Nel 1950, in un piccolo paesino della Toscana, accadde un fatto insolito. Il paesino si chiamava Toiano, un borgo arroccato su una vecchia collina raggiungibile solo a piedi e abitato da poche persone. Non c’erano piazze ma solo piccoli viali attraverso cui passeggiare per il borgo. A Toiano abitava una ragazza di nome Elisabetta; aveva quindici anni e si diceva che fosse la più bella del paese. Lei aveva gli occhi azzurri come il mare e i capelli castani con riflessi dorati. Lavorava come domestica nella villa di un uomo benestante e lo faceva perché la sua famiglia ne aveva bisogno. In famiglia erano in quattro: Elisabetta, il padre, la madre e Sofia, la sorella maggiore. La madre era casalinga, il padre un contadino,vivevano in una piccola e semplice casa circondata dall’orto del padre. Quando poteva, Elisabetta aiutava la madre nelle faccende domestiche. Una mattina la madre chiese ad Elisabetta di andare a prendere l’acqua alla fonte. Lei acconsentì di buon grado, camminò per un po’ per un sentiero molto pic-colo fino a che giunse alla fonte,appoggiò il secchio a terra e ad un tratto avvertì un dolore lancinante al fianco. Cadde a terra sbattendo la testa. Passarono le ore e nessuno in paese fu in grado di ritrovarla, la famiglia era molto spaventata. Dopo due settimane di ricerche tutti si convinsero che Elisabetta fosse morta. Nessuno sapeva cosa le fosse successo ma tutti erano tristi e sconvolti. La madre si sentiva in colpa per averle chiesto quel favore, quel giorno. La gente del paese continuava a riunirsi di sera per pregare che Elisabetta ve-nisse ritrovata. Lei mancava a tutti. Ma in particolare mancava a Sofia. Dopo la morte della sorella, Sofia si era chiusa in se stessa, non era più la ragazzina spensierata di prima. Durante la notte sentiva rumori, aveva delle visioni molto spaventose, ma di tutto questo non parlava mai a nessuno. Talvolta andava in chiesa, quando non c’era nessuno, si inginocchiava davanti all’altare osservando la statua di Cristo e pregava. Una sera che era così, in preghiera, sentì una voce. Sofia si girò e vide che all’entrata c’era Elisabetta che le disse:
“Aiutami! Aiutami! Aiutami a trovare la pace”.
Scomparve subito. Sofia, spaventata, scappò via e tornò a casa senza raccontare nulla ai genitori. A letto ripensava all’accaduto e si convinse che tutto fosse solo frutto della sua immaginazione. Durante la notte sentì dei rumori, si svegliò di colpo e si nascose sotto le coperte che lasciavano scoperti i piedi. Si sentì tirare le gambe, urlò ma era come se nessuno la sentisse. Poi una strana voce cupa le disse:
“Ti ho chiesto di aiutarmi!.”
Davanti al letto Sofia aveva un armadio con uno spec-chio attaccato all’anta. Osservò lo specchio e vide il riflesso di sua sorella, ma ai piedi del letto non c’era nessuno. Sofia capì che poteva vedere Elisabetta soltanto attraverso lo specchio. Scese dal letto di corsa e andò in bagno. Si sciacquò il viso quando sentì la porta chiudersi a chiave. Presa dal panico e dalla paura iniziò a battere i pugni contro la porta e ad urlare. Quando arrivò la madre che aprì la porta chiedendo spiegazioni, Sofia spiegò:
“Pensavo di essere rimasta chiusa dentro”,
e la madre:
“Infatti è proprio così, ho aperto io girando la chiave, come è possibile?”.
Sofia scappò via piangendo, senza dare risposta, anche perché non aveva una spiegazione che fosse facile da pronunciare o da credere. Uscì nell’orto dove incontrò il padre che le propose:
“Sofia, visto che Elisabetta non c’è più, perché non vai tu a lavorare nella villa? Così ci daresti una mano!.”
Sofia accettò ma qualcosa dentro di lei le diceva che avrebbe incontrato ancora il fantasma tormentato della sorella. Con angoscia, si preparò e andò. Arrivò davanti al cancello della grande villa, lo aprì e busso alla porta. Il padrone di nome Luigi le aprì e appena la vide capì subito il motivo per cui Sofia era lì. Parlarono un po’ di Elisabetta e dopo si accordarono per il lavoro. Sofia iniziò subito a lavorare. Luigi le mostrò tutta la casa e infine le disse:
“Vai giù in cantina,lì troverai tutto quello che ti occorre per iniziare a lavorare”.
Sofia obbedì, vide gli attrezzi, fece per prenderli ma al loro posto apparve Elisabetta con uno straccio in mano che le disse:
“Ti aiuto io, in due finiamo prima”.
Sofia, molto spaventata e perplessa, indietreggiò e in-ciampò. Cadde a terra. Elisabetta le si avvicinò e le disse:
“Tranquilla sorellina, non avere paura, io ti aiuterò e tu mi aiuterai a trovare la pace”.
Luigi entrò di colpo e disse:
“Vieni qua, muoviti, non perdere tempo, inizie-rai subito dalla cameretta di mia figlia”.
Nessuno sapeva che Luigi avesse una figlia. Mentre puliva, Sofia osservava la camera che aveva un’aria molto familiare. La colpì molto un quadro, un ritratto di una ragazza molto somigliante ad Elisabetta. Finì di lavorare e tornò a casa; aiutò un po’ la madre nelle fac-cende domestiche. Il giorno dopo tornò a lavoro e mentre puliva si accorse di aver lasciato uno straccio in quella camera misteriosa, così decise di tornarci per riprenderlo. Entrò e vide lo straccio a terra, si piegò per raccoglierlo e notò che l’asse di legno del pavimento si muoveva, cercò di tirarla su e dopo molti sforzi ci riuscì. Guardò cosa ci fosse sotto e notò un piccolo libricino, lo prese e lo mise in tasca. Rimise l’asse a posto, prese lo straccio e tornò disotto. Nel tardo pomeriggio tornò a casa,tenendo molto stretto il piccolo libro. Quando ebbe modo di sfogliarlo, rimase sconvolta. All’interno c’erano le foto di molte ragazze tra cui quella di Elisabetta. Si soffermò a guardare il volto della sorella e continuava a chiedersi:
“Perché? Cosa ci fa mia sorella in questo libro?”.
Quell’uomo nascondeva qualcosa, qualcosa che lei doveva scoprire. Il giorno dopo la madre comunicò a Sofia che lei e il padre sarebbero dovuti andare fuori paese per far visita alla nonna. Sofia sarebbe rimasta una notte a casa da sola. Andò a lavoro come tutte le mattine, ma pensando continuamente alla scoperta della sera precedente. Bussò alla porta e il padrone le aprì con aria molto furiosa. Sofia entrò e iniziò a fare il suo lavoro anche se con gli occhi di Luigi puntati addosso. Spazzando, la scopa trascinò un orecchino,lo stesso orecchino che aveva Elisabetta al momento della scomparsa. Non potendo raccoglierlo davanti a Luigi, lo spinse sotto al divano aspettando il momento giusto per prenderlo. Appena fu sola, raccolse l’orecchino e salì velocemente le scale per entrare di nuovo in quella strana stanza, arrivò davanti alla porta e notò che era chiusa. Provò diverse volte ad aprirla, ma fu inutile. Finì il suo lavoro e andò a casa. Ripose l’orecchino in una scatola con il libricino e si preparò la cena di malavoglia. Sparecchiò e prima di andare a letto attraver-sò il corridoio buio per recarsi in bagno. Nell’oscurità scorse la sagoma di una ragazza. Aveva molta ansia e decise di andare a letto. La luce del comodino, dopo due minuti, iniziò a lampeggiare. Sofia tenne gli occhi chiusi per paura di quello che avrebbe potuto vedere. Poi li aprì lentamente e vide davanti a lei il volto della sorella che le disse:
“Ottimo lavoro sorellina, ci sei quasi!”.
e scomparve. Sofia si girò dal lato opposto del letto e durante la notte non riuscì a dormire perché sentiva voci confuse, bisbigli incomprensibili. La mattina seguente i genitori tornarono e Sofia aveva deciso, durante la notte, di dividere con loro il peso delle sue visioni, dei suoi sospetti, delle sue angosce. Fece colazione con loro e ruppe il silenzio dicendo:
“Elisabetta, Elisabetta vi manca?”.
La madre scoppiò a piangere e il padre rispose:
“Sì! Tanto!”.
Di colpo Sofia si alzò e disse:
“Basta, non ci riesco più, devo mostrarvi una cosa”.
Andò in camera, prese la scatola contenente il libro e l’orecchino, mostrò tutto loro e spiegò ogni cosa. Il padre decise di chiamare i carabinieri, per far perquisire la villa. Nel frattempo Luigi, tormentato dalla paura e dai sensi di colpa, aveva deciso di bruciare il corpo di Elisabetta che ancora conservava in una cassa di legno, nella stanza misteriosa. Coprì con la terra le sue ceneri e scappò via. Nessuno fu più in grado di trovarlo. Passarono molti anni da quel giorno e si persero anche le speranze di ritrovare il corpo di Elisabetta. Luigi, una mattina, nel suo nuovo paese lontano da Toiano, era in piedi sul precipizio di una montagna, stava osservando l’alba quando qualcosa lo spinse giù, ma dietro di lui non c’era nessuno.
Scritto e disegno di Giulia Musella