pare in netto contrasto con l’articolo 19 delle Norme tecniche di attuazione del Piano del Parco che dice che “Gli usi e le attività compatibili sono quelli coerenti con le finalità di manutenzione, di ripristino e di riqualificazione delle attività agricole e forestali, degli elementi e dei segni fondamentali del paesaggio naturale ed agrario, di conservazione della biodiversità e delle componenti naturali in esse presenti. Sono ammessi, oltre agli usi e alle attività di carattere naturalistico (N), gli usi e le attività agrosilvopastorali (A) e quelli relativi alla funzione insediativa (UA) presente. Gli interventi e le azioni consentiti e necessari sono quelli di manutenzione e di riqualificazione (MA, RQ) del territorio agricolo e del patrimonio edilizio, di restituzione delle aree degradate (RE) e di conservazione (CO) delle risorse naturali. Compatibilmente con le finalità ed i limiti suddetti”. E’ chiarissimo che un porto non ha niente a che vedere con tutto questo e che richiamare il paragrafo dello stesso articolo dove si dice che “Sono ammessi gli interventi e le azioni volti a migliorare la fruibilità turistica, ricreativa, sportiva, didattica e culturale che richiedano, al più, modeste modificazioni del suolo ed opere edilizie non eccedenti quanto previsto dai commi successivi del presente articolo” rappresenta un semplice artificio, visto che le norme si riferiscono ad interventi di valorizzazione agricolo/ambientale e non certo portuale e il dimostrato impatto su flora, fauna ed ecosistema dell’intervento proposto. Infatti lo stesso articolo precisa che sono in particolare vietati gli interventi e le azioni di cui all’art.18.2, ai punti a,b,d,e,f,g,h,i,j,k, salvo che riguardino interventi a destinazione esclusivamente agricola o forestale, nell’ambito di progetti e programmi previsti dall’Ente Parco per la valorizzazione delle attività agro-silvo-pastorali, con eventuali limitati interventi di adeguamento delle infrastrutture esistenti comprovati da effettive esigenze e che comunque non contrastino con le altre disposizioni delle presenti Norme. Sono altresì consentiti tutti gli interventi di manutenzione delle infrastrutture di pubblica utilità quali le infrastrutture antincendio (..). Anche l’ articolo 18.2 interventi ed azioni vietate, tra le deroghe non comprende certo la realizzazione di un’area portuale in zona C del Parco e con un forte impatto su una delle aree naturalisticamente più importanti dell’Area protetta.
Chiediamo, quindi, alle istituzioni interessate di fermare questo che riteniamo un vero e proprio scempio ambientale e paesaggistico. Lo chiediamo, anche, ai titolari del cantiere: che senso ha costruire un molo per altre imbarcazioni se questo porterà alla distruzione di un ambiente? Chi mai vorrà venire in un nuovo porto che inquinerà e degraderà ulteriormente un ambiente naturale unico e che ha già dovuto subire pesanti colpi per l’abusivismo ed il degrado e l’abbandono pubblico e privato?
Questo progetto di fatto renderà vano ogni tentativo di recupero, rinaturalizzazione e valorizzazione del Golfo e della Zona umida di Mola avviato dal Parco con il contributo di Regione ed Unione europea.
Legambiente crede che all’Elba sia possibile un altro tipo di sviluppo: uno sviluppo attento alla sua biodiversità, che porti ricchezza al territorio proprio attraverso la tutela di questi ecosistemi perché quando tutta la costa sarà diventata un unico porto e l’entroterra un’unica colata di cemento chi mai vorrà venirci?
Per questo chiediamo di respingere questo progetto e di avviarne una radicale revisione, per arrivare ad un porticciolo “verde”, davvero ambientalmente compatibile e che serva veramente a migliorare le condizioni ambientali e di sicurezza di un’area segnata dal disordine e dall’abuso, senza caricarla di ulteriori posti barca, un progetto che garantisca il deflusso delle acque e non abbia il forte impatto sulla Posidonia, la costa e la zona umida che avrà questa vecchia e superata struttura rigida che è il contrario di un intervento di valorizzazione e tutela in un’area tanto delicata e preziosa.