Il perdono è al centro del vangelo di questa domenica: Gesù dice a Pietro di perdonare settanta volte sette, cioé sempre. Come è possibile vivere questa realtà? E che ne è della giustizia? Può quest'ultima accordarsi con la misericordia? Nello stesso vangelo Cristo parla di una giustizia nuova, stra-ordinaria, eccessiva, fino all'amore del nemico.
Per dare un contributo, spero utile, prendo spunto dalle parole di Paolo ai Romani (seconda lettura): “Fratelli, nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se stesso, perché se noi viviamo, viviamo per il Signore, se noi moriamo, moriamo per il Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Per questo infatti Cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere il Signore dei morti e dei vivi”.
L'essere in (del) Dio-Vita, comunque e sempre, è la condizione di ognuno e di tutto il creato. Così come Dio è in tutti, pur essendo oltre. Mi sembra che in questa comune appartenenza stia la possibilità di comprendere la realtà del perdono. Considerare l'altro come parte di me e io come parte dell'altro, in un noi di relazioni che la stessa scienza indica come la realtà dell'esistente. Interconnessione, interdipendenza, correlazione... sono parole che dicono com-unione, con se stesso, gli altri, la natura (di cui siamo parte). Possiamo pensare al divino come comunione vitale, relazione e regno, da cercare prima di tutto, insieme alla sua eccessiva giustizia (Matteo 5,20 e 6,33). E questo regno va cercato dentro di sé in quanto “tempio” dello Spirito di Cristo. L'apertura progressiva ad esso origina una vita trasformata e sempre più somigliante ai tratti di Cristo. La consapevolezza della realtà come tutta relazionata e comunionale è oggi in qualche modo agevolata perché in questi anni sperimentiamo di essere legati gli uni agli altri (pandemia, crisi ambientali ed economiche, guerre). E allora ciascuno è chiamato a scegliere. E ad agire responsabilmente per contrastare ogni forma di disumanità e di ferocia nei confronti delle creature, di ogni creatura.
Paolo prosegue la sua lettera con queste parole: “E questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce”.
Da questa consapevolezza e rinnovata esistenza discende la possibilità del perdono, grazie all'espansione delle capacità di compatire (sentire con) e comprendere. E' l'utopia reale di Francesco d'Assisi, il sogno (divino) dell'uomo-fratello, costantemente ricordata dall'omonimo papa, di cui invito a leggere le parole sul perdono scritte nella lettera Fratelli tutti (nn.236-245).
(17 settembre 2023 – 24^ domenica ordinario)
PS – In questo tempo, il cammino (non scontato o facile) di riconciliazione fra le chiese cristiane e il dialogo interreligioso sono testimonianza della possibilità del perdono, della ricerca di ciò che unisce e dell'impegno comune per la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato.
Nunzio Marotti
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