Nella pittura buddhista zen, Enzo simboleggia un momento in cui la mente è libera di lasciare che l'insieme, corpo e spirito, sia creativo. E' una specie di spazio dell'illuminazione.
Nell'arte, al vuoto è affidata una particolare suggestione, è qualcosa che l'osservatore deve completare l'idea. Il vuoto deve completare un'emozione estetica (okahura kabuzo - il “libro del té”).
Il vuoto era visto come qualche cosa di non statico, ma dinamico dal quale originano tutte le cose, è un contenitore del tutto: il tutto è forma e la forma è il vuoto.
E' come una immedesimazione.
Nell'arte moderna, agli inizi egli anni '50, molti artisti italiani (ad es. Fontana) e americani cercavano un'astrazione che sfociasse nella pittura, nell'azzeramento della materia e nel vuoto (vedi tagli e buchi di Fontana e spazi vuoti di Burri).
Un particolare riferimento va fatto a Consagra che, abitualmente, con i suoi vuoti definisce le scene di particolari paesaggi e crea la “forma vuoto” i cui profili assumono significati d'arte.
Come si può constatare il vuoto è stato considerato, sin dall'antichità orientale, il tutto. Quindi il vuoto e la materia vivono scambievolmente.
Si pensi anche all'architettura, che è uno spazio non chiuso ma racchiuso.
Io non voglio certo fare della critica a proposito dei “vuoti” di Napoleone esposti all'Elba, ma mi limito a ricordare che l'Arte è emozione, sintesi, eleganza, pensiero puro.
Italo Bolano