Adriano Pierulivo è un sampierese Doc, scrittore e poeta, maestro di recente in pensione, emigrato in quel di Livorno, ci regala l'anticipazione di una sua probabile nuova pubblicazione (in precedenza aveva realizzato due libri di poesie). In questo nuovo impegno letterario raccoglierà vicende isolane del passato, spesso legate alla sua famiglia. Un modo di recuperare memorie, eventi e situazioni di un'Elba ormai lontana, quasi scomparsa.
In questo caso racconta un episodio del 1940, capitato ad una bimba di otto anni, Adina Rocchi, diventata poi sua madre. Scampò miracolosamente alla morte, per cui Adriano è grato alla forte fibra della ex fanciulla che sta per festeggiare i 90 anni, ed anche verso i suoi nonni Elba e Romualdo, il dottor Maghelli e la solidarietà espressa dai paesani di San Piero. Molto importante che Adina sia stata salvata, altrimenti il poeta, scrittore, non sarebbe esistito.
SB
1940 L'ASPIDE DI ADINA
Mussolini da pochi mesi era entrato in guerra, attaccando alle spalle la Francia. Poco male.
All'Elba, gli echi del fronte rimanevano lontani. A Vallebuia era la stagione dei funghi. Selvi*, per la precisione. In una domenica mattina di metà ottobre, la piccola Adina e il fratellino Plavio, seguirono i propri genitori nella macchia. L'ora era propizia. Il sole, velato dal leggero brumeggio dello scirocco, era ancora lungi dal raggiungere Montecristo. L'aria tiepida e la brezza leggera accarezzavano le trecce di capelli castani che incorniciavano il viso della bimba. Gli occhi, grandi e chiari, si mangiavano tutto ciò che vedevano. Adina sembrava una spugna assorbente, non a caso era la migliore della sua classe. Più che camminare, lei, bimbetta di circa 8 anni, saltellava dietro Elba e Romualdo, e Plavio saltellava dietro lei. Elba Pisani, la mamma, era un'austera contadina di origine marcianese. Romualdo, uno dei tredici fratelli Rocchi, era caporale della ditta di granito Bontempelli Italo, per le cave di Pomonte , Chiessi e Seccheto.
Impiegarono circa mezz'ora per raggiungere il luogo desiderato, nella zona nord - est di Vallebuia, ma ora, il Liborio Alto era a l oro completa disposizione. Il sentiero si perdeva nel bosco dei corbezzoli, habitat eccezionale per la crescita dei selvi. Dalle piante autoctone della flora mediterranea, pendevano deliziose bacche colorate e profumate. Adina, nel suo vestitino colorato e con ai piedi un paio di zoccoletti tenuti fermi da una strisciolina di cuoio, si godeva il fruscio delle foglie sulle gambe nude. Il fratellino le aveva dato la mano. Sognavano. Con la testa stavano già raccogliendo un cesto intero di funghi. Da un punto panoramico, Plavio guardò verso il mare e con lo sguardo pieno di meraviglia si rivolse alla sorella maggiore:
- Guarda che bella nave-.
Adina si sporse per vedere meglio e non si accorse di avere messo i piedini su una colonia di fieni secchi. Il dolore la colse all'improvviso. Il serpente, disturbato nel suo poltrire, aveva drizzato la testa e l'aveva morsa sul tarso del piede sinistro.
– "M'ha punto il serpo!** M'ha punto il serpo". Subito i genitori mollarono tutto e si precipitarono da Adina.
– "Di che colore era il serpo?". - le chiese il babbo.
– "Non ho visto bene, ma mi sembrava rosso. Mi fa tanto male".
I due adulti si lanciarono un'occhiata: “ Era un aspido”. ***
Elba si sciolse la cintura del vestito, Romualdo quella dei pantaloni. Le legarono stretti la coscia e il polpaccio. Senza bisogno di dirsi nulla, Elba prese per mano Plavio e si lanciò a rotta di collo verso la discesa per Vallebuia. Doveva andare a prendere la chiave per aprire la casa di San Piero.
Tutti i vallebuiesi avevano una casa al Paese per potervisi recare durante le feste comandate e per battesimi, cresime, comunioni, matrimoni e funerali. Lì c'era anche l'ambulatorio del medico condotto. Romualdo e la bimba cercarono il sentiero per San Piero e si misero a correre. Dopo appena cinquecento metri, Adina vomitava e sputava un composto verde e grigio. Il cuore aveva i
battiti accelerati. Romualdo se la caricò sulle spalle. La camicia a quadretti grossi, ben presto cambiò colore e la pelle dell'uomo colava da tutte le parti. Si trattava di percorrere solo tre km ma il livello di difficoltà era estremo. Il sentiero accidentato non favoriva il passaggio. Il peso del corpo della bimba rendeva disperata l'impresa del genitore. Non sapeva nemmeno se avrebbe fatto in tempo a salvarla. Dopo una mezzora erano al fosso di Moncione; l'uomo arrancava con la bambina sul groppone, ma non voleva saperne di arrendersi. Dal nulla spuntò Mamiliano, il pastore. Aveva lasciato gli armenti a pascolare e si era messo a fare ricotte nel suo caprile, lì vicino. Romualdo mise a terra la bambina e rapidamente spiegò la situazione al nuovo venuto. Mamiliano chiamò il cane e lo lasciò di guardia, poi partì di corsa a cercare aiuti. Quando Romualdo e Adina arrivarono a Le Piane, a circa 500 metri dal Paese, videro due uomini precipitarsi verso di loro. Portavano una sedia: Adina fu fatta sedere e, uno di qua e uno di là , la sollevarono e la trasportarono fino
all'ambulatorio, sotto gli incitamenti del genitore disperato. Il Paese era tutto in subbuglio. La notizia che la figliola di Romualdo era stata punta da una vipera, correva di casa in casa. Il Dottor Maghelli, il Medico Condotto, aspettava nel piccolo ambulatorio del Vicinato Corto. Quando la bimba arrivò, più morta che viva, le iniettò immediatamente la prima dose del siero anti vipera. La bimba aveva la pelle bluastra. Non parlava e non interagiva con le persone che le stavano intorno. “ Adina! Adina!”, il medico la chiamava, ma sembrava che non ci fosse nulla da fare. Preso dallo sgomento, le fece anche la seconda dose. Intanto, Adele Rocchi, la vecchia nonna sanpierese di Adina, si era precipitata all'ambulatorio. Preso in un angolo il dottore gli chiese come fosse la situazione. Il medico le rispose che forse la nipotina non ce l'avrebbe fatta. Alla vecchia si chiuse lo stomaco e dimenticò da qualche parte l'olio, il pane e i pomodori che aveva faticosamente recuperato per cena. Andò via piangendo. Romualdo non sapeva cosa fare. Era inutile rimanere nell'ambulatorio, il dottore non poteva più fare nulla e Elba tardava ad arrivare con la chiave della casa del Vicinato Lungo. Italo Bontempelli offrì la propria casa al fedele caporale. Abitava in Piazza della Fonte, in un immobile grande e non fu difficile trovare una stanza per far riposare la bimba in fin di vita. Prima che andassero via il medico si raccomandò di farle fare tanti bagni con l'acqua calda. La mamma , quando finalmente arrivò da Vallebuia, si dedicò completamente alla figlia e non la lasciò per un momento, notte e giorno. Metteva sul fuoco enormi pentoloni d'acqua per i bagni caldi, ma per quanto fosse a bollore, quell'acqua Adina la sentiva fredda. Dopo un paio di giorni , la forte fibra della ragazzina ebbe il sopravvento sul morso dell'aspide. Pian pianino riprese a mangiare e a rispondere alle domande che le venivano poste. Passò il resto della convalescenza nella casa del Vicinato Lungo, tra le sue cose. Dopo una decina di giorni era pronta per riattraversare la montagna e ritornare a Vallebuia. La fine di ottobre si avvicinava e lei ne aveva di cose da raccontare alle compagne di classe nella scuolina di Seccheto. Aveva talmente tante cose da raccontare, che le racconta ancora adesso, mentre continua a saltellare dietro ai suoi sogni.
ADINA ROCCHI, CLASSE 1932. SANPIERESE DOC.
Adriano Pierulivo
N.B.
Selvi*= Porcini
Serpo**= Serpente
Aspido***= Aspide