A fine maggio si riuniranno ad Alberese in Maremma i parchi italiani per il loro Congresso nazionale. Rispetto a tutti gli altri che lo hanno preceduto, compreso quello di tre anni fa a Roma dove pure si respirava già una brutta aria per i parchi, è la prima volta che ci troviamo in una situazione che appunto non ha riscontri nel passato.
Ho partecipato a tutti i congressi di Federparchi e mai è stato in discussione e a rischio il futuro delle aree protette. Certo i problemi e i guai non mancavano come potemmo del resto vedere chiaramente anche nelle due Conferenze nazionali di Roma e Torino promosse dal Ministero a cui Federparchi partecipò attivamente.
Tra le questioni più calde possiamo ricordare il rapporto e il ruolo dei parchi nazionali e dei parchi regionali a cui ministri come Ronchi ai secondi guardarono sempre con grande sufficenza. Ma ancora più calda e controversa –specie a Torino- fu la questione del rapporto parchi terrestri e aree protette marine dove non solo i parchi regionali venivano messi in castigo ma anche quelli nazionali furono sempre condizionati da una burocratica prevaricazione ministeriale. E tuttavia a Torino si riuscì a far riconoscere al ministero il ruolo di Federparchi che ad al Parco del Conero ad Ancona con Coste Italiane Protette (CIP) d’intesa con la regione Marche aveva predisposto proposte sulla base di studi e ricerche che non poterono essere più ignorate neppure dal ministero. Un riconoscimento significativo che purtroppo non ebbe come in tanti altri casi alcun seguito concreto.
Ma queste come altre situazioni –a partire dalla abrogazione di sedi e strumenti centrali del ministero preposti alla costruzione di un sistema nazionale di aree protette con le regioni- non misero in discussione il ruolo di fondo e la stessa esistenza dei parchi. Oggi il quadro è profondamente cambiato perché proprio questo è in discussione e a rischio. Ho accennato che già tre anni fa –ne parlai al Congresso a nome della Legautonomie- l’UPI chiedeva lo scioglimento dei parchi regionali per ereditarne le funzioni. Non molto dopo lo propose anche il ministro Calderoli. Seguirono con la Prestigiacomo le più spiazzanti e cervellotiche sortite su poltronifici, sprechi e privatizzazioni che di fatto continuano all’insegna dei tagli più pesanti e particolarmente rovinosi per le aree protette marine ormai alla canna del gas. Per essere ancora più chiari, visto che in troppi continuano a far finta di niente o a considerare questa crisi come un fenomeno congiunturale passato il quale tutto tornerà come prima, in discussione oggi c’è se i parchi in Italia hanno un futuro. I parchi non quelle strambe cose che dovrebbero assicurare un lavoro ai giovani disoccupati o essere assemblati –gira ora anche questa voce- non per farli funzionare meglio ma solo perché costino meno e rompano meno le balle.
Non è perciò neppure un caso che ormai sia sparita –anche in sede parlamentare-qualsiasi riferimento alle elaborazioni ed esperienze internazionali dell’UICN e comunitarie che riguardano sempre più
anche noi.
A questa situazione non si è giunti solo per una gestione disastrosa del ministero ma anche per le mazzate assestate alle leggi più importanti sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio dalla legge 183 sul suolo, al Codice che toglie il paesaggio ai piani dei parchi ed anche alla 394 e non solo per questo aspetto. Infatti l’ostinato rifiuto alla Convocazione della Terza Conferenza nazionale coincide con l’altrettanto ostinato rifiuto a dotare il ministero di quel minimo di sedi e strumenti previsti già oltre 10 anni fa dal Decreto Bassanini. La crisi dei parchi insomma è causa e al tempo stesso conseguenza del venir meno di un governo del territorio improntato ai principi costituzionali del nuovo titolo V. Ed è anche per questo che sconcerta l’inadeguata risposta istituzionale delle regioni e degli enti locali ma anche del parlamento. E sconcerta non di meno dinanzi a questo stato delle cose si sia accettato anche da parte della rappresentanza dei parchi di scaricare sulla legge le responsabilità non condonabili del governo e del ministero. Si era cominciato con il dire che si trattava in fin dei conti di ‘manutenzione’, ora sento che si parla di ‘nuova 394’. Al peggio evidentemente non c’è limite perché la legge del senato azzoppa la 394 e prevede in tempi di sbandierato federalismo ulteriori penalizzazioni per le regioni che non sono state neppure consultate. Sarebbe questa la nuova 394?
E’ con questa realtà che dovrà fare i conti il prossimo Congresso di Federparchi e non potrà farlo certo non disturbando il macchinista. Come nel passato la rappresentanza dei parchi dovrà sapersi assumere con chiarezza le sue responsabilità se non vogliamo che i parchi vadano in malora.