Guardo “Propaganda live” su la7, e Diego Bianchi intervista Francesco Guccini, che non vuole parlare di politica.
Gli chiede quale musica ascolti, quali riferimenti poetici abbia, quali siano i fondamenti di quella che lui non vuol chiamare “cultura” ma che accetta di riconoscere come arte sedimentata, come patrimonio comune anche del tempo presente.
Viene fuori un elenco molto stringato, e assai poco “di tendenza”. Viene fuori Victor Hugo, Fabri Fibra, Beethoven, Capareza, Dvorjak, e altri, ma non moltissimi.
Mi ha colpito un nome fra tutti: Pietro Gori.
Mi ha colpito.
Luigi Totaro