Ci sono state stagioni e periodi passati anche piuttosto recenti in cui riviste come Parchi di Federparchi o Toscanaparchi nel triangolo Tosco-emiliano-ligure ma anche in altre regioni hanno svolto una importante funzione culturale prima ancora che associativa. Oggi il panorama è desolante e anche sul piano editoriale siamo rimasti in pochi sulla piazza con collane come quella sulle aree naturali protette dell’ETS.
Per questo mi è sembrato giusto, vorrei dire doveroso segnalare lo speciale della rivista Il Paradosso.
‘Il Paradosso’ è la rivista per la promozione dello sviluppo della Fondazione Alario con sede ad Ascea (SA).Il numero 3 di agosto è stato dedicato a ‘Parchi. E’ ora di riforma. Dalla conservazione allo sviluppo’. Il dibattito su questi temi oggi come ben sappiamo scarseggia e spesso lascia non poco a desiderare per la superficialità e l’approssimazione anche in sedi politiche, istituzionali e culturali autorevoli. E siccome non è questo il caso del Paradosso vorremmo segnalarlo con qualche considerazione.
Già il titolo dell’editoriale di Carmelo Conte ‘Parchi, riforma per lo sviluppo’ ha il merito di collocare la legge quadro in quel preciso contesto culturale e istituzionale che ha preceduto e seguito
la sua approvazione che oggi Stato, Regioni e Comunità Europea’ devono armonizzare e integrare per rendere il ruolo dei parchi più incisivo ed efficace rispetto alle nuove esigenze delle politiche ambientali. Tutto il contrario insomma delle pasticciate manfrine del Senato con le quali si è messo mano ad una vera a propria ‘rottamazione’ della legge quadro in punti chiave.
Ha fatto bene perciò Andrea Manzi a riportare alcuni stralci del dibattito alla Camera del novembre del 91 e in particolare l’intervento di Antonio Cederna in cui sottolineava che tutta l’Italia va considerata e trattata come un parco.
Un ampio contributo di Domenico Nicoletti della Università di Salerno si sofferma sulle aree protette come patrimoni di comunità, tema che egli ha trattato anche sul Quaderno del Gruppo di San Rossore sul futuro dei nostri parchi.
Erminia Pellecchia nel motivare la riflessione della rivista e il coinvolgimento di vari soggetti da Federparchi al Gruppo di San Rossore al parco storico dell’Abruzzo a quello della Sila e del Cilento, annota criticamente che sono legittime le diffuse preoccupazioni dinanzi alle ipotesi in discussione al senato di trasformare i parchi in ‘Agenzie di sviluppo, nel segno green economy’ obnubilando la loro finalità costitutiva di conservazione del patrimonio naturale’.
Segue una intervista a Giampiero Sammuri presidente di Federparchi che già dal titolo suscita qualche perplessità; I Parchi? Autonomi’. In premessa Sammuri ricorda le sortite di Berlusconi e Tremonti volte ad abolire i Parchi in quanto organismi inutili e costosi. Posizioni a cui non sfuggirono e talvolta neppure oggi sfuggono anche talune regioni. Confermando quindi di condividere l’esigenza di apportare alcune modifiche alla legge senza per questo snaturarla il Presidente di Federparchi ritiene che ‘il punto principale è l’autonomia dei gestionale. La natura giuridica dei Parchi prevista dalla normativa vigente è ibrida. Infatti, da un lato essi si configurano come enti che concorrono a realizzare i fini dello stato e perciò sottoposti alla vigilanza del ministero dell’Ambiente; dall’altro somigliano ad enti locali a carattere territoriale i cui organi di direzione politica, però, non sono eletti dal popolo, ma sono di nomina ministeriale. La conseguenza è che i parchi, da una parte non hanno l’autonomia né la rappresentanza degli enti locali, dall’altra manifestano un deficit di capacità decisionale, come dimostra il ritardo in cui si trovano nella attuazione delle previsioni della legge quadro’. Insomma problemi essenzialmente di carattere burocratico ed economico. Ecco perché serve ‘maggiore libertà decisionale e gestionale’. Ho voluto riportare questa frase per intero perché è la prima volta tra le tante riflessioni critiche sulla esperienza dei nostri parchi a partire dal 1991 che la causa delle cose non vanno viene fatta risalire alla legge stessa che non gli avrebbe riconosciuto autonomia decisionale. E quando mai. I parchi dovevano fare addirittura due piani ‘sovraordinati’ rispetto a quelli degli stessi enti locali; province e comuni. Che poi non avessero ‘rappresentanza’ perché non elettivi non ha senso perché nessun parco nel mondo è elettivo ma non si può dire che per questo non siano ‘rappresentativi’. Come non lo sono le autorità di bacino (presto neppure le province). E perché al Ticino come in San Rossore e in tanti altri parchi regionali sparsi in Italia il piano è stato fatto e al meglio e in gran parte dei parchi nazionali invece no? C’entra la legge o il ministero che non ha solo compiti di vigilanza ma come si diceva al tempo dell’approvazione della legge quadro di ‘indirizzo e coordinamento’ a cui erano preposti peraltro strumenti gestionali; il comitato di programmazione, e tecnici; la Consulta, la Carta della Natura etc.
Opportuno quindi l’invito di Giuseppe Rossi oggi commissario e per molti anni Presidente del Parco nazionale d’Abruzzo a ‘Riformare si ma con cautela’. Una cautela che consiglia proprio la sua esperienza in un parco davvero speciale che si è dovuto misurare non con i limiti della legge ma con le resistenze a proiettare anche fuori dai suoi confini una esperienza per molti versi unica non soltanto nel nostro paese.
Una esperienza di cui sta facendo tesoro sicuramente il parco della Sila per restare al sud, la cui presidente Sonia Ferrari riferisce come ciò sia avvenuto ‘ Stretto contatto con stakeolder e non soltanto per il turismo ecosostenibile. Seguono altri significativi interventi di Giuseppe Luccio su ‘Lo sviluppo o è la fine’; ‘Salvare la Terra. Si può’ di Aniello Aloia e Angelo Vita; ‘Il valore dell’accoglianza’ di Pino Grimaldi; ‘Cilento, mai più clientele’ di Marcello D’Aiuto; ‘Geo cronisti formansi’ di Andrea Manzi;’ Cronaca locale per il cittadino’ di Barbara Ruggiero; ‘I conti aperti dei paradossi’ di Livio Rossetti; ‘La favola dei Garone di Geppino D’Amico. Come gruppo di San Rossore ho dato una mano anch’io che per questo ringrazio la rivista.
Renzo Moschini