Era la calda estate 1986 all’Isola d’Elba. Il sole, il mare, le spiagge, i turisti dappertutto. Meno che nel carcere di Porto Azzurro, dove regnava soltanto la canicola che arroventava i muri, i cancelli e le sbarre del penitenziario. Affliggendo ancor più, se possibile,i quattrocento detenuti che vi scontavano la loro pena e gli stessi operatori dell’istituzione.
Un evento del tutto straordinario venne a interrompere, meglio a sospendere almeno per un pomeriggio, l’oppressiva reclusione eseparatezza dell’istituzione carcere dal clima vacanziero di un’isola incantevole e spensierata. Era l’estate che preludeva l’approvazione della riforma penitenziaria dell’ottobre 1986, più nota come legge Gozzini, e l’attesadi un grande balzo nella qualità della vita delle prigioni italiane serpeggiava tra i reclusi ed era palpabile anche tra gli operatori. Era il concetto stesso di reclusione che, a breve, sarebbe stato modificato. Gli alti muri di cinta e la serie degli infiniti cancelli rimanevano tali, ma il carcere si sarebbe aperto al mondo esterno, al suo territorio e alla comunità libera. E nell’attesa nascevano allora le cooperative sociali, sorgevano attività varie condotte da operatori volontari: corsi scolastici superiori, iniziative culturali e ricreative, convegni e conferenze, laboratori teatrali dove i rispettivi ruoli erano interpretati sia da detenuti attoriche da giovani studenti e altri liberi cittadini.
Fu così che, già l’anno prima, la direzione del carcere elbano, ottenute le indispensabili autorizzazioni ministeriali, riuscì ad organizzare un concerto di Lucio Dalla, offerto gratuitamente dall’artista e dal complesso musicale degli Stadio, tenuto sotto un tendone del circo Togni montato per l’occasione sul campo di calcio del penitenziario. All’evento assistettero oltre millecinquecento liberi cittadini nominalmente invitati dalla direzione delcarcereed i quattrocento detenuti in esecuzione di pena. Tutto si svolse in perfetto ordine e senza inconvenienti. Il clima fu quello allegro e musicale, tipico dei grandi concerti di massadei piùfamosi e valenticantautori italiani.E, in tutti i sensi, fu un autentico successo.
Dopo quella prima molto positiva esperienza, per una fortunata coincidenza capitò che l’allora direttore del carcere, Cosimo Giordano, partecipando in apertura della stagione turistica ad una cena chic presso un ristorante di Porto Azzurro conobbe la press-agent di Francesco Guccini, in vacanza all’isola d’Elba. Parlando del più e del meno, le disse del concerto di Lucio Dalla, lasciandole capire che quell’evento si sarebbe potuto replicare. Non passò una settimana che la press-agent telefonò al direttore Giordano per dargli la piena disponibilità di Francesco Guccini. Quanto al cachet del cantautore, la manager disse testualmente: “Tenete pronta una buona bottiglia di vino bianco secco bello fresco e andrà bene così”. Naturalmente la direzione del carcere offrì al cantautore e alla sua équipe il soggiorno presso il miglior albergo di Porto Azzurro e si fece carico di tutte le spese per il tendone, per l’allestimento del palco, per le attrezzature elettronichedell’amplificazione sonora. E... per una cassa di bottiglie di Ansonica, uno dei buoni vini bianchi dell’isola d’Elba, debitamente conservata in fresco per l’evento.
Non ricordo se fosse il mese di luglio o di agosto. Fatto sta che sotto il tendone del circo Togni, anche questa volta montato al campo sportivo dentro le mura, trovarono posto ben duemila ospiti invitati tra la cittadinanza elbana ed i quattrocento detenuti del penitenziario, oltre allo staff direttivo dell’istituto e le autorità locali e della magistratura di sorveglianza.
Quanto alla cronaca di quel pomeriggio, non c’è di meglio che rimandare al servizio, anche fotografico, che La Grande Promessa, il mensile che si pubblicava a Porto Azzurro a cura dei detenuti, ha dedicato al concerto di Guccini. Da parte mia, io che non sono un vero musicofilo, devo dire che tre cose ricordo bene di quel piacevole pomeriggio: Francesco Guccini che cantava La locomotiva, che cantavaAuschwitz e poi Dio è morto, sempre accompagnato alla chitarra dal fido Juan Carlos Biondini, detto Flaco, e le bottiglie di Ansonica che, prima o dopo una canzone, Guccini acchiappava da sotto la sedia e tracannava allegramente con soddisfazione.
Lorenzo Bozano