Chi come me si dichiara “ambientalista non estremista” e come tale si comporta non può che rimanere sconcertato dal susseguirsi di azioni contro il patrimonio culturale per mano di fantomatici “ambientalisti”. L’ultimo caso in Italia è quello dell’imbrattamento di Palazzo Vecchio a Firenze, che ha giustamente suscitato reazioni di sdegno e di condanna, ancor più da parte di chi vive in Toscana e sente anche un po’ suo ogni tesoro custodito in questa magnifica Regione.
Chi sono questi ambientalisti e cosa vogliono ottenere realmente ? Stento a comprenderlo. Se l’idea è quella di attirare l’attenzione verso temi ambientali importanti e urgenti, l’effetto sortito è discutibile se non addirittura opposto: chi non ascolta o fa finta di non ascoltare questo tipo di urgenze, presto ritorna nel proprio distacco ancor più confortato e magari con l’alibi gratuitamente ricevuto di tenersi alla larga da questi “delinquenti ambientalisti”. Se l’idea è invece quella di colpire una ricchezza per far vedere che l’uomo sta colpendo la “ricchezza ambiente”, allora si fa peggio del peggior inquinatore. Come nei film, sembra quasi che il nemico dell’ambiente abbia assoldato ignoti mercenari per rendere odioso ed esecrabile agli occhi dell’opinione pubblica “l’ambientalista”.
I dubbi verso temi ambientali come il riscaldamento globale sono alimentati da un’informazione spesso parziale o errata, a volte pilotata da chi ha interessi di mercato, in alcuni casi banalizzata al punto da sminuire e far allontanare l’opinione pubblica dal vero problema. Ce lo confermano temi molto semplici come la scelta della prossima auto da acquistare: elettrica, ibrida o a carburante? Persino chi vorrebbe contribuire con un’auto meno inquinante non ha quasi mai chiaro il vero impatto sul pianeta delle tre opzioni perché non siamo correttamente informati sul loro rispettivo reale costo ambientale, che tenga conto di tutti i fattori (ad esempio dalla estrazione dal sottosuolo dei materiali per costruire le batterie, dall’energia spesa per raffinare idrocarburi o per alimentare colonnine di ricarica, fino alle emissioni di un’auto a gasolio).
Esiste una pletora di scienziati che studia questi rapporti costo/beneficio e che pubblica articoli su riviste internazionali importanti, ma le loro risultanze vengono nascoste al grande pubblico, vien da credere perché chi governa i mercati ci vuole far andare in direzioni ben precise, indipendenti da quegli studi. Ad esempio un’insegnante universitaria di Pisa di cui son venuto a sapere per caso, calcola giornalmente il proprio costo ambientale e usa questi dati per insegnare agli alunni di Scienze Ambientali e Naturali come si possa avere una stima quantitativa (e non per modo di dire) degli impatti, in termini di rapporto fra energia consumata, energia prodotta, scorie, emissioni prodotte e moltissimi altri fattori. Un esempio educativo bellissimo che tende a contrastare la pressapochezza e la disinformazione a cui ci costringono.
Meglio farebbe dunque chi oggi imbratta opere d’arte ed edifici storici, qualora davvero volesse porre l’accento su temi ambientali, a ritrovare il sacro rispetto che tali opere e tali edifici meritano, impiegando piuttosto le proprie energie per educare seriamente (e non diseducare !) la gente all’ambiente.
Marco Sartore