Le nozze, la gioia, la Madre, il Cristo. In un contesto tipicamente umano, e in quanto tale benedetto da Dio, un uomo e una donna scelgono di appartenersi l'un l'altra, divenendo una “cosa sola” nell'amore (senza peraltro perdere la propria straordinaria unicità). C'è gioia per questo amore. Improvvisamente, leggiamo nel vangelo di questa domenica, sorge una difficoltà e la festa è a rischio. Capita anche nelle nostre esistenze.
Con tutta la sua sensibilità di madre, Maria – la madre di Gesù - si accorge del bisogno. Non risolve il problema ma indica una persona: il figlio. E piuttosto che dire tante parole o agitarsi o intromettersi in modo improprio, dopo la segnalazione della necessità dice solo: “Fate quello che vi dirà”. Tutto è rimandato a Lui, al Dio che fa l'esperienza umana, che conosce e condivide le gioie e le preoccupazioni.
Intanto, la figura di Maria suggerisce che ciò che conta è passare dalla ricerca di protagonismo alla scelta del servizio. Questo caratterizza chi desidera camminare dietro a Gesù. E come lui, dimenticarsi di sé per mettere al centro l'altro e il suo bisogno.
Gesù interviene trasformando l'acqua in vino. Non è solo il ripristino della condizione precedente. Viene sottolineato che si tratta di vino “buono” (“bello”), indicando così che siamo di fronte a qualcosa di nuovo. Gesù offre all'uomo la possibilità di trasformazione esistenziale, scoprendo e vivendo interiormente la verità, liberandosi dalla forza delle costrizioni fisiche, sociali, culturali, mentali. La verità è la partecipazione in profondità alla relazione che il Figlio ha con il Padre, così da sperimentare la propria figliolanza e la fraternità con gli uomini e il creato. Passa così gradualmente dall'esperienza della frammentazione, della dispersione, a quella dell'unificazione. E' vivere nell'armonia (nello stato di “nozze”) con se stesso, con gli altri, con l'ambiente e con Dio.
Allora, l'ordinario non è ripetizione di gesti senz'anima, ma è lo straordinario (il vino bello e buono) che uomini e donne interiormente rinnovati immettono nel quotidiano. Sì, il fare discende (consegue) dall'essere. E' tempo propizio, il nostro, per aprirsi al soffio della novità, all'azione imprevedibile e libera dello Spirito che vive nello spirito umano. Occorre un di più di coraggio per lasciare abitudini, soprattutto mentali, e attaccamenti a forme storiche malate e terminali. Occorre più silenzio, esteriore e interiore, per cogliere ciò che è imperituro e che dà slancio alla creatività nella storia. Così, l'inquietudine interiore (acqua) si trasforma in forza di vita (vino), in capacità di amare (donare e ricevere) nell'armonia con tutto e il Tutto.
E sarà gioia vera, fin da ora, nella festa di nozze senza fine.
(16 gennaio 2022 – 2a domenica tempo ordinario)
Nunzio Marotti
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