Il vangelo di questa domenica presenta l'episodio dei due discepoli che lasciano Gerusalemme e vanno verso Emmaus. Sono tristi, delusi (disperati) e sconvolti perché hanno visto ucciso dal potere politico e religioso quel Gesù in cui avevano sperato. Mentre camminano non riconoscono chi li affianca. E' il Risorto. Progressivamente avviene il riconoscimento e i due ricominciano l'avventura della speranza, correndo a Gerusalemme a raccontare l'esperienza, vincendo tristezza e paura.
L'elemento che è al centro del riconoscimento è lo spezzare il pane. In esso è sintetizzata l'esistenza di dono, di condivisione, di consumazione per gli altri, di essere-per-gli-altri. In definitiva è l'amore, cioè il contrario del possesso e della volontà di potenza. E' in queste due ultime realtà che gli uomini confidano per centrare i propri obiettivi di felicità. Proprio come i due discepoli che speravano in un liberatore alla maniera del potere. E, invece, scoprono che la vera forza è l'amore, capace di oltrepassare le morti compresa quella fisica. E' una forza che risorge nella loro esistenza e che li porta ad essere creature nuove, guidate appunto dallo Spirito di Cristo che abita al centro dell'essere.
Il rinnovamento delle chiese e delle religioni, e di conseguenza delle società e delle civiltà, è affidato a quanti con sincerità cercano di dare un senso alla vita e agli eventi, coltivando la dimensione interiore (spiritualità) in ottica personalistica e comunitaria, con un progressivo distacco dalle tendenze disumane, dalla brama di avere e di possesso.
Non da ora, spesso - specie in Occidente - i cristiani vengono accusati di avere il volto triste, un atteggiamento rassegnato, una tendenza a coinvolgersi poco (in nome della necessità di tenere pulite le mani), una ricerca di recinti rassicuranti e granitici (gruppo, devozionalismo), un esitare di fronte alla complessità e alle innovazioni, un tendere a vedere l'altro come pericoloso lupo ...
Oltre le esagerazioni e le generalizzazioni ideologiche, c'è da chiedersi se qualcuna di queste critiche non sia presente, non dico come debolezza (che è di tutti) ma come realtà di fondo. E mi domando se il Cristo è davvero risorto in me, se mi pongo in ascolto del suo Spirito, di quell'Amore universale e concreto che permea tutta la realtà e desidera portarla a compimento.
E' per questo che devo mettermi, ogni giorno e con attenzione, in ascolto della sua voce che giunge attraverso le sacre scritture, le tradizioni religiose e spirituali, gli eventi e gli esseri umani, le realtà della creazione. Così, l'esistenza diviene “pasquale”, vissuta sobriamente nella gioia e nella pace che si manifestano nel segreto del cuore e nelle relazioni. Il che non significa trovare l'approvazione del mondo o il quieto vivere (ben diverso dalla pace vera): “i figli migliori dell'umanità vengono perseguitati e abbandonati perché nella solitudine e nella consumazione creino cicli nuovi di umanità” (G. Vannucci).
Che questo tempo possa liberarci da ogni (nostra) falsa immagine di Dio e da ogni conseguente falsa immagine dell'uomo.
(23 aprile 2023 – 3^ Domenica di Pasqua)
Nunzio Marotti
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