È uno stretto passaggio lastricato, quello che divide il Santuario e il basso romitorio; i due edifici sono legati indissolubilmente da secoli, lassù tra i castagni. La prima attestazione del romitorio risale al 1567, a quel 25 marzo in cui Costantino Salvi, vicario vescovile, salì da Marciana al Santuario della Madonna del Monte. In quel tempo, nel basso caseggiato, viveva Battista, un settantenne frate agostiniano che, appena incontrato il Salvi, non fece altro che tessere le lodi dell’onestà e laboriosità degli altri suoi compagni («alique domus in quibus cohabitat Batista heremita ordinis Santi Agustini annis setaginta»). Non abbiamo carte che lo comprovino, ma possiamo facilmente pensare che il romitorio sia stato costruito nel primo trentennio del Cinquecento, tempo in cui gli Appiano-Aragona permisero un ampio restyling del Santuario che da chiesa medievale divenne chiesa manierista grazie agli affreschi di Giovanni Antonio Bazzi, più noto come «Sodoma». Molti anni dopo, nel 1721, nel romitorio abitavano gli eremiti spagnoli José Segura e Thomas Esconenura; in seguito, Domenico Pisani ne fu il romita a partire dal 1735. Nel settembre 1738 il governatore Antonio Ferri salì alla Madonna del Monte e descrisse così il romitorio: «Alla parte destra nell’ascendere al monte in faccia alla detta chiesa, discosta sette passi, sonovi le sue celle composte di sei camere, ove stanno due eremiti ed un sacerdote (…) quale ha la provisione di pezze trenta l’anno, che li paga la Comunità di Marciana, non avendo altro obbligo che tre messe per ogni settimana.» Ma quello che più sconvolse la silenziosa vita del romitorio fu la permanenza dell’imperatore Napoleone Bonaparte, dal 23 agosto al 5 settembre 1814. Il luogo non fu scelto a caso da Bonaparte: vicino al romitorio si trovava già da alcuni anni, sul roccioso Masso dell’Aquila, una postazione telegrafica realizzata dal governo francese nei primissimi tempi del dominio elbano. Un «telegrafo ottico» che, tramite un codice alfanumerico, inviava segnali in codice. E infatti, nel 1805, il governatore dell’Elba scrisse al sindaco di Marciana: «È necessario che due guardiamarina destinati ai segnali che sono stabiliti sul Monte della Madonna di Marciana siano alloggiati nell’eremitaggio che vi esiste; vi prego di conseguenza di ordinare all’eremita di assegnare alli stessi un alloggiamento convenevole e che invigili che non vi facciano degradazioni.» Napoleone Bonaparte fece più o meno gentilmente sloggiare gli eremiti dal romitorio, e vi insediò i suoi più fedeli uomini, tra cui Henri Gatien Bertrand. Anche se aveva a disposizione un’ampia camera con due finestre e un attiguo studiolo, lui, l’imperatore, scelse di stare più spesso nella propria tenda da campo, allestita poco a valle del romitorio, in un fresco bosco di castagni. Ed è qui che accolse il suo giovane amore, la contessa polacca Maria Walewska con il loro bambino Alexandre. La camera del romitorio, che all’epoca conservava decorazioni settecentesche con toni pastello, fu comunque abitata dall’imperatore; come lui stesso scrisse in francese al fedele Bertrand, «mi mancano due scurini per le finestre della mia camera da letto, la terza ne ha; cercate di inviarmele domani. (…) Ci sono qui tre letti di ferro; ordinerò che se ne porti uno a Marciana per Madame. Ci sono quindici materassi.» Terminata l’epopea del Gran Còrso, la secolare tranquillità ripiombò sul romitorio della Madonna del Monte. Le delicate decorazioni parietali che vide Napoleone lasciarono il posto ad altre più roboanti, realizzate intorno alla metà dell’Ottocento: fondo grigio, losanghe vegetali con toni senape e fiori arancioni. Nel settembre 1905 il giornalista francese Paul Gruyer visitò il romitorio e così lo descrisse: «il rudimentale letto dell’eremita, composto da due X di ferro portanti quattro laterali e un semplice materasso di paglia piatto come una galletta, non deve differire dal letto sul quale dormiva l’Imperatore.» Gli fece eco, nel dicembre 1912, il giornalista Guelfo Civinini: «vi abitano ora i custodi della chiesa, un vecchietto e una vecchietta (…) quattro stanze in fila, basse, umide, oscure, ingombre di fasci di legna, di sacchi di granturco, di teste di cipolle.» Oggi nella «Camera di Napoleone» si conserva un antico letto pieghevole di ferro, dal tipico stile militare francese; ci piace pensare che sia stato veramente il giaciglio per i futuri sogni di gloria, volati da quella piccola stanza immersa tra i castagni.