A Pianosa, la Spiaggia di Cala S. Giovanni, questo il suo vero nome e non quello impropriamente usato di Cala Giovanna, ospita due nidi della tartaruga Caretta caretta.
Una prima deposizione di uova è avvenuta il 13 di giugno scorso e la seconda il 21. In questa seconda uscita la tartaruga ha fatto di tutto per realizzare il suo nido su questa spiaggia. Ha provato a risalire l’arenile anche nel pomeriggio ma, presumibilmente disturbata, ha rinunciato. Fortunatamente, nel profondo rispetto della sua natura (e della nostra), è tornata col buio, assolvendo alla sua missione e regalando ai fortunati testimoni dell’evento, un’esperienza indimenticabile. Non tutta la spiaggia è idonea ad ospitare in sicurezza un nido di C. caretta, vista la sua esigua profondità, ma la porzione più occidentale si spinge verso terra per una decina di metri, ed è qui che sono ubicati i nidi, in un’area che rimane protetta anche da mareggiate di grecale di elevata intensità. Da quando questa spiaggia esiste, tempo non noto con precisione ma di certo non breve, le tartarughe avranno probabilmente optato altre volte per questo luogo scegliendolo come loro nursery, ma questi due sono i primi nidi di cui si abbia testimonianza.
Profonda la soddisfazione dell’Associazione per la Difesa dell’isola di Pianosa (i cui soci, in massa, hanno seguito un corso di formazione organizzato da Legambiente) che monitora la spiaggia di Cala San Giovanni, in stretta collaborazione con gli esperti di Legambiente Arcipelago Toscano e in sinergia col Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano, che provvedono al monitoraggio delle tante spiagge dell’arcipelago. Evidenti, con questi splendidi regali, i risultati dell’aumentato livello di attenzione per la spiaggia pianosina di Cala San Giovanni e ora la speranza è che le uova maturino fino alla schiusa.
Animali un po’ impacciati le tartarughe nell’ambiente emerso, eleganti e disinvolte in quello sommerso, loro vero ambiente di vita, eppure… non hanno branchie ma polmoni, respirano aria, depongono le uova sulle spiagge e non in acqua. Sono rettili che si sono adattati alla vita acquatica, ma anche loro come tutti i rettili depongono a terra le proprie uova (fanno eccezione i serpenti di mare che però sono ovovivipari, cioè le uova si sviluppano e si schiudono all’interno del corpo materno) e mai in acqua.
Tutto ciò sembra una delle tante bizzarrie della natura e invece, dietro tutto ciò, risiede uno dei passaggi più importanti e strategici dell’evoluzione dei vertebrati, un cambiamento che per un lungo periodo rese i rettili organismi dominanti del pianeta. A partire dal Paleozoico superiore (https://stratigraphy.org) e per tutta l’Era Mesozoica, furono i “padroni” del Pianeta e tutto grazie alla comparsa dell’uovo amniotico (https://communities.springernature.com/posts/which-came-first-the-reptile-or-the-egg) che donò ai rettili una vita totalmente terrestre, a differenza dei loro antenati, gli anfibi, e prima di loro i pesci che avevano e hanno, una deposizione obbligata in ambiente acquatico. Questa “faticosa” risalita della spiaggia altro non è che la memoria di questo importantissimo cambiamento evolutivo, avvenuto oltre 300 milioni di anni fa, che spinge la nostra tartaruga a tornare a terra, il suo ancestrale ambiente di vita. E poi non si tratta di un rettile qualsiasi. Anche se a onor del vero la scienza oggi ha qualche dubbio, si tratta di un rettile anapside (https://de.wikipedia.org/wiki/Anapsida). Gli Anapsidi sono i rettili più antichi, quelli evolutisi dagli anfibi proprio nel lontano Carbonifero. Tutti estinti gli Anapsidi, tranne il gruppo dei Cheloni cui appartiene la nostra Caretta caretta, tartaruga testimone del tempo più profondo. Che dietro l’emozione suscitata dal condividere pochi attimi della sua vita su una spiaggia, ci sia tutto questo inconscio bagaglio darwiniano? A me piace pensare che sia così.
Luca Maria Foresi
Vicepresidente dell’Associazione per la Difesa dell’Isola di Pianosa
Nella foto la perimetrazione preliminare del nido, con la sabbia di copertura, ancora umida.