Avevamo ragione a considerare gli interventi de L’Unità sull’ambiente e in particolare sui parchi e il paesaggio una significativa novità. In effetti questi articoli hanno contribuito a sollecitare una attenzione e riflessione anche critica che su questi temi era venuta meno. Salvatore Settis ha trovato però l’inchiesta sul paesaggio improvvisata e superficiale a partire dalle cifre. Io vorrei limitarmi –dopo la replica di Del Fra- a ricordare un aspetto su cui nella lettera di ieri ma anche nei suoi libri Settis non si sofferma- potrei dire- omette. Mi riferisco alla norma del nuovo Codice dei beni culturali che ha sottratto ai piani dei parchi (come stabilito dalla legge 394) il paesaggio.
Ora anche senza scomodare più di tanto l’annosa questione della ripartizione delle competenze tra stato e regioni sul paesaggio non v’è dubbio che questa norma non aiuta certo la non ‘sovrapposizione’ fra le nozioni di ‘paesaggio’, ‘territorio’, ‘ambiente’ a cui fa riferimento Settis. E la ragione di fondo è -come conferma proprio il fallimento del titolo V – che senza una collaborazione istituzionale e costituzionale non avremo mai quella integrazione senza la quale continueremo a collezionare insuccessi. Il Politecnico di Torino ha dato alle stampe un ampio studio internazionale su ‘Il paesaggio come ponte tra ambiente e cultura’. Che a partire dai parchi e dalle aree protette come nei bacini idrografici –ossia nei territori di maggior pregio ma oggi anche a maggior rischio il paesaggio sia sottratto alla competenza di soggetti preposti alla tutela ambientale può essere considerato coerente con l’art 9 della Costituzione? Ricordo che tra i primi effetti del nuovo codice figura l’impugnativa da parte dello stato della legge istitutiva di un parco regionale fluviale in Piemonte a cui si contestò appunto la competenza sul paesaggio riconosciuta da sempre a tutti i parchi piemontesi. E’ questa la condizione perché il paesaggio risulti davvero -come vuole anche la Convenzione europea- ponte tra ambiente e cultura?
Renzo Moschini