La fede è al centro del vangelo di questa domenica. Come parlarne? Bisogna scegliere un approccio.
Intanto, dato il contesto in cui viviamo e siamo cresciuti, è bene ricordare che la fede non si identifica con la credenza e con la pratica religiosa (che può esserne espressione) ma rinvia alla mistica, cioè al gustare e sentire nel proprio cuore il mistero di Dio tanto da esserne gradualmente trasformati.
In modo molto personale (umilmente, perché necessariamente parziale e, perciò, aperto ad altri punti di vista), la fede mi fa pensare al titolo di questa rubrica, dove si incrociano “radici” e “ali”.
Radici: la fede è radicamento nella vita e nel mistero che la riempie. E' memoria viva, nel presente, di un Amore dal quale si proviene, in cui si è, verso la cui pienezza si è incamminati.
Ali: la fede è l'elemento propulsivo dell'esistenza, indicazione di una visione e di un compito, è speranza, è denuncia e annuncio del qualitativamente novum.
La fede fa pensare anche ai sensi.
Occhio: la fede è vedere la presenza dell'invisibile in e attraverso il visibile (gli esseri umani, ogni elemento del creato, le espressioni della cultura); è interpretare la storia e la vita da una prospettiva Altra.
Orecchio: la fede è ascolto della voce sottile del Dio vivente, ascolto delle parole che universalmente sono state dette di lui, che vengono dette di lui e, fra queste, di quelle che risuonano nella propria interiorità.
Naso: la fede è respirare il divino che è anche nell'aria, ossigenando così il corpo e lo spirito.
Bocca: la fede è risonanza, comunicazione con il sorriso, con il canto e con parole gentili dell'esperienza affettiva del proprio Signore.
Piedi: fede è seguire il Maestro interiore, per me lungo i sentieri che un tempo e oggi percorre il Cristo, ovunque ma soprattutto nelle periferie esistenziali, tra gli ultimi della società (scartati).
Mani: la fede è dono, condivisione, sostegno, cura, misericordia, azione.
Etty Hillesum, giovane ebrea uccisa ad Auschwitz, scriveva: “Ho sempre lo stesso problema, non so decidermi a smettere di scrivere, all’ultimo momento vorrei trovare la formula liberatoria, la parola che esprima il mio ricco, sovrabbondante sentimento della vita. Perché non mi hai fatto poeta, mio Dio? Ma sì, mi hai fatto poeta, aspetterò pazientemente che maturino le parole della mia doverosa testimonianza: cioè che vivere nel Tuo mondo è una cosa bella e buona, malgrado tutto quel che ci facciamo reciprocamente noi uomini”.
E il poeta David Maria Turoldo fa eco con il proprio canto: "Anima mia canta e cammina, / anche tu, oh fedele di chissà quale fede / oppure tu uomo di nessuna fede, / camminiamo insieme / e l'arida valle si metterà a fiorire. / Qualcuno, / colui che tutti cerchiamo, / ci camminerà accanto.”
Parole scritte anche per il nostro tempo. Senza nessuno escludere.
(2 ottobre 2022 – XXVII Domenica Tempo Ordinario)
Nunzio Marotti
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.