Una bella romanza di Pietri (omaggio all’ Elba) ha aperto iersera la prima volta della scuderia Ferrari. Ben cantata per la cronaca. L’approccio tenorile alla Cosa Pubblica strappa applausi dei supporter (e non solo..).
Abbrivio originale, condito da due belle bimbe imbandierate con le tre api e il tricolore…sempre meglio dell’ostentata camicia nera che spunta dietro, a sinistra del neo-Sindaco ma molto a destra di chi guarda ( pensa il nostro ).
Dopo la musica chissà…qualche parola arriverà, così, per capire dove vogliono andare questi dopo le litigate pre-unitarie.…Invece, con un perfetto cambio di scena, davanti il palcoscenico, pardon, gli scranni di Sindaco e Giunta si dispone un vero e proprio coro e, in un tripudio di manine che sbattono, si attacca nientepopodimenoché la Rificolona!
L’improvvido cittadino elettore lì convenuto comincia chiedersi se per caso non sia finito ai Vigilanti, piuttosto che alla Biscotteria, e paventa ormai il controllo del biglietto che non ha.
Mano sul petto e la mezz’oretta di canti si conclude con L’Inno Nazionale, sia mai di buon auspicio per un altro debutto..
Il nostro, nel vedere quello in camicia nera indossata per l’occasione (FB docet) che se la canta tutta, non può far a meno di pensare all’uso improprio dell’inno risorgimentale che di libertà dall’oppressore cantava, appunto. Ma, come diceva Bob, “il mondo è bello perchè avariato”.
Dopo l’avanspettacolo, voilà la dichiarazione di intenti (letta) del Sindaco, con i ringraziamenti d’obbligo e la suadente promessa che non vi saranno pregiudizi a completare le cose buone (‘buone’ non l’ h detto ma se le completa..) lasciate a metà.
Secondo il nostro, del quale si è colto un commento a latere, ne vedremo delle belle!
FORTEBRACCIO 2.0
Caro lei
Per iniziare mi complimento per il suo ricordare, con lo pseudonimo scelto, l’indimenticato ed ineguagliabile maestro della presa di culo a mezzo stampa. Ciò doverosamente fatto qualche considerazione su quanto scrive:
Per iniziare io non mi preoccuperei più di tanto della camicia nera che ha scorto alla sinistra del nuovo Padre, i neofascisti paesani più che una minaccia per la democrazia hanno sempre costituito un divertente elemento di colore (pur se in orbace), e guardi che anche nei tempi ruggenti, nella maggior parte dei casi, così erano: soggetti in gran parte "folkloristici"..
Ne ebbi esilarante contezza un giorno, pensì un po’, sfogliando un libro a casa mia.
Qualche giorno prima avevo intercettato una grossa cassa che stava per essere portata via e gettata nella allora discarica incontrollata del Buraccio, e che proveniva dall’ex magazzino del Liceo che stavamo liberando dalle cianfrusaglie accumulatesi quarant’anni prima. Verificandone il contenuto mi accorsi che conteneva centinaia di libri e opuscoli editi in epoca fascista e che erano stati, dopo la caduta del regime “epurati”, cioé scaricati dall'inventario e posti in quel dimenticatoio. Ritenendo quel materiale di estremo interesse documentativo lo feci arrivare alla biblioteca comunale, ma colto da un attacco della mia bibliofilia (che non è come pensa il neo-assessore una malattia portata in Italia dagli emigranti) tenni per me alcuni “doppioni” presenti nella cassa. Tra questi c’era una pubblicazione che riportava i nominativi, divisi per provenienza, dei fascisti della prima ora, che avevano partecipato alla Marcia su Roma nel 1922, ma nel manipolo degli elbani uno dei nomi era sottolineato, e accanto c’era una nota vergata da un antico sconosciuto maldicente, in inchiostro ormai color seppia, che recitava: “… questo però a Roma non c’è arrivato, si fermò tre giorni in un casino di Civitavecchia”. L’eroe non aveva insomma bivaccato, come aveva minacciato il Duce, nell’aula sorda e grigia di Montecitorio, ma tra le più confortevoli cosce di una o più datrici di susina dietro compenso. Come dire, pronti ad offrire i generosi petti al richiamo della Patria, ma ancor più sensibili al richiamo della topa.
Tornando alla sua narrazione, non trovo neanche scandalosa questa via canterina all’amministrazione, inaugurata dalla gestione Ferrari, anzi, degli intermezzi canori potrebbero servire ad attenuare l’immane pallosità delle sedute del Consiglio Comunale (che mi hanno spesso fatto domandare perché c’è gente che ci perde soldi e qualche volta la faccia e una serena vecchiaia, per concorrere al diritto al supplizio).
Caso mai ho qualcosa da eccepire sul “programma di sala” iniziale. Mi è parso un po’ troppo audace l’accostamento tra “Ona, ona, ona ma che bella rificolona – la mia l’è con i fiocchi – la tua la c’ha i pidocchi – l’è meglio la mia – di quella della zia” e il “striangiamci a coorte - siam pronti alla morte..” dei solenni versi di Mameli.
L’importante comunque è che non si scenda sotto il livello dell’operetta, troverei disdicevole sentire intonare sotto il severo sguardo del fondatore di Cosimopoli: “Rosina dammela” o “Questo e quel lago dov’è affogato Gaspero – l’acqua salata gli ha rosicato il bischero”.
Sergio Rossi