Per questo il confronto in atto finisce inevitabilmente per fare riemergere prepotentemente una concezione della difesa dei Parchi intesi come strumenti salvifici, come isole assediate e come tali da tenere lontane ,sotto il profilo gestionale, dalle comunità che li vivono. Anche se il Pdl di modifica della legge 394 contiene parti sicuramente migliorative della normativa in vigore, esso non imprime quella svolta politico-culturale e quegli adeguamenti normativi che sono necessari per innovare davvero la politica nazionale per la conservazione della natura in questa fase storica, caratterizzata da una crescente crisi dei sistemi naturali.
Insomma, a mio parere, quello in atto è, purtroppo, un confronto con la testa rivolta all’indietro.
I contenuti che caratterizzano le due posizioni (pro e contro il PdL) sono al momento privo di un qualsiasi aggancio con le problematiche più attuali in discussione a livello europeo e mondiale per la conservazione della biodiversità , quali ad esempio le strategia dell’ONU e dell’UE per arrestare la perdita della Biodiversità entro il 2020.
E’ invece dentro quel dibattito che la nostra discussione sui Parchi andrebbe collocata per rilanciarne in avanti la loro funzione .
In altre parole; alcuni punti migliorativi della 394, inseriti in un Pdl affastellato, non fanno una riforma e tanto meno una buona riforma.
A mio avviso le posizioni (che considero essenzialmente sbagliate) espresse nel recente articolo apparso su L’Unità e firmato da Vittorio Emiliani ,andrebbero contrastate con una battaglia improntata all’innovazione e non tanto con degli appelli affinché la cosi detta riforma della legge 394 vada avanti senza ripensamenti .
Quello che occorre è impostare una legge che sia allo stesso tempo di revisione della normativa sulle aree protette e che contenga principi e norme per la conservazione della biodiversità .
Che cioè ampli l’orizzonte e non lo restringa.
Una legge che dovrebbe essere basata su nuovi paradigmi per la tutela della natura ed il mantenimento dei servizi ecosistemici ed allo stesso tempo capace anche di coniare una nuova idea di Parco che sia al passo con i tempi.
Insomma, in altre parole, io penso che il Pdl in discussione al Senato prenda il tema della conservazione della natura “dalla coda” (la tecnicità gestionale dei parchi nazionali e delle aree marine protette ) e non “dalla testa” (a cosa servono i parchi oggi e che funzione debbono giocare nel quadro delle politiche per la conservazione della biodiversità).
Esso infatti è prevalentemente incentrato su aspetti particolari, certamente importanti (composizione dei consigli, finanziamenti, gestione faunistica, gestione delle aree marine protette ecc.), ma non va oltre una dimensione puramente gestionale-organizzativa.
Quello che andrebbe modificato è invece il ruolo specifico dei Parchi all’interno di una moderna politica nazionale per la conservazione della biodiversità e non tanto il numero dei componenti dei consigli o a chi competa la nomina del presidente.
Inoltre serve definire una moderna classificazione dei Parchi che andrebbe fondata ,anziché sulla ripartizione delle competenze gestionali tra stato centrale e regioni, sulla missione di scopo dei singoli Parchi, nel quadro di una nuova architettura degli strumenti per la conservazione e per la valorizzazione della natura (Parchi, SIC e ZPS, Aree di collegamento ecologico, Paesaggi protetti, Riserve ecc.) concepiti come parte del sistema nazionale unitario delle aree protette.
Purtroppo in Italia, più che in qualsiasi paese europeo, i Parchi sono diventati l’oggetto della conservazione anzichè uno dei mezzi per affermarla .
Così facendo essi vengono spesso banalizzati e derubricati al ruolo di un ente generalista di gestione del territorio che finisce così per perdere la sua specialità e infine la sua stessa ragione di essere.
Tutto questo avviene anche perchè quasi nessuna legge italiana istitutiva dei Parchi, sia nazionali che regionali, definisce per ognuno di loro degli specifici obiettivi da raggiungere nel campo della tutela e non fissa dei precisi indicatori di risultato.
La legge 394 andrebbe perciò superata non già per negarne il valore storico e la sua efficacia ,bensì per adeguare i contenuti della legislazione nazionale in questa materia alle profonde innovazioni che si sono fatte strada nel frattempo in europa e nel mondo.
Per renderci conto della necessità di una profonda svolta nella nostra legislazione basta ricordare che dopo l’approvazione della legge 394 ,che è del 1991 ,è stata approvata dall’UE la Direttiva Habitat (1992) che ha impostato , sulla base della costruzione della Rete Natura 2000, tutta la politica di salvaguardia della biodiversita dell’Unione Europea.
Una Direttiva rivoluzionaria sotto molti punti di vista e che giustificherebbe, da sola, una profonda modifica della legge 394.
Poi, nel frattempo, ci sono svolti due Congressi dell’IUCN dedicati ai Parchi che hanno coniato visioni e prospettive che di fatto sono molto più innovative rispetto a quelle contenute nella legge 394.
Una nuova legge sulle aree protette a mio avviso dovrebbe servire in sintesi a queste cose: a innovare le finalità della 394 ,a fondare la Rete Ecologica Nazionale,a rivedere la classificazione delle aree protette impostandola su criteri totalmente nuovi (non in base a chi le gestisce ma in funzione della loro missione, della loro collocazione geografica dentro la Rete ecc.),a stabilire un diverso rapporto improntato alla sussidiarietà verticale ed orizzontale tra livelli istituzionale (in sostanza per stabilire meglio chi fa che cosa tra Stato centrale, Regioni, EELL e portatori di interesse), a valorizzare il volontariato ,a stimolare le donazioni verdi, a riconoscere i servizi ecosistemici che rende la natura ,ad incentrare maggiormente la gestione dei Parchi sulla partecipazione delle comunità locali,a definire la funzione e le competenze per il monitoraggio sullo stato della biodiversità .
Per queste ragioni considero un errore difendere “a testa bassa” la proposta di modifica della legge 394, anche perché il risultato negativo che sta profilandosi è quello di approfondire il fossato all’interno del campo delle forze che sono a favore della conservazione della biodiversità e dei Parchi.
Sono fermamente convinto che molti dei firmatari dell’appello contro il testo varato dalla commissione del Senato abbiano una visione moderna e non “difensivistica” dei Parchi ed è per questo che essi debbano essere coinvolti nella messa a punto di una nuova normativa e non considerati “a priori” dei conservatori.
Cosa andrebbe fatto allora? Innanzitutto si dovrebbe sospendere la discussione parlamentare sulla proposta di modifica della 394 e immediatamente si dovrebbe chiedere al Ministero dell’Ambiente di promuovere una conferenza nazionale nella quale affrontare il tema su basi nuove e dove dare voce a tutti i soggetti in campo.
Infine occorrerebbe sviluppare una elaborazione “coinvolgente”, tesa a redigere, in un arco di tempo di sei mesi, un progetto nazionale per la conservazione della biodiversita e le aree protette.
Solo dopo andrebbe ripreso il lavoro parlamentare ma non tanto per aggiustare la legge 394 quanto per varare una nuova legge sulla conservazione e la valorizzazione della biodiversità.
Una sorta di testo unico per difendere e valorizzare la natura del nostro paese che contenga al suo interno anche la disciplina per le aree naturali protette. Solo in questo modo si può dare vita ad una azione di grande respiro politico e culturale per fare affermare nel nostro paese un nuovo e più avanzato rapporto tra natura, cultura ed economia.
Enzo Valbonesi
già Presidente di Federparchi