Con la guerra alla siccità e una crisi idrica mai vista in questo secolo, in tante regioni proclamato lo stato di emergenza, all’Elba, dove le sofferenze per l’acqua risalgono alla notte dei tempi, i governi locali da Portoferraio a Marciana con ordinanze dell’ultima ora, si illudono di affrontare la criticità con i soliti palliativi e con i pannicelli caldi/freddi. Per non creare allerta in piena stagione turistica, si limitano a tirare le orecchie ai consumatori come negli scorsi anni, minacciando pene severe per gli spreconi e scaricando su di loro le responsabilità altrui. Secondo uno studio del PNACC, il piano nazionale adattamento e cambiamenti climatici, le perdite della rete isolana raggiungerebbero il tetto record del 40% il più alto d’Europa. In questi giorni, è in atto una corsa affannosa per mettere qualche toppa insufficiente alla dispersione d’acqua.
Intanto, si resta tuttora con le mani in mano di fronte al rischio di cedimento della vecchia e bucherellata condotta sottomarina rifornita dalla Val di Cornia in continente oggi con le falde quasi a secco, e che rappresenta un cordone ombelicale vitale per la sopravvivenza specie in estate. Nonostante il parere favorevole del ministero dell’ambiente, gli ambientalisti locali hanno eretto le barricate contro il dissalatore a La Mola vicino a Porto Azzurro, una necessità ritenuta altrove irrinunciabile, paralizzandone i lavori appena iniziati dopo tanti anni di tira e molla nella fase di progettazione.
Lo studio del PNACC non solo denuncia ma incoraggia i progetti, da anni rimasti sulla carta, per la realizzazione di laghetti artificiali d’inverno, e per il potenziamento dei pozzi di stoccaggio. Anche se non si hanno notizie aggiornate sui livelli delle riserve, il Comune di Marciana ha fatto da precursore realizzando un deposito d’acqua nell’ex cava di caolino a soccorso dell’impianto del territorio occidentale dell’isola.
Purtroppo, si continuano ad ignorare o a fingere di ignorare le rapine abusive delle sorgenti e sorgentine stendendo una fitta rete di tubi di gomma lungo la montagna e le colline, a testimonianza che il sottosuolo elbano non è arido e che il territorio boschivo andrebbe curato e rispettato anche per valorizzarne le risorse idriche.
Romano Bartoloni
Caro Romano
Per la precisione, e rispettando tutti i punti di vista sulla vicenda, rilevo che non è esatto dire che gli ambientalisti abbiano eretto barricate contro il dissalatore.
Il progetto, in prima fase richiesto ed incoraggiato da tutte le istituzioni elbane, e poi stato avversato, principalmente dall'ospitante comune di Capoliveri che, cambiata legittimamente convinzione, oltre che sollecitare interventi contrari in sede regionale, parlamentare e governativa (senza esito), ha presentato se non mi sbaglio tre ricorsi al TAR ed uno al Consiglio di Stato tutti sentenziati sfavorevolmente.
Se è vero che (specie negli ultimi mesi) Italia Nostra dell'Arcipelago si è segnalata per ripetuti interventi e produzioni di materiale in cui si avversava la realizzazione del dissalatore, diversa è stata la posizione assunta dalla principale associazione ambientalista operante nell'arcipelago, vale a dire Legambiente.
Legambiente,. in prima fase di progettazione (quando mi pare che tutti gli altri soggetti partecipanti alla conferenza dei Servizi fossero favorevoli) espresse delle osservazioni e richieste di modifiche progettuali, che furono quasi per intero raccolte dal soggetto attuatore.
Da allora non mi pare che il Cigno Verde abbia espresso contrarietà al progetto né "fatto le barricate". Tanto meno mi risulta che altre grandi e significative associazioni nazionali del mondo ambientalista si siano dichiate contrarie alla dissalazione a Mola o in centinaia di altri luoghi dove la si effettua.
sr