L'ALBA DELL'UNITA' D'ITALIA ALL'ELBA E A PORTOFERRAIO (1859-1860)
Dopo il proclama dei "soldati toscani" dell'esercito granducale del 23 aprile 1859,il giorno dopo, il 24 aprile, alcuni reparti schierati fingono di non udire il comando di presentare le armi al granduca che a Firenze si reca al duomo per la celebrazione liturgica.
Il 25 aprile, in alcune caserme è spezzato il busto del granduca e lacerato il ritratto del comandante dell'esercito granducale, generale Ferrari.Vi sono frenetici contatti fra i capi dei vari schieramenti a favore dell'unificazione italiana,guidati dal barone Bettino Ricasoli.
Il 26 aprile 1859 l'impero austro-ungarico dichiara guerra al regno di Sardegna: inizia la seconda guerra d'indipendenza italiana. Durante la notte di questo giorno in Firenze vi è una riunione dei capi degli schieramenti politici favorevoli all'unificazione italiana.
Il 27 aprile una gran folla discende in piazza a Firenze per sostenere il regno di Sardegna nella sua guerra contro l'Austria inveendo contro quest'ultima.
Il granduca Leopoldo II, trincerato in palazzo Pitti coi suoi ministri convoca il principe Neri Corsini, dichiarando che è disposto a formare un nuovo governo, schierarsi contro l'Austria e concedere una costituzione.
Il principe Corsini si reca presso la sede diplomatica del regno di Sardegna dove sono riuniti i capi della rivolta della piazza.
Torna dal granduca con un ultimatum che è chiaramente inaccettabile, col quale si chiede: abdicazione del sovrano, destituzione del Ministero e del Generale che con gli ufficiali dell'esercito granducale si sono pronunciati contro il sentimento nazionale, un'alleanza col Piemonte, il comando delle truppe al generale Ulloa, l'adeguamento dell'ordinamento toscano a quello sardo.
Leopoldo II lascia Firenze con la famiglia.
Si rifiuta di abdicare anche se virtualmente sale al trono Ferdinando IV.
Non riconosce più il suo governo ma non ne crea un altro.
La sera stessa del 27 aprile 1859 il municipio di Firenze preso atto della mancanza di un governo legittimo nomina un Governo Provvisorio Toscano formato da Ubaldino Peruzzi, Vincenzo Malenchini e Alessandro Danzini.
Sorto senza aver incontrato alcuna opposizione armata da parte del cessato governo granducale ha innanzi a sé il complesso problema di assicurare il funzionamento dell'amministrazione statale: emana perciò subito decreto col quale stabilisce i rapporti fra il nuovo governo e le amministrazioni centrali, conferma sia legislazione vigente che i funzionari in carica
E' chiamato provvisorio perché è nell'animo dei membri del governo unire la Toscana al regno sabaudo di Re Vittorio Emanuele II è perciò di breve durata: gli stessi suoi componenti lo considerano puramente e semplicemente un governo di fatto costituito per i bisogni della pubblica sicurezza.
Infatti,il giorno dopo, il 28 aprile, il Governo Provvisorio Toscano offre la dittatura a re Vittorio Emanuele II il quale però ritiene opportuno non accettare vista la fluidità della situazione internazionale e anche la posizione non chiara di Napoleone III,imperatore di Francia, fondamentale alleato del regno sardo nella guerra contro l'Austria.
Vittorio Emanuele II si limita solo ad accordare la sua protezione e nomina commissario straordinario della Toscana Carlo Boncompagni, suo ambasciatore presso nella cessata corte granducale al quale affida funzioni di capo di stato senza menomare la sovranità toscana. La situazione internazionale non permette infatti al governo sardo di procedere all'annessione.
Cavour rispondendo all'indirizzo del Governo Provvisorio sostiene che la Toscana mantenga una amministrazione indipendente, pur affidando al re il comando supremo di tutte le truppe in modo da aiutare a condurre a buon fine la guerra.
Il Boncompagni dopo aver invano tentato di formare un direttorato di tecnici, l'11 maggio 1859 mette fine al governo provvisorio formando un gabinetto di governo costituito da personaggi locali toscani tra cui il barone Bettino Ricasoli al ministero dell'interno, Cosimo Ridolfi agli esteri ed istruzione pubblica, Enrcio Poggi al Culto,Raffele Busacca alle finanze commercio e lavori pubblici, il piemontese Paolo De Cavero alla guerra e comandante dell'esercito, il generale Girolamo Calà Ulloa.
Celestino Bianchi diviene segretario generale del commissario straordinario.
Nel governo così formato Ricasoli rappresenta la corrente che tende alla immediata fusione col Piemonte mentre Ridolfi e Poggi quelli che rappresentano la corrente autonomista.
La sovranità Toscana rimane intatta ma in realtà non esiste più un granducato in quanto Leopoldo II che, dopo essere fuggito da Firenze, si è rifugiato a Vienna alla corte asburgica,abdica il 21 luglio 1859 a favore del figlio Ferdinando IV il quale nè si insedia né abdica né cede formalmente i poteri.
Il 16 agosto 1859 l'Assemblea Toscana, eletta il 7 dello stesso mese, approva all'unanimità un documento proposto dal marchese Lorenzo Ginori Lisci modificato da una commissione, documento che recita:
"L'Assemblea dichiara che la dinastìa Austro-Lorenese, la quale nel 27 aprile 1859 abbandonava la Toscana, senza ivi lasciare forma di governo, e riparava nel campo nemico, si è resa assolutamente incompatibile con l'ordine e la felicità della Toscana.
Dichiara che non vi è modo alcuno per cui tale Dinastìa possa ristabilirsi e conservarsi senza oltraggio alla dignità del Paese, e senza offesa ai sentimenti delle popolazioni,senza costante e inevitabile pericolo di vedere turbata incessantemente la pace pubblica e senza danno d'Italia.
Dichiara conseguentemente non potersi né richiamare né ricevere la Dinastìa Austro-Lorenese a regnare sulla Toscana"