Da circa 15 anni, i detenuti ospiti della Casa di reclusione di Porto Azzurro hanno la possibilità di affrontare gli studi universitari. Il progetto è nato dalla collaborazione fra l'associazione di volontariato Dialogo e l’area educativa del carcere elbano, con il contributo economico della Fondazione Livorno. <<Universazzurro>>, questa la denominazione, dà la possibilità ai detenuti che hanno conseguito il diploma di continuare gli studi universitari senza doversi trasferire altrove. Come è noto, dalla metà degli anni Novanta esiste una sezione carceraria del liceo scientifico “Foresi”, a cui si è aggiunto lo scorso anno l'indirizzo Agrario “Cerboni”. Spiega Licia Baldi, presidente di Dialogo: <<Il progetto si fonda sulla convinzione che lo studio, insieme al lavoro, offre ai condannati l’opportunità per una sincera revisione critica del proprio vissuto, un percorso di crescita personale e un cambio di prospettiva che allontana dalla commissione di nuovi reati. La cultura è libertà, impegno, momento di dialogo, fatica che richiede senso del dovere, e la crescita culturale è un patrimonio sociale da incrementare a beneficio di tutti. Il possesso di maggiori capacità critiche favorisce certamente una collocazione più consapevole all’interno della società, con cognizione dei diritti e dei doveri e senso di responsabilità nei confronti dei cittadini e delle istituzioni>>. L'iniziativa apre il carcere all’esterno, creando un contatto, un ponte con la società nella convinzione che chi ha deviato debba ritornare in essa più consapevole, dotato di qualche strumento in più. E' un contributo, forse non importante da un punto di vista numerico, ma sicuramente significativo per l’impatto con la società civile, per il recupero, la riabilitazione, la risocializzazione di persone che hanno sbagliato ma non per questo devono vedere sminuiti i loro diritti di uomini e cancellate le loro potenziali capacità intellettuali. <<Dare ai detenuti – aggiunge Daniele Palmieri, da anni volontario referente del progetto - la possibilità di intraprendere, sia pure tra tante difficoltà, un percorso di studi universitario, fa si che il carcere possa venir visto non solo in funzione della pena ma anche e soprattutto in funzione della rieducazione di uomini più liberi e consapevoli>>. E ricorda le fasi principali del progetto: dal colloquio con gli educatori alla predisposizione del materiale, dall'orientamento all'iscrizione, ai contatti con i docenti di Pisa e Firenze, fino al servizio di tutorato per il sostegno allo studio. Il tutor è una figura decisiva perché lo studio, come ogni altra attività umana, può andare incontro a errori ed è facile <<cadere nello sconforto ed essere tentati di abbandonare il campo, specie in un contesto quale quello carcerario dove le condizioni non sono certo le più ottimali>>. Attualmente, gli universitari sono quattro, a cui stanno per aggiungersene altri quattro.
Nei giorni scorsi l'esperienza elbana è stata presentata al Convegno nazionale <<L'Università del carcere – L'esperienza dei poli universitari penitenziari>> che si è svolto a Firenze. Era presente la volontaria di Dialogo Loredana Pugliese che collabora nel progetto Universazzurro, insieme ad Annarosa Valencich che, sebbene trasferita a Pisa, continua a dare una mano agli studenti di Porto Azzurro. Nella due giorni si sono confrontati esponenti dei diversi mondi che si incrociano in questo settore: accademico, penitenziario e del volontariato. Tutti hanno mostrato disponibilità a continuare e consolidare l'esperienza dell'università <<del>> carcere. Ma la strada è ancora in salita, tanto da chiedersi se sia possibile veramente per i detenuti esercitare il diritto allo studio? gli spazi, all’interno del carcere sono adeguati allo studio? possono i detenuti usufruire dei supporti informatici? e il dopo carcere? La burocrazia, il servizio di tutoraggio, le agevolazioni economiche. Sono tutti aspetti che ancora presentano delle difficoltà. << La vera sfida è la nascita di un polo universitario in ogni carcere>>, ha detto il Sottosegretario alla giustizia Cosimo Maria Ferri. Da parte sua, il garante regionale dei diritti dei detenuti Franco Corleone ha affrontato il tema della quotidianità del carcere: la conformazione delle celle, le biblioteche (spesso non accessibili) non sono adeguate alle esigenze dei detenuti studenti: <<occorrerebbe ripensare l’architettura del carcere per garantire veramente il diritto allo studio>>. Il tema della quotidianità del carcere è stato ripreso da Nedo Baracani, sociologo e docente. <<La quotidianità in carcere – ha sottolineato - è scandita nella quotidianità della mattina, del pomeriggio e della sera; certo, la quotidianità più terribile in carcere è quella notturna quando spenta la tv si sente il peso del vuoto esistenziale; durante la notte queste persone sono sole con i loro pensieri: chissà se l’istanza è stata inoltrata, chissà se i familiari stanno bene; ci sono le telefonate, persone che sentono i familiari una volta alla settimana che se tardano un solo minuto e perdono il turno dovranno rimandare alla settimana successiva; ci sono i colloqui e c’è l’elenco dei cibi proibiti. Ecco, la quotidianità in carcere è fatta di queste cose. Bisogna avviare una riflessione vera sulla quotidianità>>.
Francesco Palazzo (docente di diritto penale nell’Università di Firenze) è intervenuto sul tema <<La pena carceraria tra vecchi e nuovi riformismi>>. Attraverso un excursus sull’evoluzione della pena, ha sottolineato che oggi <<la pena carceraria vive una contraddizione: da una parte si coglie la novità che i magistrati ipotizzano “il fine pena ora”, dall’altra il legislatore ricorre sempre più al carcere. Si è in bilico tra il rifiuto del carcere e l’indulgere al carcere, anche se negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione verso la giustizia riparativa (che richiede l'esercizio della difficile arte della mediazione), un modello che si oppone a quello della giustizia punitiva>>. Molti altri sono stati gli interventi, dai rettori delle Università alle segretarie amministrative del polo penitenziario, agli educatori, ai rappresentati della politica, agli studenti detenuti i quali hanno portato la loro esperienza diretta dello studio in carcere.
<<Il Convegno – commenta Loredana Pugliese - ha costituito un primo fondamentale appuntamento nazionale per confrontarsi sulla formazione universitaria in carcere. Esso ha messo in evidenza i punti critici su cui lavorare: gli spazi, la burocrazia ,il reale esercizio del diritto allo studio in carcere, la quotidianità del carcere, la difficoltà di un autentico lavoro di rete. Ma i poli universitari penitenziari ormai sono una realtà in forte espansione nel nostro Paese. Si dà così la possibilità ad un numero crescente di persone in detenzione di proseguire gli studi e di fare della cultura uno strumento di risocializzazione e di cambiamento. Al termine dell'appuntamento fiorentino è stato presentato il nuovo accordo interistituzionale per il polo universitario penitenziario della Toscana e promossa l’attivazione di un coordinamento nazionale delle esperienze universitarie in carcere>>.
Nunzio Marotti - [da Toscana Oggi del 24 dicembre 2017] -