Nei giorni scorsi, Legambiente Arcipelago Toscano ha inviato ai sindaci dei Comuni di Rio e Porto Azzurro e agli altri Enti interessati le osservazioni sul Piano Strutturale intercomunale. Ecco il testo:
Un Piano Strutturale, soprattutto se intercomunale, dovrebbe definire le strategie di sviluppo sostenibile di un territorio inquadrandole nel più ampio scenario del riscaldamento globale e della tutela della biodiversità così come indicato dall’Agenda 2030 (17 Obiettivi di sviluppo sostenibile - SDG) Onu e delle direttive europee su clima, energia, biodiversità, agricoltura, acque, dall’European Green Deal e dalle convenzioni internazionali sull’urbanistica sottoscritte dal nostro Paese, un respiro e uno sguardo al futuro che nel Piano Strutturale Intercomunale Comuni di Rio e Porto Azzurro sono enunciate come principi (a partire dalla Valutazione ambientale strategica – Piano ambientale) ma che poi mancano totalmente nelle previsioni o vengono rimandate ad approfondimenti successivi che però riguardano progetti che contraddirebbero quegli stessi principi.
Così, a Porto Azzurro, Comune che non ha aderito all’Elbana servizi ambientali e alla gestione comprensoriale dei rifiuti, non si prevede niente su questo tema e in particolare per lo spostamento dello scandaloso Centro rifiuti del Bocchetto ormai circondato da abitazioni e altri insediamenti, oppure sul destino della Cava di caolino della Crocetta la cui stessa esistenza e il modo in cui si è arrivati al suo ampliamento contraddicono palesemente ogni promessa di utilizzo sostenibile delle risorse e di attenzione al territorio, al paesaggio e alla natura.
La stessa VAS fa notare che la raccolta differenziata a Rio nel 2018 è stata del 44,32% (1286 t), nel 2019 è stata del 46,94% (1358t); - a Porto Azzurro nel 2018 è stata del 20,08% (636 t), nel 2019 è stata del 23,05% (727t). Sebbene si sia registrato un aumento della % di RD in entrambi i Comuni, i dati sono lontani dall’obiettivo di almeno il 70% di RD e risultano essere al di sotto della media regionale (60,15%), e di ATO (64,29%) al 2019». Porto Azzurro si piazza in fondo alla classifica Toscana di RD.
Per la miniera della Crocetta la VAS Pis – per altri versi apprezzabile – se la cava rimandando a un iter molto contrastato e che ha visto la Regione Toscana cassare una valutazione di incidenza negativa che la stessa Regione aveva chiesto al Parco Nazionale Arcipelago Toscano: «L’area tutt’ora in attività per l’estrazione del caolino, è dotata di piano di coltivazione di recente approvazione a cui rimandiamo per la verifica della pericolosità e fattibilità».
Il Piano Strutturale, pur essendo intercomunale, manca completamente l’obiettivo – che pur doveva avere – di armonizzare lo sviluppo sostenibile dei due Comuni: il risultato è quello di due Piani Strutturali diversi, “attaccati” artificialmente tra loro, che riproducono e incrementano le dinamiche edilizie e infrastrutturali del passato – compreso il loro elevato impatto urbanistico e ambientale - e mancano totalmente l’obiettivo di realizzare in vero piano intercomunale che punti a uno sviluppo sostenibile unitario.
Un risultato che conferma che il livello intercomunale non è quello che risolverà il disordine urbanistico e di idee che caratterizza il territorio elbano e che può essere affrontato solo attraverso lo strumento del Piano Strutturale Unico dell’Isola d’Elba, più volte promesso da Comuni e Regione nel passato e mai avviato e nascosto in qualche polveroso cassetto della memoria politico/amministrativa.
Leggendo il Piano Strutturale Intercomunale Comuni di Rio e Porto Azzurro, a volte minuzioso nella “cura” di alcune previsioni molto localizzate, si capisce in parte perché.
La prima parte descrittiva del PIS, pur condivisibile, si limita a un’elencazione di “capitoli” e “buone intenzioni generiche” che a volte non sono nemmeno all’altezza del Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana, proponendo in realtà ipotesi che avranno comunque un forte impatto sul paesaggio e su risorse ambientali limitate e già sovrasfruttate.
Le previsioni del Piano per quanto riguarda le nuove edificazioni si basa su una presunta crescita demografica che in realtà è contraddetta dal forte calo delle nascite in entrambi i Comuni e il “rimbalzo”, soprattutto nel Comune di Rio, non tiene conto che, nel periodo precedente la chiusura delle miniere, in realtà i Comuni di Rio Marina e Rio nell’Elba (da poco unificati nel Comune di Rio) avevano una popolazione che era oltre il doppio di quella attuale, anche se il PIS stesso fa notare che il “rimbalzo” della popolazione residente è dovuto quasi totalmente a immigrazione, dovuta in gran parte ritorno di alcuni pensionati (che rioccupano le case di famiglia) o al fenomeno dei “residenti di comodo” che prendono la residenza per avere agevolazioni tariffarie e/o fiscali. Per quanto riguarda Porto Azzurro, sarebbe bene capire meglio quanto incide la popolazione carceraria – che non ha evidentemente bisogno di nuovi alloggi – rispetto a quella totale. Comunque, si tratta di un tipo di incremento demografico che ha poco e niente a che vedere con l’economia produttiva, come invece sembra propenso a ipotizzare il PIS.
In realtà, come in tutta l’Elba, in Toscana e in Italia, la popolazione è in rapido e costante invecchiamento – come dimostrano anche i dati del PSI – con un incremento dei nuclei familiari con una sola persona e quindi con minore necessità abitativa. Invece, il PIS di Rio e Porto Azzurro risponde a questo fenomeno proponendo di incrementare le superfici delle nuove abitazioni. Il tutto in due Comuni con un’altissima percentuale di seconde, terze e quarte case (Rio, proprio per il fenomeno dello spopolamento post-minerario e per alcune scellerate scelte urbanistiche del passato) è uno dei Comuni della Toscana e d’Italia con la più alta concentrazione di seconde case e Porto Azzurro – che per decenni ha puntato sulla rendita edilizia - non si discosta poi molto da quelle percentuali.
Ci troviamo quindi di fronte a un territorio molto fragile - che ha subito solo questo autunno, nei due Comuni, episodi climatici estremi in aree che erano state “messe in sicurezza” – che andrebbe “alleggerito” e non ulteriormente appesantito, nel quale, con minime politiche per la casa e gli affitti, la già scarsa emergenza abitativa sarebbe nulla, ma dove le politiche del passato per le cosiddette “prime case” e i PEEP si sono rivelate fallimentari e sono andate a volte ad alimentare il mercato immobiliare e la rendita e dove le politiche dei villaggi vacanze, di Rio Elba bis e del Villaggio Paese hanno dimostrato tutto il loro fallimentare impatto urbanistico, sociale ed economico. Eppure il PIS sembra voler procedere in quella stessa direzione.
Alcune scelte, come il riutilizzo del patrimonio esistente, sembrano a prima vista condivisibili, ma troppo spesso risultano essere il grimaldello per realizzare operazioni urbanistico/economiche di grande impatto ambientale e paesaggistico e di dubbio risultato,
La VAS del PSI fa notare che “all’Elba, nel 2020, i Comuni con maggior percentuale di suolo consumato rispetto all’intera superficie territoriale sono Portoferraio, Porto Azzurro e Marciana Marina. Questo è anche dovuto al fatto che questi Comuni hanno centri abitati maggior consistenza urbana, quindi con maggiore densità edificatoria, strade, piazze e urbanizzazioni” e che “I Comuni con maggior suolo consumato pro-capite (mq/ab) sono Marciana, Capoliveri e Rio. In questo caso, invece, il dato è significativo di un’edilizia più sparsa”. Secondo il rapporto ISPRA/SNPA “nel Comune di Rio al 2020 il suolo consumato è pari a 264 ha (7,2% dell’intero territorio); - nel Comune di Porto Azzurro al 2020 il suolo consumato è pari a 143 ha (10,7% dell’intero territorio)”, peggio di Porto Azzurro all’Elba per consumo di suolo da solo Marciana Marina (13,1%) e Rio è quinta dopo il capoluogo Portoferraio (9,7%) e Capoliveri (8,3%).
Nelle Strategie del Piano Strutturale Intercomunale si legge: “La strategia del Piano Strutturale Intercomunale è ricondurre a sistema le risorse ambientali, paesaggistiche, storiche, economiche e sociali, che caratterizzano l’ambito territoriale, al di là dei confini amministrativi. L’obiettivo principale è migliorare la qualità della vita degli abitanti, promuovere una diffusa riqualificazione e una valorizzazione socio-economica del territorio, attraverso uno sviluppo misurato, qualificato e sostenibile, in un’ottica di contrasto al cambiamento climatico in atto, e rivolto a garantire scelte opportune e lungimiranti per la comunità e il territorio”. Ma le previsioni reali sembrano andare in tutt’altra direzione rispetto alle premesse in gran parte condivisibili – contenute anche nella V.A.S. – Rapporto Ambientale - visto che alcune risorse: spiagge, acqua, coste, praterie sottomarine di Posidonia oceanica, sono già sfruttate e subiscano impatti antropici oltre la loro sostenibilità e che già hanno dovuto sopportare l’assalto di un turismo incontrollato e che ha mostrato che queste risorse sono ormai ben oltre l’uso insostenibile e che gli stessi servizi pubblici (rifiuti, trasporti, gestione di porti e approdi) non sono più in grado di sostenerlo. Il risultato è che nel Piano Strutturale, il condivisibile impegno a ridurre il consumo di suolo viene platealmente contraddetto.
Per quanto riguarda il dimensionamento degli insediamenti industriali ed artigianali, con l’ampliamento degli edifici esistenti e la nuova edificazione si prevede: R6 Rio Marina 3.500 m2, P2 Valle dei Carpisi 2.500 m2 (6.000 m2 totale). Colpisce la “meccanicità numerica” della previsione per il dimensionamento della funzione commerciale al dettaglio con 800 m2 per le strutture medie previste sia per R6 Rio Marina e P2 Valle dei Carpisi (1.600 m2) e 600 m2 per gli esercizi di vicinato previsti in ognuna dell’UTOE (3.000 m2). Previsioni che appaiono molto sovradimensionate, visto che in questi anni a Rio, a Porto Azzurro, all’Elba, in Toscana e in Italia si è assistito a una estesa e progressiva chiusura degli esercizi commerciali medi e piccoli. Si chiede di rivedere queste previsioni alla luce delle reali dinamiche commerciali.
Così come sembrano sovradimensionate e “meccanicistiche” le previsioni per le funzioni direzionali dei servizi che prevedono 4.000 m2 di riuso e addirittura 2.850 m2 di nuova edificazione in territori che hanno abbondanza di strutture inutilizzate o sotto-utilizzate.
La promessa di contenere il consumo di territorio e di limitare le nuove edificazioni in due Comuni che risultano già abbondantemente edificati rispetto alla loro popolazione residente è completamente contraddetta dalla tabella riassuntiva delle diverse Utoe che prevede:
UTOE P1 Porto Azzurro: 5. 950 m2 di nuova edificazione; 4.000 m2 riuso; 5.00 m2 di nuova edificazione e 500 m2 di riuso subordinati a conferenza di copianificazione; 500 m2 di riuso non subordinati a conferenza di copianificazione. In totale 6.450 m2 di nuova edificazione e 5.000 di riuso (totale generale 11.450 m2).
UTOE P2 – Valle dei Carpisi: 3.900 m2 nuova edificazione; 1.600 riuso: 370 m2 subordinati a conferenza di copianificazione; 500 m2 non subordinati a conferenza di copianificazione. In totale 4.270 m2 di nuova edificazione e 2.100 m2 di riuso (totale generale 6.370 m2).
Da quel che si può dedurre dal PSI, a Porto Azzurro, la riconversione in abitazioni riguarda anche strutture precedentemente destinate ad altri utilizzi di tipo industriale e a cubature semi-precarie che vengono trasformati – ad esempio in località come Barbarossa – in altri appartamenti che non saranno certamente trasformati in prime case ma andranno a rimpinguare il già florido e pervasivo mercato delle seconde case.
UTOE R1 – Cavo: 3.100 m2 nuova edificazione; 2.700 riuso: 3.743 m2 riuso subordinati a conferenza di copianificazione; 1,800 m2 riuso non subordinati a conferenza di copianificazione. In totale 3.743 m2 di nuova edificazione e 8.243 m2 di riuso (totale generale 12.006 m2).
UTOE R2 – Nisportino: 175 m2 riuso: 2 250 riuso subordinati a conferenza di copianificazione (totale generale 2.425).
UTOE R3 – Nisporto: 300 m2 riuso.
UTOE R4 – Bagnaia: 300 m2 riuso.
UTOE R5 . Rio nell’Elba: 250 m2 nuova edificazione; 1.800 m2 riuso (totale generale 2.050 m2).
UTOE R6 – Rio Marina: 8.654 m2 nuova edificazione; 3.150 m2 riuso: 13.500 riuso subordinati a conferenza di copianificazione. (totale generale 25.304 m2).
UTOE R7- Ortano: 200 m2 riuso
UTOE R8 – Capo d’Arco 100 m2 riuso
A questo vanno aggiunti gli interventi urbanistici previsti o in fase di attuazione
Se alcune previsioni “zero” per le frazioni di Rio risultano condivisibili - e si è finalmente posto fine alla nuova edificazione a Rio Elba, una colata infinita di cemento che ha comportato degrado urbanistico, gentrificazione del centro storico e crisi economica - il PSI nel complesso prevede: 3.000 m2 di nuovo residenziale (30 abitazioni) e 3.300 m2 di riuso nel Comune di Porto Azzurro (33 abitazioni equivalenti), per un totale 6.300 m2, equivalenti a 63 abitazioni; e 4.875 m2 di nuovo residenziale (48 abitazioni) e 4.575 di riuso nel Comune di Rio (45 abitazioni equivalenti). Se si sommano le nuove previsioni dal PSI si arriva a 78 nuove abitazioni e a un equivalente per riuso di 105 abitazioni, il totale equivale a 183 abitazioni in due Comuni che, per stessa ammissione del PSI non hanno emergenze abitative, e con un numero altissimo di seconde case e case sfitte e che hanno un patrimonio edilizio che va ben oltre il numero delle famiglie residenti e previste da un’ipotesi demografica più che generosa.
In totale le nuove edificazioni assommano a 8.950 m2 nel Comune di Porto Azzurro e a 12.004 m2 nel Comune di Rio, per un totale del PSI di 20.954 m2 che rappresentano un elevato nuovo consumo di suolo che contraddice le conclamate politiche di consumo di suolo zero in Comuni dove non esiste praticamente emergenza abitativa. Se a questo si aggiunge il “riuso”, costituito in gran parte da residenziale, servizi e turistico ricettivo - 8.470 m2 Porto Azzurro e 29.273 m2 a Rio (totale 37.743 m2) - che trasforma quasi sempre strutture aventi un’altra destinazione in turistico-residenziali e servizi, si arriva a 43.193 m2.
E’ evidente che si tratta di previsioni da ridimensionare e da riportare alle reali necessità abitative, altrimenti si andrà a incrementare la rendita e a realizzare nuove strutture “ricettive” che ben presto verranno trasformate in appartamenti per vacanze e in infrastrutture utilizzate – se andrà bene – solo qualche settimana all’anno.
E anche la condivisibile indicazione che “Per le nuove strutture turistico-ricettive previste nell’ambito delle polarità 1A (Travaglio) 1B (Vigneria), 2B (Nisportino), 4B (Cavo), dovranno essere adottate soluzioni progettuali capaci di superare la tipologia decontestualizzata delle insule specialistiche, in coerenza con le indicazioni e gli indirizzi contenute nelle specifiche Schede Norma, alle quali si rinvia” viene contraddetta dalle previsioni reali.
Nelle schede norma, per l’UTOE – R1 CAVO si prevede il recupero e riqualificazione ambientale e paesaggistica degli ambiti e complessi dismessi/degradati in “un’area estrattiva dismessa e aree connotate da degrado (“ex discoteca Costa dei Barbari” e “Area artigianale lungo fosso dei Baccetti”), per la realizzazione di una polarità termale attraverso il recupero e la riqualificazione dell’ex discoteca e della ex cava in località Le Paffe, prevedendo “Un insieme integrato ed articolato di servizi termali e ricettivi (cfr Polarità 4B) quale opportunità strategica di valorizzazione dell’intero ambito territoriale”.
Si fa presente che nell’area della ex discoteca Costa dei Barbari questa Associazione ha più volte segnalato la presenza delle fondamenta della chiesa di San Bennato (corruzione di San Menna), risalente al XII secolo. Si trattava di un piccolo edificio in stile romanico, i cui ruderi si trovano a brevissima distanza dal mare. La sua prima attestazione documentaria risale al 1235 (...presbitero Iacobo ecclesie Sancti Menne Ilbe insule capellano...). La struttura, era ancora discretamente conservata nel XIX secolo ed è riportata come San Miniato nel Catasto Leopoldino (allegato) e venne demolita intorno al 1910 per realizzare un vigneto. Secondo le descrizioni di Giuseppe Ninci (1815) e Remigio Sabbadini (1919) si evince che il paramento murario era realizzato in bozze di calcare locale dall'accurata lavorazione, mentre la pavimentazione interna era costituita da “...parallelepipedi di pietra calcarea della grossezza e lunghezza del dito indice di un uomo...”. Intorno all'edificio si trovavano alcune sepolture. Un’area dove quindi andrebbero ricercate le evidenze esistenti, recuperate le relazioni i risultati dei sopralluoghi, la catalogazione dei reperti (se è stata fatta) e tutto quanto possa essere messo in relazione al sito. Un sito che andrebbe nuovamente scavato e tutelato e inserito dal PSI nei luoghi di interesse archeologico e che invece verrà ulteriormente cementificato in un’area che è finita nel mirino dell’inchiesta di Elbopoli e che ha portato a diverse condanne di ex prefetti, giudici, funzionari pubblici, amministratori e imprenditori.
Il tutto è legato alla realizzazione di una struttura alberghiera alle Paffe che dovrebbe usufruire anche della riallocazione, nell’ambito della polarità termale di Cavo, di volumi dismessi nell’ex area mineraria di Vigneria all’interno della cava dismessa de Le Paffe
Un’operazione contro la quale, Il 9 agosto 2009. Goletta Verde di Legambiente effettuò un blitz alle Paffe evidenziando – e lo ribadiamo oggi in queste osservazioni – che non si può parlare di recupero di cubature esistenti: le tramogge erano depositi di calcare a cielo aperto, farne case a fini turistico-abitativi è un´evidente forzatura in “un´area costiera di grande pregio paesaggistico, sotto l´antica cava di calcare, a pochi metri dal mare, testimonianza d'archeologia industriale per la presenza di strutture e "tramogge" che ricordano l´epoca delle estrazioni di calcare dai primi anni del ‘900 fino al dopoguerra”.
Successivamente, la vicenda è stata più volte citata tra quelle più eclatantinel rapporto “Mare Mostrum! di Legambiente nazionale.
Legambiente chiede di rivedere queste previsioni alla luce dei valoro archeologici, storici, paesaggistici e ambientali dell’area e invita gli Enti interessati a non declassificare la “zona rossa” presente per consentire la cementificazione di una costa dove invece andrebbero salvaguardate e valorizzate le risorse di archeologia religiosa e di archeologia mineraria/industriale, anche come aggiunta all’offerta termale che il PSI sembra voler realizzare a Cavo.
Polarità di Vigneria: si ripropone, pur non nominandolo, il fallimentare progetto del “Villaggio Paese” , con una novità: “Il recupero delle superfici oggetto, che potranno essere parzialmente riallocate nell’ambito della polarità termale di Cavo, all’interno della cava dismessa de Le Paffe”, per il quale le considerazioni fatte sopra.
Con un’operazione di greenwashing politico, in contraddizione con le promesse iniziali del PSI di abbandonare quel tipo di offerta turistica obsoleta, si ripropone l’dea fallimentare del villaggio avulso dal territorio contro la quale più volte Legambiente ha espresso la propria netta opposizione negli anni passati.
Si invita quindi a rivedere le previsioni e a non consentire traslazioni improprie di volumi tra una struttura mineraria e una cava dismessa a km di distanza tra loro, cosa che comporterebbe una colossale variazione d’uso e acuirebbe la cementificazione di un tratto di costa che invece è da salvaguardare.
Polarità di Nisportino. Si condivide la necessità di recuperare le strutture edilizie in condizione di abbandono del villaggio turistico (ex Club Med), ma si invita a precisare meglio gli obiettivi legandoli all’obbligo di realizzare impianti di energie rinnovabili, risparmio energetico, depurazione e riuso delle acque.
In questo contesto, si fa presente che il PSI, a parte le dichiarazioni di principio, trascura totalmente le energie rinnovabili, il risparmio energetico, la realizzazione di una depurazione moderna ed efficiente un tutte le UTOE e il recupero della risorsa idrica, la cui carenza e funzionamento in deroga degli scarichi sono evidenziate per alcune UTOE anche dalla V.A.S. – Rapporto Ambientale.
Polarità artigianale e servizi. Si rammenta che l’area interessata, loc. San Giuseppe/San Francesco, lungo la viabilità provinciale SP 26, in posizione baricentrica rispetto a Rio nell’Elba e Rio Marina, è interessata dal fenomeno dei sinkhole e, sebbene la “zona rossa” sia stata ridotta, si fa presente che, come per il rischio idraulico, la messa in sicurezza di un territorio viene alterata e a volte vanificata da nuove costruzioni e infrastrutture che mutano il contesto e introducono nuovi elementi di rischio.
Si chiede quindi di verificare attentamente situazione reale e possibili conseguenze.
Polarità termale Cavo. Vale quanto osservato per le Paffe e Vigneria. Si invita inoltre a utilizzare l’acqua termale per realizzare impianti di teleriscaldamento a beneficio della popolazione residente e a puntare su un’ospitalità termale diffusa che permetterebbe di distribuire meglio le entrate derivanti dal termalismo e di evitare le difficoltà che stanno vivendo, anche in Toscana, strutture termali famose e con una lunga storia. Questo permetterebbe di ridurre anche previsioni urbanistiche che francamente sembrano abnormi e più che sovradimensionate rispetto alla possibile realizzazione di un impianto termale al Cavo.
Polarità di Capo Bianco. Le previsioni sembrano condivisibili ma occorre specificare meglio cosa sia “il recupero dell’ex cava, quale spazio potenziale per eventi e/o attività di interesse pubblico” e le “previste limitate funzioni a carattere privato (servizi, residenza)” che rischiano di essere interpretati come interventi ad hoc in un Piano Strutturale.
Parcheggio pubblico Rio nell’Elba. Condividendo le previsioni del Piano per l’UTOE di Rio nell’Elba, non si capisce perché si vogli realizzare un nuovo parcheggio nell’area è antistante al cimitero comunale, poco fuori dal centro storico di Rio nell’Elba. Anche perché è la stessa scheda del PIS a rivelare che l’area è «Caratterizzata dalla presenza di coltivazioni ortive e macchia mediterranea, dal punto di vista morfologico consiste in un terrazzamento pianeggiante posto a quota leggermente inferiore rispetto alla viabilità di servizio al cimitero, dal quale si gode una vista apprezzabile sul vicino centro storico».
Si tratta di un parcheggio che non è certo utile ai pochi visitatori del piccolo e bellissimo cimitero circolare di Rio nell’Elba e che, per stessa ammissione del Psi, verrebbe utilizzato per poche settimane estive.
Si chiede quindi di rinunciare a questa ipotesi e di sostituirla con un progetto di recupero, restauro e valorizzazione del cimitero di Rio Elba – che presenta preoccupanti segni di incuria e abbandono e dell’area che la circonda, con la creazione di un parco pubblico e di un’area destinata a orti sociali nella quale inserire pochi parcheggi “green” coperti con pannelli solari e dotati di colonnine di ricarica.
Come ricorda la VAS del PIS: tra il 2010 ed il 2012, gli allora 8 Comuni dell’Isola d’Elba hanno aderito alla campagna “Patto dei Sindaci”, lanciata dalla Commissione Europea nel 2008 e che chiede alle autorità locali di mettere in atto sul territorio politiche per- ridurre almeno del 20% le emissioni di CO2 rispetto ad un preciso 2004; - aumentare del 20% la produzione di energia da fonti rinnovabili; - aumentare del 20% l’efficienza e il risparmio energetico nel proprio territorio. Obiettivi ormai obsoleti e che l’Unione europea ha portato al 55% entro il 2030. Sempre la VAS del PSI evidenzia che «I Comuni aderenti al Patto dei Sindaci si impegnano, tra le varie cose a predisporre un Inventario Base delle Emissioni (IBE), ed elaborare un Piano d'Azione per l'Energia Sostenibile (PAES). Il Comune di Rio Marina ha aderito al Patto dei Sindaci con D.C.C. n. 3 del 12/04/2012. Il Comune di Rio nell’Elba ha aderito al Patto dei Sindaci con D.C.C. n. 26 del 3/07/2012. Il Comune di Porto Azzurro ha aderito al Patto dei Sindaci con D.C.C. n. 60 del 27/09/2012. Nel 2012 è stato attivato l’impianto fotovoltaico di Vigneria. Ma, come si legge nella VAS del PSI: Al 2011, gli obiettivi UE di riduzione dei consumi energetici del 32,5% e di riduzione dei consumi dei gas serra del 40% entro il 2030, risultano ancora lontani. Assenza di dati attuali sui consumi e sulle emissioni».
Si invitano le due amministrazioni comunali a recuperare il tempo e il terreno perduto, a cominciare dall’impegnarsi, già nel Piano Strutturale Intercomunale, nella realizzazioni di Comunità energetiche rinnovabili e a prevederle nel Piano strutturale intercomunale, con forme di facilitazione e con una revisione degli strumenti urbanistici che consentano di realizzare pannelli solari e altri impianti energetici sostenibili in tutto il territorio interessato dal PSI e, in accordo col Parco Nazionale Arcipelago Toscano, anche in aree ex minerarie degradate e irrecuperabili.
Per le previsioni di alcune UTOE e schede norma, il Piano Strutturale Intercomunale Comuni di Rio e Porto Azzurro appare quindi in contrasto con le normative urbanistiche della Regione Toscana, in particolare con quelle sul consumo di suolo e il Piano di Indirizzo territoriale (PIT) con valenza di Piano paesaggistico e può contrastare con le previsioni e i vincoli del Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e con altri vincoli presenti in base alle Direttive Ue Habitat e Uccelli (Zona di conservazione speciale e Zona di Protezione speciale Elba orientale) e con quelli paesaggistici.
Si chiede quindi di accogliere le presenti osservazioni provvedendo a una forte riduzione delle previsioni edificatorie del Piano, a una maggiore corrispondenza delle previsioni con i vincoli presenti, con il Piano del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano (titolare della valutazione di incidenza per la ZSC/ZPS Elba Orientale, come riconosce lo stesso Studio di incidenza del PSI) e con gli strumenti urbanistici vigenti della Regione Toscana.
Legambiente Arcipelago Toscano