La storia dell’Isola d’Elba è fortemente legata alle miniere di ferro. L’attività estrattiva ha avuto inizio molti secoli prima dell’era volgare, sembra ad opera di abitanti provenienti dall’attuale Liguria chiamati “Ilvates”, da cui sarebbe poi derivato il nome “Ilva” antica denominazione dell’isola.
Resti di antichi forni fusori e cumuli di scorie testimoniano che le attività metallurgiche erano molto sviluppate anche nel periodo degli Etruschi e dei Romani. L’estrazione e la lavorazione del ferro continuò anche sotto le dominazioni della Repubblica Pisana e della Signoria dei Medici e del Principato di Piombino.
Proseguendo fino alla svolta industriale che condusse nel 1899 alla nascita della Società Elba, con la costruzione a Portoferraio dei primi altiforni, poi distrutti durante il secondo conflitto mondiale.
Nel dopoguerra inizia la decadenza dell’attività estrattiva fino alla chiusura definitiva nel 1981 dell’ultima miniera attiva.
Il compendio minerario dell’Elba si sviluppava nei comuni di Rio nell’Elba, Capoliveri e in parte nel comune di Porto Azzurro.
Lo sfruttamento industriale vero e proprio cominciò a metà ottocento, dalla famiglia Tonietti di Rio Marina che si aggiudicò il capitolato delle miniere per vent’anni.
Fu l’imput che portò alla costituzione del trust del ferro che dette vita alla Società Elba.
La maggior parte dell’estrazione avveniva “a cielo aperto” e all’inizio l’escavazione veniva fatta manualmente: “a zappa e coffa”.
Le poche gallerie, che arrivavano a grande profondità, perfino molti metri sotto il livello del mare, erano anguste e malsane e il lavoro dei minatori era estremamente duro. Si lavorava otto ore al giorno, anche il sabato.
I tempi della giornata lavorativa venivano scanditi dal suono della sirena: l’inizio, la pausa per il convio, la fine della giornata.
La sirena suonava anche quando, a causa del maltempo, i minatori venivano rimandati a casa, naturalmente senza paga. Il segnale era un fischio lungo, uno corto e uno lungo. Questo segnale era chiamato dai minatori “consolato”.
Il fischio che annunciava la pausa del convio (dal latino convivium: banchetto) era accolto sempre con piacere da tutti, anche se il pasto che si apprestavano a consumare era piuttosto frugale. Ognuno portava il mangiare dentro un contenitore metallico, quasi sempre una gavetta militare, chiuso ermeticamente, che poteva essere messo a scaldare sul fuoco.
Il cibo era per quasi tutti lo stesso, un piatto unico che variava a seconda delle stagioni.
In estate solitamente era un piatto freddo tipo panzanella, gurguglione, minestrone di verdura, pomodori e tonnina ecc..
Nella stagione fredda invece si preferiva un pasto caldo come la sburita di zerri o di baccalà, lo stoccafisso, patate o i fagioli in umido con qualche pezzetto di salsiccia, a volte al posto del pane si utilizzata il Panficato (una sorta di schiaccia con i fichi secchi).
Non era insolito che avvenisse uno scambio di cibi, come ci racconta un vecchi minatore.
Spesse volte i riesi “del coccolo in su” (Rio nell’Elba) barattavano volentieri i fichi secchi con il pesce scavecciato portato dai compagni della “piaggia” (Rio Marina).
Il vino era la bevanda principale, la maggior parte delle volte veniva usata la “vinella” (acquerello, mezzone ottenuto dalla seconda o terza spremitura delle vinacce alle quali si aggiungeva acqua), più dissetante e tollerata anche dai sorveglianti.
Le vivande e le bevande venivano trasportate dentro un paniere di vimini coperto con canovaccio detto “pezzòla”.
In tempi di “magra” quando il vitto era scarso si diceva: “oggi pane e pezzola”… per non dire solo pane!
Da “Elba con gusto” di Alvaro Claudi R.S. Editore Genova 2009
RICORDI DEL PASSATO
…e dopo la sirena tutti a mangiar con la “Gamella”
Il Convìo del Minatore
Tutti sanno che le miniere elbane
Sono famose da tempi assai remoti
e i ferrigni minerali eran già noti
sia dalle genti etrusche che romane.
Perciò oltre a marinai e viticultori
gli elbani son provetti minatori.
Questo si evince dai forni fusori
che ogni tanto vengono scoperti
e dal ritrovamento dei reperti,
che di notizie sono fornitori.
Ci trasmettano che queste attività
eran fiorenti anche in antichità.
Gli isolani che son di mezza età
potranno certamente ricordare
i minatori intenti a lavorare,
con grande impegno ed alacrità,
nelle miniere intorno a Rio Marina
che andavano dal mare alla collina.
Partivan da casa presto la mattina
rimanendo al lavoro tutto il giorno,
solo alla sera facevano ritorno,
dopo aver fatto una sosta alla cantina
per potersi con il vino rinfrancare
com’ era costume prima di rincasare.
La sera a cena potevano mangiare
un pasto più completo e sostanzioso,
e bere del buon vino generoso
senza controlli, non come a desinare
che dovevan consumare in tutta fretta
il “convio” riposto dentro la gavetta.
A mezzogiorno il minatore aspetta
con frenesia il suon della sirena,
E dopo le mani aver sciacquato appena
si precipita di corsa alla cassetta
dove al mattino ha lasciato la gamella
insieme al pane, all’acqua e alla vinella.
Il suo mangiare può esser panzanella,
con pomodori freschi e cipollina,
peperoni, basilico e tonnina,
o sburrita di zerri e nipitella.
Se d’estate con le verdure di stagione
non mancherà senz’altro il gurguglione.
A seconda di cosa si dispone
la razione sarà meglio assortita;
a volte ci sarà del minestrone,
o dei piselli con la palamita.
Ma tra le diverse cose più apprezzate
C’è sempre lo stoccafisso con patate.
Questo piatto sia d’inverno che d’estate
rimane sempre il cibo preferito
pel suo gusto piccante e saporito,
preparato con molte cipolle rosolate,
peperoncino, acciughe, olive nere
pomodori pelati e capperi a piacere.
Oltre a queste pietanze nel paniere,
ci sarà un po’ di vinella e solo pane,
e a fine pranzo niente non rimane,
a differenza dell’acqua da bere.
Il convio è composto da una vivanda sola.
Quando va bene. Se no: pane e pezzola!
Da: A. Claudi "RIME IN PENTOLA" Persephone edizioni 2013