In risposta alla critica sull'alto numero di bocciature nella scuola media elbana, esposta su questo giornale dal neuropsichiatra infantile Claudio Coscarella il 4 luglio scorso http://www.elbareport.it/arte-cultura/item/5267-scuola-media-ancora-bocciati riceviamo il parere di un'insegnante della scuola secondaria di Marina di Campo
Ci sono insegnanti, io sono uno di questi, che credono che scegliere se ammettere o meno un ragazzo alla classe successiva sia uno dei propri doveri, e che sia un modo per conferire valore all’istituzione scolastica e ai singoli studenti. Noi non diciamo ‘bocciare’, ma ‘fermare’, o, meglio, ‘far ripetere l’anno’.
Un ragazzino che venga ammesso ad una classe senza aver maturato le competenze necessarie per affrontarla come potrà seguirne serenamente le attività? Potrà trovare soddisfazione nell’apprendimento? Non c’è piuttosto il rischio di farlo sentire diverso, inadeguato? E di fargli percepire la scuola come un’istituzione inutile, slegata dalla realtà, come una costrizione (un carcere, per citare una definizione sentita più volte nelle mie classi)?
E in che modo una scuola che manda avanti tutti, indipendentemente dall’impegno e dai risultati, può creare cittadini consapevoli e partecipi della vita del proprio Paese?
Scrivo questa risposta al professor Coscarella alla fine di un anno scolastico trascorso alla secondaria di Marina di Campo, pendolare in mezzo ai pendolari, non più precaria ma consapevole del fatto che all’Elba avrei trascorso un solo anno.
In questo periodo fra i miei colleghi non ho conosciuto valutatori bizzarri, portatori di pensieri bassi, individualisti, superficiali, misconoscitori del disagio dei ragazzi, ma professionisti preparati, motivati e appassionati.
Abbiamo parlato dei nostri studenti e delle loro difficoltà, che erano anche le nostre, non solo nei momenti istituzionalmente dedicati a questo, ma nelle lunghe ore di viaggio e nei pomeriggi e nelle serate trascorse sull’isola, tenuti lontani dalle nostre famiglie dal desiderio di svolgere al meglio il nostro mestiere. Per ognuna delle non ammissioni alla classe successiva abbiamo discusso a lungo, ci siamo confrontati, abbiamo votato con le lacrime agli occhi e con il cuore pieno di dubbi.
Alla fine abbiamo chiesto a tanti ragazzi di ripetere l’anno, e lo abbiamo fatto anche se la scelta più facile per un insegnante è quella di promuovere: c’è molto meno lavoro dal punto di vista burocratico, dal punto di vista personale non si è costretti a mettersi in discussione e si può fingere di essere riusciti a raggiungere tutti gli obiettivi, sul piano sociale non ci si espone alle critiche delle famiglie e delle altre persone che gravitano intorno alla scuola. Se i ragazzi a cui abbiamo chiesto di ripetere l’anno sono molti è perché in buona fede crediamo che questa sia la scelta migliore; la scelta migliore per i ragazzi fermati e per l’intera società elbana, che giustamente si lamenta per l’alta percentuale di insegnanti pendolari e per il turnover nelle proprie scuole ma che risulta evidentemente incapace di indirizzare verso una formazione universitaria un numero di ragazzi sufficiente per riempire le proprie scuole di insegnanti residenti. Perché non siamo noi a ritenere che “la letteratura, la musica, il cinema, il teatro, la fotografia, le arti figurative, i media, l’educazione civica, l’ecologia, la filosofia, la rete ed il villaggio globale siano lontani dall’interesse didattico della scuola” (noi che, nati negli anni ’70, viviamo da sempre immersi in questi contenuti) ma sono troppo spesso i nostri alunni a pensare che le esperienze proposte dalla scuola, anche se legate a questi ambiti, non siano interessanti. Io sono consapevole di svolgere uno dei mestieri più belli e più importanti che ci siano; l’ho scelto con determinazione ed ho lavorato con impegno per poterlo svolgere.
Sono altrettanto consapevole del fatto che affinché noi insegnanti possiamo svolgere al meglio il nostro bellissimo ed importantissimo mestiere abbiamo bisogno della stima e della collaborazione di tutti gli adulti che insieme a noi si occupano della formazione dei ragazzi. Le critiche avanzate in sedi non adeguate, soprattutto se condotte con il tono accattivante della difesa dalle ingiustizie, non aiutano a costruire un futuro migliore per i giovani elbani e per il loro territorio.