A leggere le ultime affermazioni della Giunta regionale, iniziamo a convincerci che i nostri dubbi erano fondati e concreti.
Riprendiamo il virgolettato della Giunta, riportato da Il Tirreno lo scorso 22 luglio, che poi fa da titolo all’articolo stesso: «parlare di eradicazione del cinghiale è un’utopia vista la loro capacità riproduttiva e la presenza del Parco».
Questa affermazione dimostra ancora una volta che chi, in Regione, è preposto a studiare ed analizzare i dossier, lo fa in maniera superficiale e senza leggere ed approfondire i documenti elaborati e forniti agli uffici regionali da questo Comitato a supporto delle tesi sostenute.
Al fine di erudire i rappresentanti politici in merito al pressappochismo delle loro affermazioni, vogliamo precisare che, nel caso di specie, si parla di “eradicazione” o di “contenimento a zero” su un’isola e non su un territorio continentale, dove tale proposta potrebbe essere davvero definita utopica.
La letteratura scientifica, che è l’unica fonte alla quale dover attingere, evitando pareri personali o eventuali chiacchiere da bar, fornisce moltissimi esempi di territori insulari dai quali il cinghiale è stato eradicato con successo, in contesti anche molto più difficili dal punto di vista territoriale di quanto non lo sia l’Isola d’Elba.
Solo per citare alcuni esempi, rimandando ad un approfondimento sul report da noi prodotto e scaricabile al seguente indirizzo: https://www.elbaconsapevole.it/forum/biodiversita/ , sull'Isola di Santiago (58.500 ettari; Galápagos), l'eradicazione di 18.000 animali (iniziata negli anni ’70 con le tecniche allora conosciute) ha richiesto 360 mesi, mentre sull'Isola di Santa Cruz (25.000 ettari; California) l’eradicazione di 5.036 suini ha richiesto solo 411 giorni (impiegando in questo caso mezzi molto discutibili come l’avvelenamento). Ora, considerando che l’isola d’Elba ha un’estensione di 22.350 ettari ed ipotizzando che il numero stimato di cinghiali da prelevare non sia molto diverso, anche il tempo necessario a contenere a zero la specie, fatti gli opportuni distinguo su diverso territorio e diversi metodi, potrebbe essere congruamente rapportabile alle cifre sopra indicate.
Aggiungiamo inoltre che l’Australia, con un’agenda 2021-2031 ha redatto un piano di contenimento del cinghiale su scala nazionale (https://feralpigs.com.au/the-plan/) ed in alcune isole come Kangaroo Island, essendo partiti nella primavera del 2020 si conta di eradicare la specie entro l’inverno 2023. https://pir.sa.gov.au/__data/assets/pdf_file/0004/385366/KI_FERAL_PIG_ACTION_PLAN_2021.pdf
Passando a specie molto più difficili da eradicare rispetto al cinghiale, sempre dall’emisfero australe arrivano altre ottime notizie. La Nuova Zelanda infatti diventerà “predator free” entro il 2050 ed in quasi tutte le sue “isole minori" sono stati già eradicati i predatori invasivi, “molto più piccoli ed elusivi dei cinghiali”, introdotti dai coloni europei che sterminavano marsupiali e avifauna autoctona.
Per non parlare poi delle isole sub-antartiche ormai quasi totalmente “pest-free” dove l'eradicazione delle specie alloctone è avvenuta in territori molto più grandi dell'Elba.
Quasi tutte queste eradicazioni sono state realizzate congiuntamente da organizzazioni ambientaliste, governi e, dove presenti, comunità locali.
In uno studio realizzato su incarico del PNAT (Meriggi et al, 2010) si legge che all’Elba, con un solo aumento del 40% del prelievo, concentrato sulle femmine in età riproduttiva, in 10 anni i cinghiali sarebbero stati ridotti a “97 unità”.
Certo, uno sforzo di monitoraggio prolungato sarà ovviamente fondamentale per il successo dell'operazione, in quanto proprio questa mancanza è la causa principale di molti fallimenti nei tentativi di eradicazione (Campbell et al., 2004, in Cruz et al. 2005).
Quindi, chi oggi afferma candidamente che l’eradicazione sia una “utopia”, dimostra di non aver studiato il problema, affidandosi magari a sensazioni piuttosto che a dati di fatto, oppure di muoversi in difesa di interessi lobbistici e/o politici.
Analizziamo ora la seconda parte delle dichiarazioni della Giunta: «il problema immediato è quello di un contenimento emergenziale».
Riteniamo che considerare ancora come “emergenziale” un problema che perdura e si aggrava da oltre 30 anni, sia poco serio e a dir poco, paradossale.
L’Amministrazione regionale insiste nel voler affrontare il problema considerandolo sempre come un’emergenza, senza esporsi politicamente impegnandosi a risolverlo in maniera definitiva, ma con la sola conseguenza di trasferire l’onere della soluzione a chi verrà dopo.
Non è più il tempo di barcamenarsi con quelle che gli studi e l’esperienza ultra-trentennale dimostrano essere false soluzioni.
L’unica soluzione possibile è il contenimento a zero del cinghiale sull’isola, la politica si sbrighi a dare risposte concrete alla chiara richiesta che arriva da tutto il territorio ed inizi ad riunire le professionalità necessarie ed a reperire i fondi per improntare un piano straordinario che porti all’eradicazione del cinghiale sull’isola.
Non ci sono più scuse da addurre ne più giochetti politici da fare, molte biocenosi insulari sono prossime al collasso, il PNAT si è sempre mostrato favorevole, la società civile e produttiva, ambientalista e culturale dell’isola ha dimostrato di darci pieno appoggio, sottoscrivendo la nostra petizione.
Gli unici che si oppongono a tale soluzione e che hanno interessi a mantenere lo status quo, sono un numero irrisorio di cacciatori che praticano la caccia al cinghiale (meno di 100) e che non vogliono perdere le loro prede.
Il territorio, gli abitanti, gli animali, le piante dell’Elba non possono e non devono più essere messi sotto scacco da uno sparuto manipolo di persone che vogliono continuare a divertirsi per due mesi all’anno… il gioco deve finire e la rinaturalizzazione dell’isola deve avere inizio.
Comitato eradicazione cinghiale isola d’Elba