Da quando l’umanità si è accorta che il modello di sviluppo industriale intrapreso tra fine 1800 e gran parte del 1900 era estremamente impattante per la vita sul pianeta è nata una ricerca sempre più mirata e, per fortuna, fruttuosa per generare l’energia necessaria al genere umano in maniera compatibile con la vita. Si osservi bene che il problema è proprio la salvaguardia della vita animale e vegetale, non quello del pianeta Terra in sé e per sé. Chi scrive e manifesta con slogan tipo “Save the Planet” nasconde in realtà una clamorosa presunzione, poiché il pianeta Terra come ogni altro pianeta fortunatamente segue dinamiche di esistenza indipendenti dal genere umano. Lo slogan dovrebbe essere quindi “Save the LIFE on Earth”, salva la vita sulla Terra: al pianeta in sé non importa nulla se sulla sua crosta esterna abita qualcuno oppure no.
Tra i ritrovati per produrre energia in modo così detto “pulito” o “green” sicuramente un attore importante è costituito dai pannelli solari fotovoltaici. L’ultimo termine è fondamentale per distinguerli dai pannelli solari tout-court, che sono dei semplici riscaldatori di acqua. Per carità, molto utili anch’essi, ma che nulla hanno a che spartire con la tecnologia di cui voglio dire in questo articolo.
Per comprendere come funzionano i pannelli fotovoltaici bisogna fare luce su due aspetti:
1. il materiale con cui sono fabbricati
2. l’effetto prodotto dalla luce su quel materiale.
Partiamo dal primo punto. Tutti conosciamo i termini “conduttore” ed “isolante” che sono molto facili da capire: i fili elettrici dell’impianto della nostra casa sono fatti di rame, un metallo che permette un generoso passaggio di corrente elettrica, e toccandoli non “prendiamo la scossa” grazie al loro colorato rivestimento plastico-gommoso. Quindi diciamo che il metallo è un conduttore perché permette il transito di cariche elettriche e la plastica è un isolante perché impedisce tale passaggio.
La differenza fra i due tipi di materiali è meglio comprensibile in termini energetici. Innanzi tutto, la corrente elettrica altro non è che un movimento di elettroni, gli stessi che normalmente ruotano intorno al nucleo di un atomo ma che possono anche trovarsi liberi in eccesso in un materiale. Quando gli elettroni sono legati agli atomi, l’energia è bassa e sta in una certa banda di valori chiamata ‘banda di valenza’. Quando sono liberi, gli elettroni hanno energia maggiore che si attesta in una ‘banda di conduzione’. Ebbene il salto energetico fra queste due bande discrimina i materiali isolanti e conduttori: per i primi l’energia necessaria per passare dalla banda di valenza a quella di conduzione è così elevata che prima che il passaggio avvenga, il materiale si distrugge; per i secondi le due bande sono addirittura intersecate, per cui il passaggio da una all’altra non richiede energia. Tutto questo è visualizzato in Figura 1, che spiega sicuramente meglio della descrizione:
Figura 1. Rappresentazione grafica delle bande di energia di isolanti e conduttori. Il gap di energia (Egr) dei primi è molto grande mentre le bande di valenza e conduzione dei metalli sono addirittura sovrapposte.
Il fatto che nei conduttori le bande energetiche di valenza e di conduzione si intersechino significa che un elettrone è libero di muoversi e quindi spostare la propria carica nel materiale, dando luogo alla corrente elettrica.
Esiste una terza classe di materiali chiamati ‘semiconduttori’ che hanno caratteristiche molto speciali.
Intuitivamente un semiconduttore deve stare a metà strada fra un conduttore e un isolante. Più o meno è vero, ma non già perché lascia passare metà carica rispetto a un conduttore, bensì in quanto la carica elettrica che lo attraversa può essere finemente modulata, cioè si può decidere e imporre con estrema precisione quanta ne scorra in ogni istante.
Per questo genere di materiali le bande energetiche di valenza e di conduzione sono abbastanza vicine da permettere a un elettrone di passare da una all’altra se riceve l’energia corrispondente al salto che deve compiere:
Figura 2. Comparazione grafica delle bande di energia di isolanti, semiconduttori e conduttori.
Il “gap” di energia fra le due bande per i semiconduttori (Eg in Figura 2) è compreso fra 0.1 e 3 elettronVolt, valori tali da permettere ad una carica di superarlo senza che il materiale si distrugga, come invece avviene negli isolanti dove il gap (Egr in Figura 2) è ben maggiore di 3 eV.
Si può fare un’analogia figurata molto semplice pensando a un parco giochi dove i bambini vogliono andare a divertirsi. Se è circondato da un muro altissimo, l’unica soluzione è prenderlo a picconate e distruggerlo per creare un varco, ma così facendo i mattoni cadono sui giochi rompendo anche quelli. Se non c’è alcun muro invece i bambini hanno libero accesso, vanno e vengono a piacere ed è variabile il numero di quanti lo frequentano in un certo istante. Oppure il parco giochi è circondato da un muretto che con poco sforzo i bambini possono scavalcare aiutati da una piccola spinta o da uno scalino di fortuna. Il primo caso corrisponde all’isolante, il secondo al conduttore e il terzo al semiconduttore.
Il fatto che le cariche elettriche possano muoversi in modo e in numero controllato in ultima analisi è il vero fiore all’occhiello dei semiconduttori. È grazie a questa caratteristica che esiste il transistor, che sono nati gli amplificatori e che ne sono derivati gli altri circuiti elettronici moderni.
Presentato il materiale, veniamo dunque al secondo punto: come si fa a trasformare la luce del sole in corrente elettrica?
La risposta più corretta richiama la Meccanica Quantistica, ma qui cercherò di descrivere il fenomeno senza far ricorso a concetti complicati. Chi non lo avesse fatto potrebbe tuttavia leggere l’articolo “Quanti, ce ne sono ?” recentemente pubblicato in questa rubrica [1].
Quando un raggio di luce raggiunge il semiconduttore i fotoni di cui è composto funzionano come “palle da biliardo”: un fotone colpendo un atomo scalza dall’orbita un elettrone e nell’orbita in cui si trovava si forma dunque una lacuna (‘hole’). Si dice che un fotone genera una coppia elettrone-lacuna:
Figura 3. Effetto di generazione di una coppia elettrone-lacuna (hole-electron pair) da parte di un fotone che colpisce il semiconduttore.
Questo fenomeno va sotto il nome di ‘Effetto Fotovoltaico’ da cui poi prendono nome i pannelli solari che lo utilizzano. Il termine evoca due aspetti concomitanti: ‘foto’ dal greco φωτὁς = luce e ‘voltaico’ che dopo il grande Alessandro Volta ricorda batterie ed elettricità, quindi fotovoltaico = luce ed elettricità.
Data la relativa vicinanza delle bande di valenza e di conduzione nei semiconduttori, non serve una grande energia per causare l’effetto fotovoltaico. Ciò fa si che possa avvenire per mezzo della luce visibile (altri fenomeni che coinvolgono sia radiazioni che semiconduttori o metalli richiedono invece fotoni ad alta energia, ben superiore a quella della luce visibile).
Purtroppo un puro e semplice pezzo di silicio non basta per realizzare un pannello solare, sebbene l’effetto fotovoltaico abbia luogo. Infatti poco dopo essere stato scalzato dalla propria orbita, l’elettrone si ricombina con la rispettiva lacuna e tutto torna come prima che il fotone colpisse il semiconduttore, senza generare differenze di potenziale o corrente elettrica [2].
Manca un ingrediente fondamentale: la presenza di un campo elettrico in grado di allontanare l’elettrone e la lacuna, evitando la loro ricombinazione e garantendo così la presenza delle due nuove cariche elettriche all’interno del materiale. Vediamo quindi come poter generare questo campo elettrico, così prezioso.
Il semiconduttore più comune sul nostro pianeta è il Silicio, di cui la Terra è molto ricca, il quale può essere modificato mediante un processo chiamato “drogaggio” diventando di due tipi:
tipo N (N come Negativo) perché dotato di un eccesso di elettroni liberi, che com’è noto hanno carica appunto negativa;
tipo P (P come Positivo) perché privato di elettroni e quindi con carica netta positiva in quanto ricco di lacune dove nuovi elettroni liberi possono andare a posizionarsi.
Quando i due tipi di silicio vengono connessi si crea una giunzione PN come in Figura 4. Si tratta della configurazione base a partire dalla quale sono stati pensati e inventati i numerosi componenti elettronici in uso ai nostri giorni [3].
Figura 4. La giunzione PN, con la zona P a sinistra ricca di ‘holes’ e la zona N a destra ricca di elettroni liberi.
La giunzione PN permette infatti di creare e mantenere un certo campo elettrico senza che necessariamente scorra corrente attraverso di essa. E come appena discusso, è importante poter contare sulla presenza di questo campo elettrico per evitare che le cariche generate si ricombinino e per direzionarle in qualche modo all’interno del dispositivo.
Se quindi la generazione della coppia elettrone-lacuna avviene in una giunzione PN, i due attori principali (l’elettrone e la lacuna, appunto) vengono attratti nelle due rispettive zone N e P grazie alla presenza del campo elettrico della giunzione e di fatto viene loro impedito di ricombinarsi.
Nasce dunque un gruppo di cariche e quindi una differenza di potenziale ai capi della giunzione PN che in ultima analisi è proprio il fenomeno peculiare del sistema. Il pannello solare fotovoltaico è dunque un’ampia giunzione PN di Silicio sulla cui superficie esposta alla luce è presente un materiale anti riflettente per massimizzare il numero di fotoni che raggiungono il semiconduttore. Una sottile griglia di pattern metallici sopra e sotto forma la coppia di elettrodi che poi fanno capo ai due classici fili rosso-nero di uscita. La struttura completa è visualizzata nella seguente Figura 5, che contiene anche un inserto con zoom sulla generazione delle cariche e la loro separazione grazie al campo elettrico della giunzione:
Figura 5. Struttura di un pannello solare fotovoltaico con zoom sulla generazione e separazione delle cariche elettriche al suo interno.
Se un pannello fotovoltaico è esposto alla luce, si comporta dunque come una normale batteria (da auto, da telecomando, etc.). Ad esempio pensando a quella di un’automobile: finché è scollegata, possiamo misurare ai suoi capi i classici 12 Volt; quando è connessa al circuito elettrico dell’automobile, genera e garantisce il passaggio di corrente. La stessa cosa avviene per i pannelli fotovoltaici.
E proprio come succede per le normali batterie anche i pannelli possono essere collegati in serie o in parallelo, aumentando rispettivamente la differenza di potenziale o la corrente totale generata, come in Figura 6 dove sono visibili entrambe le soluzioni: i due pannelli a destra sono fra loro collegati in serie e lo stesso avviene per i due pannelli a sinistra. Quindi la differenza di potenziale complessiva sarà di 12V+12V=24V. Inoltre la serie di destra e quella di sinistra sono interconnesse ai nodi + e -, sicché la corrente elettrica I1 dei pannelli a sinistra va a sommarsi alla corrente I2 di quelli di destra, fornendo in uscita una corrente totale pari alla loro somma:
Figura 6. Interconnessione serie-parallelo di 4 pannelli solari fotovoltaici.
Questo tipo di collegamento è usato normalmente anche negli impianti di casa, dove l’interconnessione è di ambo i tipi: alcuni moduli vengono connessi in serie per generare tensioni di 24 o 48 Volt e questi blocchi vengono poi collegati in parallelo per ottenere maggiore corrente. Il fatto che un singolo modulo generi tipicamente 12V spiega quindi perché sui tetti delle case si monta solitamente un numero pari di pannelli.
Oggi si studiano nuovi materiali semiconduttori per poter aumentare l’efficienza di generazione delle cariche al loro interno. Ad esempio se un materiale presenta bande di valenza e conduzione separate ma più vicine di quelle del Silicio, si può pensare che un singolo fotone riesca a scalzare non uno ma due o più elettroni dalle proprie orbite, generando così due o più coppie elettrone-lacuna e dando luogo al doppio o più della corrente generata. Tra questi nuove materiali quello più promettente sembra essere la Perovskite, un ossido di Calcio-Titanio che presenta caratteristiche molto favorevoli [4] e nel quale recentemente è stato dimostrato che la carica può essere modulata come nei semiconduttori [5].
Marco Sartore
Riferimenti bibliografici
[1] https://www.elbareport.it/scienza-ambiente/item/69976-pillole-di-scienza-16-quanti,-ce-ne-sono
[2] "Electron-Hole Recombination".
https://eng.libretexts.org/Bookshelves/Materials_Science/Supplemental_Modules_(Materials_Science)/Electronic_Properties/Electron-Hole_Recombination
Engineering LibreTexts. 2024-04-01.
[3] “The Art of Electronics”, P.Horowitz and W. Hill, Cambridge University Press, ISBN 978-0-521-80926-9.
[4] "Lead-free halide perovskites: a review of the structure–property relationship and applications in light emitting devices and radiation detectors", Gao, Yuting. Journal of Materials Chemistry A. 9 20, 11931–11943, (2021). doi:10.1039/d1ta01737c
[5] “Efficient and stable perovskite-silicon tandem solar cells with copper thiocyanate-embedded perovskite on textured silicon”, C. Kan et al, Nat. Photon. (2024). https://doi.org/10.1038/s41566-024-01561-5