Alcuni miei lettori mi hanno chiesto un po' di tempo fa quanto c'è di vero nell'affiliazione alla massoneria di Pietro Gori. Ho svolto qualche ricerca, e tenterò di fare chiarezza, per quanto non sia facile analizzare un mondo tradizionalmente impermeabile come quello massonico.
A quanto mi consta, nei suoi scritti Pietro non fa mai riferimento alla massoneria, né tantomeno lascia trasparire tracce di una sua affiliazione a essa. Neanche i suoi biografi fanno accenni a tal proposito. La notizia viene esclusivamente dalla stessa massoneria.
La fonte è però degna di nota. Si tratta di Vittorio Gnocchini, per anni massimo responsabile dell'archivio del Grande oriente d'Italia e studioso della storia della massoneria. Nel 2005 pubblica il libro “L'Italia dei liberi muratori Piccole biografie di massoni famosi”. Come specifica il sottotitolo, il libro è una rassegna di brevi biografie di celebri massoni italiani. A pagina 150 c'è quella del nostro Pietro. Gnocchini dice che Gori fu iniziato il 12 agosto 1901 nella loggia Rivadavia n. 51 di Buenos Aires. Non dà però nessuna fonte, a cui potersi rifare per un riscontro.
La stessa biografia di Pietro non è accurata. Gnocchini sbaglia la data di morte, l'8 gennaio 1912, essendo in realtà il 1911. Ma l'errore più marchiano lo fa sulla nascita: “Nacque l'8 maggio 1869 a Portoferraio”, quando è risaputo che Pietro nacque il 14 agosto 1865 a Messina.
A questo punto una revisione delle fonti più approfondita sarebbe d'uopo. Considerazione che esprime anche Fulvio Conti, che scrive la prefazione del libro: “In qualche raro caso, egli [Gnocchini] si basa invece su fonti meno attendibili, che a mio avviso andrebbero forse utilizzate con maggiore cautela”. Conti fa riferimento ai nomi di Carlo Pisacane e Bettino Ricasoli, ritenuti massoni ma senza alcuna certezza. E conclude: “Ma su questi, come su pochissimi altri nomi dubbi, ciascuno potrà formarsi liberamente l'opinione che crede”. Ma è molto difficile, tanto più che l'autore è morto.
Un altro interessante contributo lo troviamo in un articolo di Marco Rocchi, su Hiram, la rivista del Grande oriente d'Italia. L'unica prova portata dall'autore a sostegno dell'affiliazione massonica di Pietro è ancora una volta Gnocchini. Ma Rocchi si spinge a dire: “numerosi indizi depongono a favore di una precedente iniziazione avvenuta, forse, in Italia”. Ma sono indizi molto labili: la frequentazione o la conoscenza di appartenenti alla massoneria. Si va dagli anarchici Kropotkin e Faure (che Pietro incontrò solo una volta, a Londra), a conoscenti come Bovio e Imbriani, passando per Carlo della Giacoma, con cui Pietro ebbe collaborazioni artistiche (scrissero assieme l'opera lirica “Elba”). Ma con questa logica si va poco lontano: molti di noi, me compreso, hanno corrispondenze con massoni, ma ciò non rende massoni noi stessi. Conclude Rocchi: “Solo suggestioni, si potrebbe dire. Forse; ma sono tutti indizi che portano alla stessa direzione. Resta comunque, indiscussa e indiscutibile, l'affiliazione alla loggia argentina”. Ma sul discussa e indiscutibile invece rimane la mancanza di riscontri e riferimenti in cui Gnocchini ci ha lasciato, come detto, e a cui potersi avvalere per una solida verifica.
Cerchiamo quindi di trovare il bandolo della matassa.
Pietro visse nella capitale portenha circa tre anni e mezzo, dal giugno 1898 al gennaio 1902, anche se non in maniera continuativa, intervallando la sua permanenza con due tour: nel corso del 1899 tra Argentina, Brasile e Uruguay; e nel corso del 1901 tra Patagonia, Cile e Paraguay. Sicuramente nell'agosto 1901 era in città.
La Buenos Aires di quegli anni è una città con una grossa componente italiana: su una popolazione totale che si avvicinava al milione di abitanti, gli italiani erano circa 150mila. Secondo Patrizia Salvetti (“La massoneria italiana a Buenos Aires”, Storia contemporanea, marzo 1999) in questa comunità hanno un grosso peso le logge massoniche (se ne arrivano a contare fino a una dozzina) legate al Grande oriente d'Italia, anche “in ruoli direttivi dei massoni nelle associazioni, nei giornali e nella vita della colonia in generale”.
Perché Pietro si affiliò (se davvero si affiliò) a un loggia? Impossibile dirlo, mancando una sua memoria diretta o testimonianze del periodo. Possiamo solo andare per ipotesi. Una delle ragioni che può averlo influenzato è il grosso peso che la massoneria aveva nelle società operaie della città, che Pietro frequentava e in alcuni casi contribuiva a formare. Scrive infatti Salvetti: “nel 1891, in occasione del congresso delle società operaie, il Comitato permanente dei presidenti delle associazioni italiane già registrava una forte partecipazione di massoni agli organi direttivi”. L'influenza massonica si faceva sentire anche sulla stampa, anche se solo su quella liberale, e in molte iniziative sociali e assistenziali, anche lodevoli, della città o della sola comunità italiana. È possibile anche che a Pietro non fosse sfuggito un altro fatto o gli fosse stato riferito: nel 1895 i massoni italiani di Argentina avevano mandato una petizione al re d'Italia Umberto I per chiedere un'amnistia per i condannati politici. Essendo Gori tra essi, è possibile che avesse apprezzato il gesto, convincendolo all'affiliazione.
Di contro è difficile immaginare quale attrattiva potesse provare Pietro per il mondo massonico italo-argentino. È vero che potevano esserci punti di contatto nel sentimento antimonarchico e anticlericale, diffuso tra i massoni italiani di Buenos Aires, ma la loro ispirazione politica era in larga parte liberale, non certo di sinistra, e men che meno anarchica. Inoltre la massoneria ha sempre attratto in grandissima parte esponenti della borghesia (Antonio Gramsci definiva la massoneria italiana “l'unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo”), mondo al quale Pietro apparteneva, ma pochissimi del mondo proletario, verso cui andavano le simpatie del nostro.
Un altro aspetto che complica l'indagine è il fatto che non ho trovato informazioni sulla loggia Rivadavia, a quanto mi risulta oggi non più esistente. È quindi impossibile dire a quale Grande oriente facesse parte, se italiano o argentino. Il fatto che fosse intitolata al primo presidente della storia argentina, farebbe pensare alla seconda ipotesi. E anche in questo caso ci sarebbe da chiedersi perché affiliarsi a una loggia argentina, avendo a disposizione diverse italiane in città.
Altro quesito da porsi: perché Pietro si sarebbe sentito attratto dalla massoneria a 36 anni e nell'altra parte del pianeta, quando per tutta la prima parte della sua vita è stato a contatto con ambienti massonici, sia livornesi (massone era per esempio Enrico Lemmi, suo professore al liceo) che milanesi? E soprattutto, perché non risulta una continuazione nella sua affiliazione dopo quell'agosto 1901?
E qui entra in gioco l'aspetto elbano della questione. In quanto nel giro di conoscenze isolane di Pietro i massoni abbondavano. Buona parte della borghesia elbana del periodo era infatti affiliata alla loggia Luce dell'Elba. Lo era Cesare Cestari, direttore del “Corriere dell'Elba”, così come molti che scrivevano su quel periodico, che non mancava di tessere le lodi della massoneria. E a cui Pietro aveva collaborato fin dalla gioventù con lo pseudonimo di Elbano. Lo era Pilade del Buono, che ospitò Pietro nel suo palazzo cittadino negli ultimi mesi di vita. (E a proposito di del Buono e i Tonietti, protagonisti dell'Elba di inizio Novecento, sono interessanti gli intrecci massonici col Credito Italiano, che porteranno alla nascita della società Elba, a quella degli altiforni di Portoferraio e alla ventennale gestione di essi e delle miniere, nonché all'influenza che essi avranno sul potere economico italiano del periodo, a cui forse dedicherò un articolo in futuro). Eppure non risulta da nessuna parte che Pietro frequentasse alcuna delle non poche logge elbane del perodo. Anche in una recente pubblicazione (“Frammenti di massoneria elbana”, Livorno, 2021), Pietro viene citato ma solo in riferimento alla solita nota di Gnocchini.
Quale spiegazione possiamo trarre, dunque? Si è trattato di una breve affiliazione, presto abbandonata col ritorno in Italia? E per quale ragione? Un'amicizia con un massone argentino, che poi lo avrebbe introdotto nella Rivadavia? Semplice curiosità verso quel mondo? Un qualche tipo di tornaconto per la sua vita a Buenos Aires? Se si fosse trattato di un'effimera attrazione è alquanto strano che Pietro non fosse al corrente dell'esperienza massonica, ben 25 anni prima, dell'amico Errico Malatesta, il quale, una volta uscitone, ne scrisse pubblicamente manifestando un severo giudizio verso quel mondo segreto.
In conclusione, allo stato attuale delle ricerche è difficile mettere un punto fermo sulla questione. Posso però aggiungere una cosa personale: se anche venisse trovata la prova definitiva dell'affiliazione alla massoneria di Pietro Gori, la mia stima per lui e per tutte le sue battaglie non cambierebbe di una virgola.
Andrea Galassi
p.s. Buon compleanno, Pietro.