Quelli che percorrono un cammino spirituale sperimentano in sé l'incontro con la realtà fondamentale di ogni essere, con la Vita-Verità, che gran parte degli uomini chiama Dio. Senza attendere nulla, ma solo stando nel silenzio della Presenza-Assenza, si lasciano trasformare dalla Parola divina, che per i cristiani, si è incarnata in Gesù, nel tempo e negli spazi del creato. Da questa esperienza, via via sempre più unificante l'esistenza, totalità integrata di corpo-anima-spirito, si rafforza l'esigenza di ridurre il parlare all'essenziale, di non lasciarsi distogliere dalla rumorosità, di non lasciarsi condizionare da argomenti staccati dall'esperienza vitale, di non cedere al chiacchierificio imperante nel mondo virtuale e in presenza. Nello stesso tempo, si vorrebbe comunicare a tutti (“dalle terrazze”, dice il vangelo) la fonte della gioia, della pacificazione interiore, della quiete, dell'incontro profondo. In breve, dell'esperienza di essere amati e di amare. Cioè, di quello di cui ha davvero bisogno l'essere umano.
Il cammino spirituale non è volare oltre i tetti, non è astrazione, non è isolamento. E', al contrario, immersione rinnovata nella storia, nelle contraddizioni (anche personali), nella condivisione delle sofferenze e delle gioie dell'umanità, vicinanza a chi nella vita è posto o si pone ai margini. Una presenza discreta, spesso silenziosa, ma sempre partecipe, con diverse modalità offerte dai contesti e dalle condizioni concrete.
E' un cammino quindi, non un punto di arrivo. E' il farsi del divino nell'umano e dell'umano nel divino. Per i cristiani, se traguardo deve esserci è quello indicato da Paolo: arrivare “allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Efesini 4,13), fino ad affermare “non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me” (Galati 2,20).
“Ogni discepolo – scrive Giovanni Vannucci – è chiamato a vivere il mistero dell'incarnazione della parola, non a gustare lo zucchero ma a divenire lui stesso zucchero. Se questo non è compiuto, il suo annuncio viene inquinato dalle parti irredente [non salvate, non trasformate] del suo essere”.
Le comunità religiose, anche quelle cristiane (che ci riguardano più da vicino), hanno il compito di contribuire a formare le coscienze, sostenendo i personali percorsi di trasformazione-divinizzazione. La formazione non ha a che vedere con la sola sfera mentale-razionale, pur necessaria. La riscoperta dell'esperienza della preghiera passa da una decostruzione delle idee che abbiamo su di essa, su Dio e sulla nostra relazione con Lui-Lei.
Intraprendere questo percorso, aperto a chiunque sempre e ovunque, e perseverare fiduciosi (fede) in esso, porta a distanziarsi da visioni mitiche e condizionamenti che si ritengono dati di fatto e verità immutabili. Visioni e condizionamenti che portano ad agire nel mondo con la mentalità del mondo (sempre più avviata al pensiero unico binario: noi/loro, buoni/cattivi, ecc). Emerge gradualmente un nuovo e diverso modo di vedere e discernere la poliedrica realtà. Con un rinnovato agire fino a partecipare della condizione del Maestro, deriso, escluso, rifiutato fino all'eliminazione.
“Non abbiate paura: voi valete!”.
(25 giugno 2023 – 12^ domenica del tempo ordinario)
Nunzio Marotti
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