Gli interventi di Franco Cambi, che abbiamo di tanto in tanto il piacere di ospitare su queste pagine hanno (tra i molti) un particolare pregio: quello di spiegare in modo semplice, e far comprendere in maniera immediata, che la Storia del genere umano la si può (e la si deve) leggere anche come la cronaca infinita dei giorni normali che passano tra un epico evento e l'altro, l'osservazione del comportarsi e del produrre delle persone comuni che hanno vissuto gli stessi tempi dei personaggi "importanti", quelli di cui si trova traccia nei testi, negli archivi, nel patrimonio monumentale.
Ci tornano in mente ogni volta che leggiamo qualcosa di Franco i versi di alcune poesie di Bertold Brecht: da "... è la semplicità che è difficile a farsi" alla lirica dallo stesso titolata (se al nostro assessore non viene uno sturbo) "Domande di un lettore operaio", che inizia: "Chi costruì Tebe dalle Sette Porte?/ Dentro i libri ci sono i nomi dei re./ I re hanno trascinato quei blocchi di pietra?" e più avanti ancora irride: "Il giovane Alessandro conquistò l'India./ Lui solo?/ Cesare sconfisse i Galli./ Non aveva con sé nemmeno un cuoco?"
Ed ai versi brechtiani potremmo aggiungere un apocrifo: "Il lucumone con le sue mani l'ipogeo scavò?/ chi con lui era non lasciò neanche un cantero?" tanto il consigliere lo prenderebbe per buono.
Digressione: C'entra solo marginalmente, ma ultimamente ci frulla in testa anche il noto scambio di falsi epitaffi tra Pietro Aretino (a lato, nel ritratto di Tiziano Vecellio) ed il suo detrattore Paolo Giovio che scrisse: "Qui giace l'Aretin, poeta tosco: | Di tutti disse mal fuorché di Cristo, | Scusandosi col dir: non lo conosco". Ma che si senti rispondere dalla pseudo-defunto: "Qui giace il Giovio, storicone altissimo, | Di tutti disse mal, fuorché dell'asino, | Scusandosi col dire: egli è mio prossimo". Morale parziale della digressione: "Ogni tempo ed ogni luogo hanno il loro "storicone" insolente"
Sempre a sproposito segnaliamo il casuale rinvenimento presso l'archivio storico ferajese di una misteriosa ottava (in endecasillabi rimati abababcc) dall'incerta datazione, vergata da mano ignota sul rovescio di un antico documento daziario contenuto in una filza: eccone il testo:
Monna Cecilia eserciti pazienza
e tetragona sia all'avverso strale
il vulnus v'è qualora la valenza
del feritore non sia dozzinale,
e se è d'avida borsa e incerta scienza
se nelle scure logge pasce il tale
non si curi di lui ma guardi e passi
lo lasci a sue quisquilie e fessi sassi
Avvertenza:
Ogni riferimento a persone o fatti della realtà non è casuale ma da noi fortemente voluto.