Il 25 aprile di 74 anni fa l’Italia veniva liberata e si incamminava, passando dal ritorno al dibattito politico e dalla Costituente, verso la democrazia. Oggi abbiamo il dovere di ricordare tutti coloro che furono tormentati dalle scelte politiche scellerate della direzione fascista e dalle conseguenze che ne derivarono, come le vittime dello stragismo nazista, i caduti innocenti della guerra civile, o le migliaia di soldati deportati e mandati a morire lontano da casa. Ma per l’occasione vorrei dedicare un pensiero ad una delle categorie di persone che durante il regime patirono tanto dal punto di vista fisico che da quello puramente interiore. Mi riferisco ai detenuti politici i quali nel loro profondo furono afflitti forse più di chiunque altro, sapendo di non poter fare nulla da dietro le sbarre per accelerare i tempi per la rinascita di un’ Italia libera e giusta. Dopo l’armistizio alcuni furono fucilati, alcuni perirono nelle circostanze della guerra, altri furono scarcerati e vissero a lungo con le loro famiglie.
Negli anni seguenti all’omicidio Matteotti, nella fase di consolidamento del regime, venne ristretta ogni libertà individuale tra cui il diritto di esercitare la propria fede politica ed esporre le proprie idee. Coloro che non vollero accogliere la visione dello Stato e della società che aveva Mussolini, né assoggettarsi tacitamente al suo partito, furono perseguitati, condannati e reclusi nelle patrie galere come Pianosa, dove nella diramazione del Sembolello si avvicendarono illustri pensatori tra i quali anche il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Anarchici, socialisti, comunisti, liberali, italiani, sloveni e francesi, caddero nella rete dell’O.V.R.A, la polizia segreta fascista, e furono vittime del doloroso e inappellabile giudizio del Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato che giorno dopo giorno dispensava anni di galera ai “sovversivi”. Questi, secondo i gerarchi, rappresentavano una minaccia per l’ordine pubblico poiché ritenuti capaci di intraprendere una lotta contro il fascismo imperante. Erano condannati in nome del popolo italiano per essere nemici dell’ordine costituito.
Dopo l’8 settembre iniziarono, per i più fortunati, le scarcerazioni che si protrassero per tutto il 1944. Uno di questi fu Mario Corona, di origini sarde poi sindaco di Fucecchio dal 1975 al 1980; nella sua autobiografia “Ricordare non è peccato” così si esprime nell’introduzione:
“..l’esultanza della ritrovata libertà fu immediatamente stemperata dal ricordo dei compagni di prigionia periti e dalle ferite interiori che avrebbero per sempre marcato la mia esistenza. Nessuno potrà cancellare sei anni di dolori, di paure, di privazioni incredibili, di torture, di prevaricazioni, di delusioni e di amarezze. Nessuno deve perciò dimenticare il prezzo che noi carcerati politici dovemmo pagare per assicurare a tutti l’esercizio dei diritti fondamentali. Dimenticare questo debito di riconoscenza nei nostri confronti sarebbe davvero un peccato mortale..”
E dal sanatorio pianosino scrisse, una sera d’agosto del 1943, poco dopo che alcuni suoi compagni furono liberati, questi versi, forse convinto che la poesia, e io sono assolutamente d’accordo, sia una delle forme d’arte più adatte per ricordare, e tramandare i sentimenti che la cagionarono.
“La Guerra Continua”
Vi voglio fare mo’ una relazione
con poche pennellate di traverso
che vi doni, dall’uno all’altro verso,
un quadro della nostra situazione.
Il Paese, per noi, canta ed inneggia
il governo delibera il rilascio
di quelli che pugnaron contro il fascio
e la stampa ci incensa e ci festeggia.
Ci dicon che siam l’eroica schiera
i martiri d’Italia, i Santi, i Cristi,
le vittime dei barbari fascisti
e, in compenso, ci lasciano in ..galera.
Ma non sarebbe ora che, in sordina,
cominciassimo a dire a quei signori
che l’incenso, le lodi, i canti e i fiori
non fan – come le chiacchiere – farina?
O che le nuove gerarchie monarchiche
– nate nel tradimento e nelle frodi –
ritengono le chiacchiere e le lodi
buone per fare le farine autarchiche?
Non s’illuda Savoia, il tirannello,
non si montino Pietro ed Umbertino,
com’è finito per il lor cugino
finisce anche per loro il tempo bello.
Avanti, avanti, o Popolo tenace,
addosso agli oppressori e agli assassini;
vogliamo alla lanterna Mussolini.
Viva la Libertà! Viva la Pace!