Ciao Lino
Poi ci riuscirò a scrivere qualcosa di più lucido di più compiuto per raccontare chi sei stato. Oggi riesco solo a ricordare che le ultime parole che mi hai detto, da quell’ospedale lontano, poco prima che i farmaci ti facessero scivolare nell’ultimo lungo sonno, sono state: “Ma te come stai?”
E riesco solo a dirti quello che non ti ho mai detto, perché noi Tardò, quelli della mia e della tua razza, siamo animali strani, e se qualche volta sembriamo "distaccati", è solo perché abbiamo “il pudore dei sentimenti incorporato”.
Voglio dirti allora, quanto sono stato e sono orgoglioso di avere per fratello un maestro di lealtà, di dedizione alla famiglia, al lavoro, uno che non ha mai chinato la testa davanti a potenti e prepotenti, uno che affermava che tutti dovevano pensare con la propria zucca, uno che sapeva affrontare la vita “a muso duro”, ma che era capacissimo di commuoversi per le sofferenze di un essere umano o di un gattino.
Non ti ho mai detto queste cose, e mi dispiace, ma in fondo sono sicuro che tu sapessi che le pensavo.