Venerdì 8 novembre 2024, nell’ambito degli eventi dell’International Adult and Continuing Education (IACE) Hall of Fame 2024, si è svolto a Firenze un convegno dal titolo "È la cultura che dà la sveglia alle coscienze. L'importanza dell'educazione nel contrasto alle reti criminali", che ha visto la presenza di don Luigi Ciotti.
Vorrei condividere qualcosa del discorso che ha tenuto don Ciotti, perché la cultura va diffusa e oggi, nell'Aula magna del Rettorato dell'Università degli Studi di Firenze, ho respirato Cultura. Ma la verità è che la profondità non può essere riassunta. Allora ho deciso che scriverò qualcosa, di getto: piccole pillole da custodire come fossero perle, che Ciotti consegna ad ognuno di noi.
Intanto, chi è don Ciotti? Una persona che si è spesa per gli ultimi. Un prete sì, ma questo non è importante, perché, come lui stesso ha affermato, ha iniziato a vivere la strada prima ancora di essere prete, grazie ad un incontro fatto a scuola. La scuola: il territorio degli incontri che cambiano la vita.
Ciotti ha sottolineato l'importanza della collettività, ribadendo che il suo impegno “non ha portato alla costruzione dell'Io ma del Noi”. Quella collettività che, unendo le proprie forze, diventa essa stessa "forza etica, sociale e civile".
Impegnato da sempre nella lotta contro la mafia, ha parlato dell'oggi. Un oggi in cui la mafia non fa più rumore, ma esiste più forte di prima, valicando i confini meridionali e nazionali. Sempre l'oggi in cui dilaga la corruzione, in cui le dipendenze hanno assunto forme molteplici e l'odio e la violenza si sono sostituiti ai valori dell'uguaglianza e della giustizia sociale, realizzando il "passaggio da un ecosistema a un egosistema". Lo stesso oggi in cui ci riempiamo la bocca di parole come legalità, senza assumerne la vera consapevolezza.
La consapevolezza è il vero fine dell'educazione, processo che deve instillare il dubbio, aiutare a porre domande, scendere in profondità. "Il più grande peccato oggi - dice Ciotti - è la superficialità".
Da qui l'importanza della cultura, il miglior antidoto contro il male, che deve essere "estirpato alla radice".
Ma come fare? Suggerisce Ciotti: educando le coscienze, agendo con continuità, in condivisione e con corresponsabilità, valorizzando il bello.
La mafia ha il potere di rigenerarsi continuamente. E lo Stato? E Noi? Per essere generativi, adulti e giovani devono unire la proprie forze, facendo la propria piccola parte, "impegnando la propria libertà per liberare chi libero non è".
Oggi assistiamo a un "crimine normalizzato" (droghe, mafie, violenza, gioco d'azzardo, ecc.) che non deve illuderci, ma farci svegliare.
Citando Pertini che disse che "per combattere la mafia, c'è solo da rispettare fino in fondo la Costituzione", Ciotti ribadisce che rendendo vive "parole che sono carne e [che] non devono restare carta" saremo liberi.
Rivolgendosi ai giovani, Ciotti ha esclamato: “Scegliete la via difficile, quella suggerita dalla coscienza: allora sentirete la bellezza e la profondità del vivere. Sia la vostra coscienza il vostro vivere scomodo, […] custodia di amore e impegno”.
È oggi il tempo delle responsabilità, quel vento sta soffiando e, come scrisse De André, termina Ciotti, "Voi non potete fermare il vento. Gli fate solo perdere tempo".
Francesca Marotti
Nella foto don Ciotti con la Magnifica Rettrice Alessandra Petrucci