L'ultima guerra mondiale era terminata da poco e nel porto di Marina di Campo, come pure sulla spiaggia, c'erano ancora i rottami e i relitti di guerra. In paese e in tutto il Comune di Campo nell'Elba mancava il lavoro. Erano in attività alcune cave di granito e la pesca era in ripresa, mentre, soprattutto dalle campagne, iniziava l'emigrazione verso terre lontane.
Ogni giorno, Salvatore Costantino, chiamato Tatò, andava a pescare nel mare vicino. Proveniente da Pozzuoli e residente a Campo da molti anni, si era sposato con Tilde Colombi ed abitava nel centro storico del paese, alle Scalinate, proprio all'inizio della salita e sulla destra, al primo piano del caseggiato, proprio sopra il cannoncino con la canna interrata verticalmente.
Ricordo ancora i suoi ritorni dalla pesca e quando, affaticato, scaricava il pesce. Normalmente pescava in mezzo al golfo, prima dello scoglio della triglia. Altre volte, come altri pescatori fra cui Francesco e Antonio Greco e Pasquale Esercitato, navigava a vela e a remi lungo la costa sud dell'Elba. Aveva una rete, tipo "sciapichello" o meglio "sciabichello" simile a una piccola sciabica, con cui usualmente pescava i bianchetti, a più di mezzo miglio dal porto campese.
Tilde vendeva il pesce nel vecchio mercato assieme a Leonilda, Nunziata, Santinella, Antonietta, Rosarina, Pompea.
Il mercato si trovava sul porto vicino al “Circolino Quadrato”, bar gestito da Antonio Ricci detto il Dottorino, e non lontano dalla cantina, mescita di vino con saletta per il gioco delle carte, di Antonietta la "pozzuolana". In quel periodo sia il bar che la cantina, meglio conosciuta come "Montecatini", erano frequentati dai pescatori e dai lavoratori del porto. Si giocava diffusamente a carte. Dominava il gioco del "Padrone e Sotto" conosciuto anche come "Passatella". Nel tardo pomeriggio o in tarda notte molti giocatori, inebriati di vino, uscivano da locali barcollando e accompagnati da qualche amico più sobrio. A casa li aspettavano le mogli o le madri preoccupate.
In quel tempo la maggior parte dei pescatori pescavano soprattutto con due tipi di reti, tramaglio e sciabica. Quest'ultima era strutturata con un sacco centrale a maglia piccola e da ogni lato un braccio di rete a maglia più larga, con sugheri in alto e piombi in basso. Principalmente si pescava operando da terra, sulle spiagge di Campo, Seccheto e Fetovaia. I pescatori (tre o quattro per lato) tiravano la rete, contemporaneamente, depositandola sulla sabbia. Nel sacco, arrivato sulla riva ed appoggiato sulla spiaggia, c'erano soprattutto triglie, salpe, lecci, cefali, aguglie, sogliole, saraghi, dentici e tanta alga.
Ogni mattina, Tatò, prima del sorgere del sole e pronto per andare a pescare con la sciabica, camminava per le strade e le piazze di Campo suonando la "tufa", una conchiglia marina utilizzata da molti pescatori su molte coste italiane sin dal tempo passato ma usata anche nelle isole del Pacifico. Soffiando a pieni polmoni nella tufa la conchiglia emetteva un suono basso, profondo, molto caratteristico e con la proprietà di diffondersi facilmente e di essere udito da lontano. Il suono matutino, molto intensoe prolungato, serviva per svegliare e chiamare a raccolta i pescatori ancora nel letto per poter successivamente partecipare alla pesca, tirando le reti dalla spiaggia.
Negli stessi anni c'erano anche altri pescatori venuti dal sud che cominciavano a pescare con barche meglio attrezzate (reti, palamiti, nasse), navigando lontano dalla costa verso ovest (Secca grande e Secca di mezzo canale) o nel mare a sud dell'Elba. Pescavano principalmente aragoste e granseole chiamate anche margherite. Alcuni di loro pescavano anche il corallo usando una attrezzatura particolare chiamata "ingegno".
Tatò pescava con le reti ma era altamente specializzato nella pesca dei bianchetti. Il "bianchetto" o "gianchetto" è il novellame di pesce azzurro, o meglio le forme giovanili dell'acciuga (Engraulis encrasicolus) e della sardina (Sardina pilchardus). Si presentano come una massa gelatinosa, biancastra e traslucida, di lunghezza raramente più di 2 mm. Oggi sono tutelati da rigide regole e quasi ovunque ne è proibita la pesca. I bianchetti sono raramente disponibili sul mercato e quelli che si trovano provengono frequentemente dai lontani mari asiatici.
Con la cottura i bianchetti diventano completamente bianchi.
Le donne elbane lo acquistavano per cucinarlo, facendo frittate e frittelle. Si cucinava anche in altri modi: Bianchetti al limone, Insalata di Bianchetti, Bianchetti saltati in padella.
Dopo essere stato impegnato molti anni nella pesca, con lo svilupparsi del trasporto via mare del granito e di altri materiali, Tatò iniziò a lavorare con la Carovana, gruppo di lavoratori operanti sul porto di Campo. Lo si vedeva spesso caricare e scaricare i bastimenti, assieme agli amici Garibaldi, Tista, Fabietto, Gino, Gabriello, Agostino, Ezio, Dalisio, Antonio.
Ricordo che alcuni ragazzi come Cesare Ditel, Piero Esercitato, Giampaolo Mattera, Mario Sandolo, Claudio e Luigi Baldetti amavamo mangiare i bianchetti crudi, appena pescati, direttamente sul molo. Aspettavano spesso Tatò ritornare dalla pesca.
Si avvicinavamo alle ceste di bianchetti scaricate sul molo e prendevano, allungando la mano non visti, pugni di bianchetti. Li mangiavano con ingordigia. I bianchetti venivano venduti da Tilde al mercato del pesce oppure venivano venduti a commercianti che li rivendevano in campagna e nei paesi vicini. Si era nell'immediato dopoguerra e talvolta, mancando il denaro, avveniva il baratto, cioè si consegnava il pesce e in cambio si ricevevano prodotti agricoli (patate, cipolle, verdura, frutta)
Giampaolo Mattera, oggi Comandante di navi mercantili in pensione, vive a Campo. Abitava vicino alla casa di Tatò e ricorda ancora gli anni della sua fanciullezza. Talvolta parla di lui e della pesca dei bianchetti nel golfo di Campo, nei mesi invernali. Dice di Tatò: "Era burbero ma poi si comportava da brav'uomo. Ha sempre avuto dei buoni rapporti con tutti i pescatori." Anche Elbano Battaglini, anche lui della marineria campese e in pensione da qualche anno, lo ricorda con benevolenza "Che uomo! Era corpulento e gran lavoratore, mai stanco da mattina a sera. Amava Tilde e faceva ogni sacrificio per la sua famiglia".
Alcuni anni fa, ho approntato la Mostra Fotografica dei pescatori campesi, allestendola alle Scalinate, proprio sotto le scale che portavano all'abitazione di Tatò. Un mattino una persona si è avvicinata alle immagini per poi salire fugacemente sulle scale. Alcune ore dopo è discesa. L'ho fermata invitandola a vedere le foto dei pescatori. Ha accettato. Abbiamo cominciato a parlare. Era un uomo molto gentile e si complimentò per la Mostra. Mi disse che i suoi nonni, famiglia di pescatori, avevano abitato per molti anni nella casa delle Scalinate, dove in quel momento stava passando delle vacanze.
Ci spostavamo pian piano mentre io illustravo i paesaggi marini, le barche da pesca, i pescatori. Improvvisamente la sua faccia si illuminò e mise l'indice della sua mano su l'immagine di un vecchio pescatore. Mi guardò e disse:" Questo è Tatò, mio nonno!"
Dopo qualche secondo di pesante silenzio, continuò: "Mio padre portò i miei nonni, ormai in età avanzata, a Livorno trovando loro una casa presso la nostra abitazione. Morirono alcuni anni dopo".
Da allora non l'ho più rivisto il nipote ... ma spero di poterlo incontrare ancora.
Raffaele Sandolo
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