Michele Gesualdi è morto due anni fa, al termine di una malattia degenerativa. E' riuscito a completare il libro sul suo maestro don Lorenzo Milani, un atto di amore e di verità.
Gesualdi ha fatto parte del primo gruppo di sei ragazzi accolti nella scuola di Barbiana nel 1956. <<Don Lorenzo Milani>> (San Paolo 2017, pp.255, 16 euro) reca come sottotitolo <<L'esilio di Barbiana>>. E Gesualdi cerca di delineare il percorso che ha portato il prete all'esilio del Mugello. L'autore si sofferma sul periodo di formazione in Seminario e sull'esperienza pastorale nella parrocchia di Calenzano.
Gesualdi ha conosciuto come pochi don Milani, avendo vissuto con lui a Barbiana ed è quindi un testimone privilegiato. Inoltre, l'autore ha avuto modo di visionare documenti inediti e ascoltare molte testimonianze.
Ne viene fuori il volto di <<un prete, un maestro, un uomo, un "padre" che ha fatto del suo sacerdozio un dono ai poveri più poveri>>.
Il prete di Barbiana non è stato capito dai vertici della Chiesa e solo negli ultimi tempi è stato rivalutato. Basta ricordare la visita di papa Francesco nella piccola località toscana nel giugno del 2017. Un riconoscimento ecclesiale della esemplarità della sua vita nel servizio al vangelo, ai poveri e alla Chiesa. Un servizio, sottolineò il Papa, all'educazione di coscienze libere e responsabili, impegnate sul fronte della giustizia sociale della pace.
Il prete visse l'esilio a Barbiana nell'accettazione e nella libertà, perchè non esitava ad esprimere il suo pensiero. Ma sempre nell'obbedienza alla Chiesa. Scrisse infatti: <<Io non rinuncio ai sacramenti per le mie idee; non me ne importa nulla; perché io nella Chiesa ci sto per i sacramenti, non per le mie idee>>.
Riferendosi all'opera milaniana, Gesualdi commenta: <<per realizzare opere importanti non occorrono grandi mezzi, basta non arrendersi e amare molto la causa che si è scelto di servire>>. Un modo anche per dire il valore della povertà. Barbiana rappresenta un'importante esperienza che cambia don Milani, trasformandolo. Ed è per questo che <<gli ultimi lo seguono e lo amano. I forti, dentro e fuori la Chiesa, lo temono e lo perseguitano. Lui non si arrende e pagherà duramente la propria coerenza al Vangelo>>. Così Gesualdi descrive l'inculturazione a Barbiana: <<Don Lorenzo si radica in modo sempre più profondo in quel mondo povero di parola, di futuro e di speranza, divenendo insieme padre, maestro e figlio dei suoi montanari. Con la scuola, dona e riceve. Dona ai figli dei contadini di Barbiana gli strumenti culturali che possiede, soprattutto il dominio della parola, per non essere più ingannati e camminare nella vita da persone libere. In cambio riceve la cultura nuova dei poveri che lo trasforma dandogli occhi, orecchi, bocca e cuore nuovo che ne fanno un uomo diverso. Da ultimo è povero tra i poveri, parla scarno come loro, vede i problemi con i loro stessi occhi, vibra come loro dal desiderio di un mondo più giusto ed equilibrato>>.
La vita del prete fiorentino è un seme che ha dato frutti nel mondo della scuola, nella Chiesa e nella politica. Oggi è ineludibile l'impegno a continuare nell'opera di liberazione dall'ignoranza e da ogni oppressione. Per essere uomini. E come ricorda nella postfazione don Ciotti, <<essere consapevoli significa essere responsabili, significa mettere la nostra libertà al servizio di chi libero non è>>.
Sia permesso concludere, in questo tempo di sperimentazione di nuove forme di didattica (<<a distanza>>), con un richiamo al pericolo che la scuola possa essere <<un ospedale che cura i sani e respinge i malati>>. Può capitare, se ci si dimentica delle disuguaglianze economiche e culturali che ostacolano la piena fruizione di una didattica a distanza.
Nunzio Marotti (in pubblicazione su Toscana Oggi)