L’antologia, dice lo studioso Gianluca Casa che l'ha curata, delle fonti antiche che segue, ha lo scopo primario di offrire al lettore l’altra prospettiva, quella dei dati letterari sull’isola d’Elba (oltre a quelli archeologici, ndr). Da questo interessante studio, facilmente recuperabile in rete e comunque linkato più sotto, riprendiamo, dal capitolo “Della posizione e del nome”, quanto scrive Strabone, il geografo nato ad Amasya (attuale Turchia) verso il 60 a.c. citando a più riprese l'isola d'Elba con il suo nome di allora...
“Dalla città (nota. 8), poi, si riesce a vedere in lontananza, e a fatica la Sardegna e più vicino Cirno (n 9), che dista dalla Sardegna all’incirca 60 stadi (1 stadio=186 metri, ndr), e molto più di queste, Aithalìa, più vicina al continente alla distanza di 300 stadi, quanti ne dista anche da Cirno. Questa zona costituisce un eccellente punto d’imbarco per le tre isole suddette. Io stesso, salendo su Populonia, ho visto queste e certe miniere nella campagna, abbandonate. E ho visto anche quelli che lavorano il ferro portato da Aithalìa. Infatti sull’isola non si può fondere cuocendolo in fornace, e si porta dritto dalle miniere al continente. L’isola ha questo paràdoxon e anche il fatto che le miniere si riempiono di nuovo di minerali col tempo, come dicono delle cave di Rodi e della pietra marmorea a Paro e dei sali (n.10) in India, di cui parla Clitarco. Non è nel giusto Eratostene quando dice che dal continente non si avvistano né Cirno, né la Sardegna, e nemmeno Artemidoro che le fa stare entrambe in alto mare a 1200 stadi. E infatti, se (...)"
La citazione riportata, vecchia di duemila anni, testimonia dell'antico nome che all'isola d'Elba fu dato dai navigatori greci nel 5° secolo a.c.
Questa denominazione, oltre che sui libri di storia e geografia, è stata presente dal 1956, per sessant'anni, ben visibile sulle due navi Toremar che si sono avvicendate nel canale tra l'Isola e la costa.
Aver cancellato quel nome identitario di una comunità, come se fosse l'unico inevitabile sacrificio per ricordare degnamente una degna persona, è stato vissuto da molti come la rottamazione della Storia, di una parte della propria identità; non sarebbe stato così- hanno ripetuto in molti- se a cambiare nome fosse stata un' altra nave della flotta. Questo quindi il vulnus da non banalizzare in quanto-si è percepito- vasto e reale e al quale sarebbe opportuno rimediare, trovando il modo di far ritornare- altrettanto ben visibile- da qualche parte, il nome proprio di questa memoria.
CR