Gesù lascia i discepoli (ascensione) e questi se ne vanno con grande gioia.
Perché può apparire strana questa situazione descritta dal vangelo?
Come cristiani spesso trascuriamo la nuova presenza di Cristo nel mondo e negli uomini. Dopo l'esperienza del Crocifisso Risorto, i discepoli non vedono più Gesù con i sensi ma, nella modalità propria della fede, lo percepiscono e incontrano vivo e operante. Nel creato, in ogni essere, nello svolgersi della storia, il Cristo è l'energia vitale che rende possibile l'esistenza e la rilancia nel continuo superamento delle forme. Il cristianesimo è via per la persona, la quale è relazione. La comunità cristiana come può essere testimone del suo Signore? Prima di tutto, riconoscendo che è al centro: a lui spetta il primato e lui è il criterio ultimo dell'essere e dell'agire. L'ignoranza del vangelo è ignoranza di Cristo, diceva Girolamo, il primo traduttore in latino della Bibbia. L'obiettivo di Gesù è l'umanizzazione, cioè la piena realizzazione dell'immagine di Dio che ogni uomo è.
Per camminare su questa strada occorre il coraggio di superare le paure che paralizzano la parola e l'azione. Come può la paura non impossessarsi della nostra vita? “Nell'amore non c'è paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell'amore” (prima lettera di Giovanni 4,18). Il caso serio, allora, è la fede. Questa non è solo credere a delle verità, ma vivere l'unione con il Cristo-Parola grazie al dono del suo Spirito che abita nello spirito umano, nell'interiorità. Il Dio, che è ovunque e riempie l'universo, vuole incontrarmi nel profondo del mio essere. Paolo, conquistato da Gesù, scriveva ai Galati: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (2,20, in un amore fusionale che non annulla le differenze. Questa esperienza è offerta a tutti: “E' Dio stesso che vi ha chiamati a condividere la vita di suo Figlio Gesù Cristo nostro Signore; e Dio mantiene fede” (1Cor 1,9).
Al di fuori di un cammino di costante apertura a tale straordinario dono divino, non è possibile testimoniare nella propria vita le beatitudini, l'amore dei nemici, il rispondere al male con il bene... Questa fede e l'amore sono strettamente unite (come sorelle, e, dice Peguy, tenute per mano dalla minore, la speranza).
La tradizione cristiana, arricchita anche dalle intuizioni di altre religioni, ha un tesoro da mettere a disposizione per l'incontro e la crescita della relazione con Dio. In questo sta la missione evangelizzatrice (non conquista o proselitismo) della comunità cristiana. Il sale che perde il sapore non serve a niente. Da questo rischio occorre guardarsi.
Ci si interroga su cosa la comunità cristiana riesca a dire agli uomini d'oggi. La chiesa è per il mondo. Eppure si ha la sensazione che troppo spesso il mondo (le vicende della vita, i problemi che toccano le persone, le angosce e le speranze, le paure e le difficoltà, i movimenti per salvare-umanizzare il pianeta e le relazioni fra gli uomini) resti fuori, salvo che in qualche preghiera dei fedeli nella Messa.
Questo è uno degli elementi che emerge dal cammino sinodale (camminare insieme) della chiesa italiana, in corso fino al prossimo anno e che finora ha coinvolto circa 50 mila piccoli gruppi che hanno condiviso gioie e difficoltà dell'esperienza comunitaria, in un clima di reciproco ascolto. Un cammino che papa Francesco ha avviato in tutto il mondo per cogliere la voce dello Spirito per il tempo presente e così “rivestiti di potenza dall'alto”, come Chiesa, adeguarsi in obbedienza e gioia. Un cammino coraggioso, non scevro di resistenze, che richiederà il superamento di forme oggi inadeguate (seppure valide in altri tempi o contesti).
(29 maggio 2022 – Domenica di Ascensione)
Nunzio Marotti
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