C’era una volta negli anni ‘50 in cui la maggior parte dei circa 10.000 residenti di Portoferraio viveva entro la città murata. Le abitazioni erano densamente popolate. Quattro passi e trovavi tutti i servizi: Comune, Ospedale, Ufficio Postale, Vigili del Fuoco, due Confraternite di soccorso e assistenza, due banche, due giornalai, cinema, pochi bar e pochissimi ristoranti.
In Piazza erano gli studi dei professionisti: ingegneri, geometri, avvocati, ...
Le botteghe ai piani terra erano occupate dagli artigiani e dai negozi: elettricista, fotografo, marmista, calzolaio, mobiliere, marmista, orefice, farmacia, tipografia, due ferramenta, …
Via del Mercato era il centro del mondo con i banchi della frutta, e del pesce, il macellaio, il polpaio, il Castagnacciaio e la latteria (non esisteva il latte confezionato).
I giardinetti di piazza della Repubblica offrivano ombra, spazio di gioco dei bimbi e per le bancarelle del mercatino del venerdì.
Al molo davanti alla porta a Mare arrivavano i piroscafi trasportavano una mezza dozzina di auto rizzate con il bigo di carico . A fianco in Calata era il capolinea degli autobus di Lorenzi. In Piazza stazionavano un paio di carrozzelle.
Mancavano i frigoriferi e nonna Lina tutti i giorni andava a fare la spesa al mercato. Nel frattempo nonno Mario, giornalista, fondatore e direttore del Corriere Elbano, seguiva il ciclo dell’informazione: in Piazza dal De Pasquali per comprare i giornali che leggeva al bar Roma dove controllava la Piazza e l’ingresso del Comune, oppure in darsena all’arrivo dei piroscafi; poi al tavolino in Tipografia da Leonida dove scriveva i pezzi e li affidava ai compositori che componevano il giornale prendendo un carattere per volta da una cassettiera.
Quello che non c’era una volta erano le auto, del resto non se ne sentiva la mancanza.
Negli anni ‘60 è boom del turismo e delle automobili. Negli spazi lasciati liberi dagli altiforni nasce il Molo Massimo dove attracca la nave Aethalia, capace di imbarcare a livello un’ottantina di auto. Il grattacielo e il residence segnano il nuovo profilo della Rada con un richiamo alla stazione di lancio dei missili.
Negli anni ‘70 Campos Venuti disegna la nuova strada a quattro corsie prontamente realizzata. Scade la concessione degli altiforni e il Comune si impossessa dell’area delle antiche saline per realizzare un’area industriale che oggi è a tutti gli effetti un’area commerciale, artigianale e di servizi. Chiude la cementeria sostituita da un cantiere navale.
A partire dagli anni ‘80 la nuova espansione urbanistica occupa il versante delle colline sopra strada in area dove è impossibile realizzare efficienti servizi di trasporto pubblico. I Portoferraiesi si trasferiscono fuori porta dove trovano una casa con i servizi “moderni” e il parcheggio sotto casa. Il centro storico diventa una seconda scelta poco gradita dai portoferraiesi ma di interesse per immigrati e turisti.
Si rafforza il porto con i nuovi moli. Via Carducci e Via Manganaro sono liberate dal traffico di accesso al porto e diventano l’asse dei servizi, peraltro troppo lungo per una percorrenza pedonale. Negozi, banche, agenzie immobiliari, Ospedale, Vigili del Fuoco, Poste e scuole si trasferiscono fuori porta. Nasce la grande distribuzione. La mobilità automobilistica è l’unico mezzo per risolvere una città policentrica e filiforme. Si contano oltre 650 automobili ogni 1000 abitanti compresi bambini e anziani. I dodicimila veicoli immatricolati a Portoferraio messi in fila occuperebbero 48 chilometri di strada.
E’ la fine di un ciclo e l’inizio della decadenza. Il centro storico non è più il centro della vita della comunità locale. Diventa il centro del tempo libero soffocato dalle auto degli aspiranti pedoni, da tavolino selvaggio, dal decoro urbano incoerente, dall’inquinamento acustico. La darsena si trasforma in un porto turistico per forestieri al margine della strada di accesso al centro. Arrivano i crocieristi che passeggiano tra auto in sosta selvaggia e negozi chiusi.
La storia di molti posti insegna che i quartieri decadenti e popolari del centro cittadino sono destinati alla “gentrificazione”. Una nuova classe di abitanti benestanti promuove un processo di recupero immobiliare destinato a sostituire la popolazione meno abbiente imitandone il modello di relazioni sociali e spaziali. La rivalutazione dei valori immobiliari indotta dalla gentrificazione produce come conseguenza l’emarginazione delle classi deboli e la creazione di nuove centralità periferiche. La nuova popolazione richiede nuovi servizi di qualità: consumo culturale, mobilità pedonale, ciclistica e pubblica, rinascita delle piazze come centri di aggregazione, decoro urbano, attenzione ai sistemi ambientali, accesso a internet veloce, internazionalizzazione, albergo diffuso.
Chi governerà la “gentrificazione” del centro storico di Portoferraio?
Paolo Gasparri