18. Da Zitto e nuota! - La muta subacquea (parte 1)
Visto che a bordo non sembrava necessario il mio aiuto a sistemare le cose, mi accinsi a girellare per il paese di Capraia. Sul molo, c'erano due giovanotti che si infilavano la muta subacquea e si accingevano a immergersi. Fu come una rivelazione: mi ricordai solo allora di aver portato, tra i miei numerosi bagagli, anche tutta l'attrezzatura subacquea per fare, se fosse stato possibile, qualche ripresa fotografica. Cosa poteva esserci di più bello che fare un'immersione nelle acque riparate e calme del porticciolo, mentre fuori del molo il mare scatenava tutta la sua rabbia, pungolato dal vento di ponente?!
Mi diressi a bordo, presi le due pesanti sacche che contenevano tutto l'occorrente e mi avviai verso un angolo del porticciolo che mi sembrava il più idoneo per l'immersione.
Posai per terra le borse e ne vuotai il contenuto. In ordine di svuotamento tirai fuori:
1. la maschera (arancione, con le lenti da vista incorporate nel vetro)
2. il boccaglio (nero, con una strisciolina arancione in cima, per essere notato da lontano)
3. due pinne nere (enormi, con una superficie natatoria impressionante, per una maggiore stabilità in caso di riprese cinematografiche o fotografiche dei fondali)
4. un grosso pugnale seghettato, col manico arancione, galleggiante, con un cintolino da agganciare al polpaccio (per staccare conchiglie e anche per «non si sa mai»...)
5. una cintura azzurra con infilati cinque piombi da un chilogrammo ciascuno (per poter «andar giù» con facilità e rapidità)
6. una rete a sacco, chiusa da un pesante elastico che si agganciava intorno alla vita (in modo da mettere in questo sacco-grembiule conchiglie, pesci, macchina fotografica o altro, semplicemente sollevando l'elastico e lasciandolo poi ricadere)
7. un grosso profondimetro da appendere al collo (per aver sempre presente la situazione, semmai mi fossi spinto a profondità abissali senza rendermene conto)
8. un vistoso orologio-cronometro subacqueo con lancette fosforescenti, impermeabile fino a duecento metri di profondità
9. un variopinto palloncino gonfiabile (per segnalare alle barche la presenza di un sub)
10. una lunghissima corda bianca di nylon (o sagola) per detto palloncino (attualmente aggrovigliata e annodata in modo allucinante)
11. un gonfiatoio a pedale, sempre per detto palloncino
12. un cappuccio nero tipo passamontagna, fatto della stessa pesante gomma della muta (per non prendere freddo e umidità alla nuca, se l'immersione avesse dovuto protrarsi per molte ore, specie con l'acqua fredda)
13. un paio di guanti neri, con le dita palmate, sempre dello stesso tipo di «stoffa» della muta. A dire il vero sia per i guanti che per il cappuccio io avevo avuto delle perplessità, circa il loro acquisto, ma il commesso aveva molto insistito sul fatto che mi sarebbero stati utilissimi perché l'acqua, in certe località, era particolarmente «umida », e ciò avrebbe potuto nuocermi alla salute. Provai a fargli notare che, essendo medico., avrei potuto agevolmente curarmi non appena avessi scorti i primi sintomi di un reumatismo, ma quello non si lasciò intimorire. Anzi, il fatto di sapere che io fossi un medico parve dargli nuovo slancio ed entusiasmo, e si lanciò in una approfondita e circostanziata descrizione della malattia reumatica dalla quale, disse, era afflitto un suo parente, e ribadì poi accoratamente la necessità di un'attenta prevenzione della malattia stessa, che appunto poteva essere fatta soltanto mettendosi quel particolare cappuccio e quei guanti che, avendo all'esterno la gomma impermeabile e all'interno il caldo poliuretano sintetico, evitavano a parti delicate come collo e mani di «umidificarsi» (sue testuali parole). Poiché stava per lanciarsi in un'accalorata disquisizione sull'artrite cervicale e i suoi sintomi, decisi di acquistare passamontagna e guanti
14. uno scatolone enorme, pieno di borotalco, da poter copiosamente spargere sul corpo prima di mettere la muta perché, essendo questa aderente, non avrebbe potuto altrimenti scorrere bene sul corpo nell'infilarla o sfilarla. Infine, ultima estratta dalle borse, ma prima per importanza, lei, la muta vera e propria, composta di due pezzi
15. i pantaloni con salopette, aderentissimi (tipo tuta di Nureiev), in pesante tessuto pluristratificato, con poliuretano spugnoso dentro, di colore rosso, capace di neutralizzare le più basse temperature, due strati di qualcos'altro in mezzo, e uno strato di pesante gomma fuori, nera con qualche fregio giallo di abbellimento
16. la giacca a maniche lunghe, con un vistoso «sottogamba» (cioè una fettuccia passante che univa il didietro col davanti passando per sotto, in modo che la giacca stessa non avesse a sollevarsi verso l'alto quando uno era in acqua). Anche la giacca in questione, naturalmente, era fatta con lo stesso materiale dei pantaloni, ed era molto attillata per non far entrare l'acqua dal collo o dalle maniche. La muta era galleggiante (perciò occorrevano i piombi per andar giù).
In una terza borsa, a parte, avevo messo l'attrezzatura fotografica ma, vista la mole degli oggetti sparsi intorno a me, giudicai opportuno non aprirla nemmeno. Tanto più che ricordavo, con un senso di disagio che cominciava vagamente a prender forma, che quella muta mi aveva già dato, in passato, dei problemi.
Continua...
Gianfranco Panvini