La prossima settimana, a partire da martedì 17, il gruppo “Aithale” torna a fare ricerca archeologica all’isola d’Elba. Si apre la seconda campagna di scavi archeologici a San Giovanni, nella proprietà di Chiara, Raffaella e Paolo Gasparri. Ricordo loro per primi perché, senza di loro, questa avventura non sarebbe mai comiciata. La famiglia Gasparri ci ha incoraggiato, ci ha invitato a ricercare nel loro terreno ma non solo. Consapevole della centralità ambientale, storica e archeologica del posto, i Gasparri rinunciano spontaneamente al premio di rinvenimento che lo Stato, in teoria, dovrebbe corrispondere ai proprietari dei terreni nei quasi si effettuano ritrovamenti archeologici. Dico “in teoria” perché, in genere, i premi sono poca cosa e arrivano dopo anni. I Gasparri fanno di più: ospitano ricercatori e studenti nelle loro case a titolo gratuito. Questo permette, alle nostre istituzioni di ricerca sempre più in difficoltà, di potere continuare a svolgere ricerche sul terreno. Queste prime considerazioni ci portano ad altre ancora. I Gasparri sono consapevoli della particolarità del luogo in cui vivono e intendono rispettarlo e, ove possibile, renderlo ancora migliore. Un atteggiamento giusto e positivo, il loro, l’atteggiamento di chi sa che il posto in cui si vive va pensato non solo come proprietà ma anche come bene comune, che è una parte di un tutto e non il tutto.
Questa ricerca parte proprio dal concetto di bene comune e, se volessimo dare un nome proprio al “bene comune” oggetto di questa storia, potremmo chiamarlo “Rada di Portoferraio”. Un nome solo apparentemente banale, in realtà colmo e denso di significati. Colmo e denso di vicende ambientali, di fatti e di processi storici, di archeologie di diversi tipi, anche di etnie e culture di diversa matrice, stando a quello che emerge dalle nostre più recenti ricerche. Nella “Rada” tutto questo è stratificato e si è intrecciato nel corso dei millenni: eventi fulminei come le bordate di artiglieria scambiate fra Portoferraio e San Giovanni, il cannoneggiamento di Nelson contro le batterie delle Grotte, i bombardamenti della seconda guerra mondiale; attività di una, due o tre generazioni, come i vigneti romani dei Valeri o la ghisa degli altiforni; tempi lunghi e forse infiniti, come la pesca al tonno o la produzione del sale. Le storie della “Rada” sono contaminate e fecondate al tempo stesso da una grande quantità di fatti di varia durata che appartengono alla mito-storia (probabilmente veri ma storicamente indimostrabili) che possiamo soltanto congetturare o anche soltanto immaginare e che vanno dal tempio di Eracle a tante altre leggende, ognuna con il suo piccolo o grande nucleo di verità, più o meno da scoprire. Il grande storico Arnaldo Momigliano affermava che due delle più serie tentazioni per uno studioso sono di interpretare frettolosamente i testi e di dedurne conseguenze che i testi non ammettono. Ma, aggiungeva Momigliano, “è ugualmente pericoloso illudersi che quanto non è mai documentato non sia mai esistito”.
Con questo vogliamo semplicemente dire che, talvolta, anche di un luogo del quale si presume di sapere tutto, si deve, piaccia o no, riconoscere di saperne poco o niente. Quindi, la ricerca deve andare avanti. A domani.
Gruppo Aithale (Franco Cambi)
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