Continua in Toscana il dibattito sul governo del territorio e in particolare sull’ambiente. A tenere banco è la legge Marson ma ci sono anche altri aspetti e risvolti che meritano e richiedono maggiore attenzione per evitare nuovi errori dopo i vecchi a cui stiamo cercando con fatica di rimediare. Soprattutto serve evitare confusione. Confesso che la lettura dell’intervento di Giuseppe De Luca dell’INU toscana mi ha imbarazzato non poco perché la legge Marson sarebbe debole sul piano della tattica politica e avrebbe nella versione del 2005 subordinato la programmazione alla pianificazione (se ho ben capito) facendo fare una finaccia ad entrambe.
Effettivamente le politiche di programmazione e di pianificazione -senza prima e dopo- hanno fallito sul piano nazionale non risparmiando neppure la Toscana che proprio per questo sta cercando di rimediare. Aveva cominciato con il PIT ma erano subito emersi i limiti perché quando si parlava di ambiente e paesaggio non era chiaro cosa significava in Toscana concretamente senza aree protette e parchi, bacini idrografici, paesaggio ricondotto a schede persino grottesche sebbene regolati da leggi importanti poi anche penalizzate come quella sul paesaggio che in barba alla Convenzione europea toglieva ai piani dei parchi nazionali e regionali proprio il paesaggio. Senza contare che continuava ad essere rinviata la nuova legge regionale sulle aree protette in cantiere orami da anni.
La legge Marson cerca di fare i conti con questo retroterra e ritrovare un bandolo generale non soltanto regionale. Più che le tattiche politiche e la grammatica istituzionale di cui parla De Luca mi pare urgente capire, ad esempio, perché la regione ancora non riesca a presentare finalmente la legge sulle aree protette mentre il Consiglio regionale approvi prima una legge sui alcuni siti e Zps e ora –vedo- una legge sui geositi e geotopi delle province di Grosseto e Siena riguardanti le Colline Metallifere avendo prima alla chetichella approvato una legge che stabiliva nientemeno che i piani dei parchi dovevano conformarsi ai piani energetici. Altro che grammatica istituzionale! Rossi giustamente ripete che i ‘vincoli’ specie quelli sul paesaggio non devono essere gestiti con propositi di impedimento al fare e fare bene. Ma a questo servono i piani delle aree protette come alle Apuane o ai dei bacini del Serchio, del Magra etc.
Vogliamo finalmente ritessere questa rete?
Renzo Moschini