«Posso però assicurare che al racconto corrisponde in gran parte una documentazione orale, il cui carattere tradizionale merita rispetto». Così nel 1924, 110 anni dopo i fatti napoleonici elbani, scriveva l’avvocato marcianese Edmondo Rodriguez Velasco nel suo libro «Napoleone alla Madonna del Monte di Marciana». Tra i numerosi eventi napoleonici riportati nel testo, degno di menzione è quello riguardante la visita imperiale a Poggio. Durante i giorni di relativa quiete passati alla Madonna del Monte di Marciana, Napoleone Bonaparte visitò il vicino paese di Poggio nella mattinata del 27 agosto.
Il giorno prima, 26 agosto, dalla Madonna del Monte scrisse al fedele maresciallo Henri Gatien Bertrand una delle sue consuete e pressanti missive, lamentando proprio l’inadeguatezza della strada tra Poggio e Marciana: «La route de Marciana à Poggio n’a presque rien de fait. Donnez l’ordre à l’intendant de donner 20 sous par jour à quarante ouvriers pour faire cette route sur un mètre de large et de manière qu’elle soit commode pour les gens à pied et les voitures. Ce sera une dépense de 200 francs environ, qui seront pris sur les 2000 francs qui sont à la Commune. Marciana étant un lieu unique dans l’île pour la fraîcheur et pour l’eau, je désire qu’on fasse le projet d’une bonne route qui conduise à la Marine de Marciana. Cette route serait très avantageuse aux deux villages pour leurs communications, et on pourrait alors terminer la route de Procchio à Marciana, qui est déjà tracée, et faire faire le devis».
Ma torniamo al 27 agosto. Venendo a cavallo da Marciana insieme al segretario Rathery, al medico Foureau de Beauregard e all’ufficiale marcianese Bernotto Bernotti, l’imperatore aveva lasciato cinque suoi soldati ad approntare dei rudimentali sedili con dei piccoli massi presso la vecchia Fonte dell’Acquaviva, dove, al ritorno da Poggio, avrebbe passato un momento di quiete dissetandosi con quell’acqua speciale già nota, per la sua freschezza, alle cronache settecentesche; già a quel tempo esisteva la fonte-lavatoio inglobata in un’armoniosa struttura, la cui copertura a due falde venne restaurata esattamente un anno dopo (agosto 1815) e successivamente nel 1820. Presso le prime case di Poggio in località Cataste – edifici poi demoliti nel 1963 con l’allargamento della strada provinciale – i «pucinchi» vollero omaggiare l’imperatore allestendo un festone di «mortella», ovvero di mirto, con un ancestrale retaggio decorativo già presente negli affreschi pompeiani.
Napoleone fu accolto con un piccolo trionfo, al suono delle campane sullo svettante campanile del paese e degli scoppiettanti mortaretti; una bellissima ragazza, Elisabetta Pavolini detta «La Carina», andò incontro all’imperatore porgendogli una composizione floreale e ne fu contraccambiata con il libro «Les cinq codes» che Napoleone aveva con sé (questo massiccio ma piccolo volume passò in eredità ad Assunta Berrettoni, discendente di Elisabetta Pavolini, che lo donò all’architetto Paolo Ferruzzi). L’emozione, in tutti, era tangibile. All’imperatore si presentarono subito i notabili del Poggio, tra cui Vittoria Mazzarri – moglie di Pietro Traditi, «maire» di Portoferraio – che, come scrisse Paolo Ferruzzi, «non poca parte ha (…) nelle visite fatte da Napoleone nel piccolo paese, nell’essergli da guida per le tortuose vie, nel riceverlo nella casa avita di Piazza del Pesce e nel presentarlo alle più autorevoli persone, nel partecipare ai colloqui con il colto pievano don Carlo Leoni». E don Carlo Leoni si affrettò a fargli visitare la chiesa parrocchiale di San Nicolò, edificio – a dire il vero – non in ottimo stato. L’imperatore se ne accorse e consegnò al pievano una sacchetta di pelle con alcuni franchi all’interno. Una tradizione orale, riportata da Edmondo Rodriguez Velasco, vuole che quei soldi sarebbero serviti, almeno simbolicamente, al restauro della chiesa; una seconda tradizione, citata da Paolo Ferruzzi e ben sedimentata a Poggio, afferma che quel denaro sarebbe invece servito per sistemare a livello urbanistico l’area di fronte alla chiesa, con la demolizione di alcune case danneggiate da un crollo e la conseguente creazione dell’attuale Piazza di Chiesa. La preziosa sacchetta, in seguito, passò ad un parente del pievano, l’avvocato Ulisse Leoni, e dopo di lui alla famiglia Segnini; infine, giungendo agli ultimi decenni del Novecento, a Domenico Provenzali.
Oggi, purtroppo, l’imperiale sacchetta risulta dispersa a seguito di un recente «sbarazzo» del magazzinetto «pucinco» in cui si trovava. La conversazione col pievano Carlo Leoni – uomo colto, appassionato di filosofia e politica estera – coinvolse molto Napoleone Bonaparte e si protrasse per un buon numero di minuti. Ma la visita al Poggio stava ormai terminando, ed era tempo di ripartire verso Marciana; non senza però dare soddisfazione ai cinque soldati, che nel frattempo avevano allestito un granitico «ensemble», e alla sete agostana. La sosta, narra la «documentazione orale» raccolta da Rodriguez Velasco, durò circa mezz’ora; ma tanto bastò alla popolazione del Poggio per ribattezzare quell’ombroso luogo, come già si legge in un documento dell’anno 1900, «Fonte di Napoleone».