Se in questi giorni c’è chi sostiene che i Social Media esistono da Millenni, come Tom Standage, giornalista scientifico del Guardian e dell’Economist che ci ha illuminato con il Writing on The Wall: Social Media, the first 2000 Years (Scrivere sui muri: Social Media i primi 2000 anni Edizioni Bloomsbury) c’è anche chi come il cartoonist Zen Pencils che ha realizzato il corto Marc Maron The Social Media Generation Animated in cui narra la nostra dipendenza dai social network.
Se Standage ci riporta all’antica Roma spiegando come gli schiavi erano dei social media, usati come postini per condividere lettere e brani degli Acta Diurna, news politiche e civili, una raccolta pensata da Giulio Cesare, Pencils con i suoi disegni ci ricorda che siamo connessi 24 ore su 24 e mentre passiamo il tempo ad aggiornare il nostro status sui social non ci accorgiamo del mondo che ci circonda. E ci ricorda che portare lo smartphone o il tablet in bagno è un modo per essere in overdose da tecnologie. (http://www.youtube.com/watch?v=LGU8yjjJXD8)
E la psichiatria sul nostro nuovo modo di vivere tra reale e virtuale attraverso ricerche e studi prova a formulare nuove teorie .
Partiamo da quella dello psichiatra calabrese Pasquale Romeo, docente presso l’Università per Stranieri “Dante Alighieri” di Reggio Calabria e responsabile del gruppo di ricerca di scienze medico legali, sociali e forensi dell’Università di Siena.
Nel suo ultimo lavoro, uno studio sull’identità psicologica e della personalità, ipotizza la nascita dell’Uomo Windows.(Armando Editore pagg 95 euro 10)
“E’ il risultato – secondo Romeo – adattativo ed evolutivo di una società traumatizzata da vari motivi: l’invio da parte della società attuale di messaggi discordanti; la perdita della capacità di affrontare lo stress; l’apertura di una nuova modalità operativa, come può essere quella di aprire molte finestre di funzionamento, come al computer, tipica dell’uomo windows, causata dal vivere il trauma in modo intenso e persistente; la vicinanza di questa modalità operativa a quella dei pazienti borderline”.
Per lo psichiatra: “aprire più finestre crea delle conseguenze molto originali, poiché determina vite parallele senza accorgersene, tanto che oggi non si può parlare più di identità in senso classico ma di un nuovo modo di considerarla verso l’uomo windows, un fluire superficiale e continuo che spesso è poco gratificante ma nello stesso tempo può essere efficace contro la sofferenza e la presa di coscienza”.
Una teoria quella che Romeo ha sviluppato attraverso i suoi pazienti. Se non ci piace il lavoro che facciamo apriamo una finestra su un secondo lavoro serale. O ancora se non ci piace la moglie o il marito, troviamo un’alternativa. Basta aprire tante finestre quante ce ne servono per continuare a vivere senza prendere atto dei nostri insuccessi o anche di quello che non ci piace.
Ma se gli adulti aprono nuove finestre non va meglio per bambini e ragazzi. Basta leggere il titolo di quello che è considerato uno dei più importanti studiosi tedeschi nel campo delle neuroscienze e della psichiatria, Manfred Spitzer, per capire che il giudizio sull’utilizzo delle nuove tecnologie è spietato. Ecco il titolo del suo ultimo libro: “Demenza digitale. Come la nuova tecnologia ci rende stupidi” Corbaccio pagg 364 euro 18,80).
“L’utilizzo del computer nei primi anni della scuola materna può provocare disturbi dell’attenzione e successivamente dislessia. In età scolare si registra un incremento dell’isolamento sociale, come dimostrato da studi americani e tedeschi”.
Qualcuno fa i soldi con le nuove tecnologie, secondo Spitzer, e i nostri figli rischierebbero di diventare dementi digitali. E il cervello rischia il tilt da iperconnessione.
Pensavamo di essere lontani dal dibattito aperto da Umberto Eco con Apocalittici e Integrati. Ma se proviamo a mettere insieme notizie, ricerche e punti di vista scopriamo che i social media esistono dai tempi dell’Antica Roma, siamo in overdose da tecnologie perché ci portiamo lo smartphone o il tablet in bagno, apriamo finestre in continuo (come con il computer) per continuare a resistere alla nuova vita e potremmo avere dei figli dementi digitali.
Non è un bel quadro. Ma restiamo convinti che le nuove tecnologie restano una grande opportunità, se ben usate. E’ vero che uno dei più grandi pensatori al mondo, il sociologo Zygmunt Bauman ha sempre sostenuto che “i social media sono una via di fuga dai problemi reali” ma se ci trasformano in Uomini Windows, ci mandano in overdose da tecnologie e fanno crescere dementi digitali un po’ dovremmo riflettere su un uso un po’ più ragionato. O no?
Francesco Pira