Riassunto delle puntate precedenti. Un detective sta indagando sulla presunta scomparsa e omicidio dell'elbano. Sospettati i parenti. Paraponziponzipò (citazione colta).
Il sanpierese è il più illustre dei tre fratelli campesi. Sicuramente più anziano del campese junior. Ma soprattutto più illustre del santilariese. Perché più illustre? Perché è nato prima? Forse. Perché ha una storia più articolata? Chissà. Perché è più turistico? Ebbene sì. Tanto è solo questo segno particolare a dare lustro alla propria carta d'identità, per la famiglia elbana.
Ordunque, che il passato del sanpierese sia rimarchevole fa d'uopo. Ma che il nostro eroe ci metta del suo per ornarlo vieppiù di leggenda è un suo precipuo carattere. Così il sanpierese va in giro raccontando che le fondamenta di casa sua sorgono su quelle di un tempio al dio Glauco. E cosa c'entri un personaggio della mitologia greca con la famiglia elbana è un mistero. O meglio, sarebbe un mistero se non avesse un (presunto) nome e un cognome: Celeteuso Goto. Ovvero il più grande propalatore di fole della storia di famiglia.
E Giovanvincenzo Coresi del Bruno (sniffatore di muri, non obliamlo) dice in proposito, copiando dal suddetto falsario: “Venerato da Marinari grandemente, i quali havendo corso qualche pericolo, o naufragatali alcuna delle loro Barche, o Navi si portavano con Voti al detto Tempio, e per mezzo di quel falso Iddio ricevevano qualche sorte di buono, o infausto augurio, mandandoli quei iniqui Ministri, che alla custodia della falsa Deità dimoravano, qualche sorte di Denari, o altre cose”. E questo fa nascere un sospetto: il sanpierese da giovane non solo si è inventato una bestemmia di nuovo conio (conoscendo il suo eloquio è plausibile), ma l'ha pure venduta ai gonzi, con grande senso degli affari.
D'altra parte il sanpierese a far la figura del fesso giustamente non ci tiene. Nel giardino di casa sua esistono decine di angoli in cui si annidano minerali dei più vari e preziosi. Un campionario che l'universo gli invidia. E per secoli questi cristalli hanno fatto la fortuna di cercatori e musei del mondo, senza che il nostro eroe ci guadagnasse che un misero piatto di minestra. Se quindi oggi il nostro ha salvato il salvabile, chiudendolo in cassaforte, ovvero un bel museo, e lo sfrutta coi turisti, non si può volergliene. E che i turisti si prendano la briga di salire l'erta di casa sua per bussargli alla porta e lasciargli una mancia, che diamine!
I suoi minerali illustrano un bell'aspetto del suo carattere. Il sanpierese ama il suo orto e giardino. Non solo per aver coltivato titoli nobiliari, quali contadino e pastore. Non solo perché a furia di vedere geologi e mineralogi di vaglia in giro per la sua tenuta, lo è diventato anche lui, da perfetto autodidatta, anche con sommi risultati. Non solo perché la sua casa è bella fiorita. Ma per un non trascurabile particolare. Il sanpierese si è appuntato al petto il titolo di cavatore, ma a differenza dei cugini non ha devastato colline e coste con scavi impattanti.
E sì che ne aveva ben donde. L'escavazione del suo granito era stata intrapresa dal romano e dal pisano, ben prima di lui. E i due illustri avi ci avevano adornato i loro più bei monumenti, con quella pregiata pietra. E quelle colonne che non servivano, le lasciavano in loco, a magnificare l'archeologia locale.
Il sanpierese poteva lasciarsi prendere la mano, dato questo rispettabile passato. Un po' come avevano fatto i cugini riese e capoliverese col ferro, o come stanno facendo i cugini longonese e ferajese, che gentilmente lasciano sventrare colline a fior di benefattori dell'umanità, invitti prenci dell'interesse collettivo (o forse solo loro? Ma no, suvvia, quanta malignità...). Invece il nostro eroe si accontenta di un'intrapresa artigianale, centrata sulla qualità più che sulla quantità, senza troppo incidere sulle verdi pendici del monte Capanne.
Oggi il sanpierese è un vecchietto tutto sommato arzillo, che tiene la sua casa acconciamente, coltiva il suo passato con passione, e fa un turismo poco chiassoso e ai suoi ritmi. Che cerca di emanciparsi dal mondano fratellino campese, continuando a guardarlo dalla bella Facciatoia, sogghignando ma con un pizzico di invidia.
Conclusioni. Ai fini della nostra indagine sulla presunta scomparsa e omicidio dell'elbano, il sanpierese è moderatamente indiziabile. L'apparenza è tranquilla e sorniona, e questo depone a suo favore. Ma non obliamo la storia del dio Glauco, che lo illustra come un maestro della dissimulazione. Da tenere dunque sotto controllo.
Andrea Galassi